Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Lissa, Liu, Guernica - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Lissa, Liu, Guernica

- 16/07/17

Eccoci alla consueta rubrica cultural-domenicale, che ha “ascolti” in crescita, e di ciò siamo contenti assai; si parte con un anniversario che molto pochi conoscono, quello di una grande tragedia nazionale, la sconfitta di Lissa (III Guerra di Indipendenza, 20 luglio 1866); poi una (amara) riflessione sulla scomparsa del Nobel per la Pace Liu Xiaobo, infine un altro anniversario: quello della prima esibizione della tela “Guernica” di Picasso, con sorpresina annessa…

Per finire, Ps a volontà; buona lettura a tutti, dunque!

LISSA, UN’ONTA IN UNA STRANA GUERRA

Che gran strana guerra, fu la III di Indipendenza: autentica drole de guerre, con gli italiani (eh sì, è la prima in cui si combatte da italiani, in tutti i sensi) che colgono due clamorose sconfitte, per terra e per mare (Custoza e, per l’appunto, Lissa), eppure vincono diplomaticamente (ottenendo il Veneto); ed in cui l’unica vittoria – quella dei garibaldini a Bezzecca -, viene frustrata dalla realpolitik sabauda: eravamo ad un passo da Trento, e non lontani da Trieste, ma Garibaldi dovette obtorto collo obbedire, e fermarsi (si sarebbe verosimilmente evitata la Grande Guerra, non a caso chiamata dagli interventisti democratici “quarta Guerra di Indipendenza”). Di questa guerra, parla il “Cuore” deamicisiano, ci muore uno dei Malavoglia, infine c’è il “Senso” di Luchino Visconti, a tratteggiarne l’epopea storico-sentimentale.

Veniamo alla grande battaglia navale: a Lissa, quella mattina del 20 luglio 1866, si affrontano una Marina militare – quella italiana -, considerata in ascesa, ed un’altra – quella asburgica guidata dall’ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff – vista come in decadenza. Gli italiani erano sicuri di vincere, e come sempre quando lo sono (e lo erano stati meno di un mese prima, in quel di Custoza, il 24 giugno), la sconfitta è drammaticamente dietro l’angolo.

Il documentatissimo libro dello storico militare Hubert Heyriès (“Italia 1866 Storia di una guerra perduta e vinta”, Il mulino, 2016), pur con certe pesantezze narrative tipiche degli storici militari, è illuminante, su Lissa e su tutta la strana guerra in questione. L’ammiraglio Persano – con tutte le sue colpe, ma chi non ne ebbe, e di gravi, fra gli alti comandi? – fu subito individuato come un autentico capro espiatorio nazionale, per canalizzare la rabies che la inopinata ed inaspettata sconfitta aveva fatto maturare, a Firenze (allora Capitale) e non solo.

E dopo Lissa, nacque – nei confronto della neonata Italia, sconfitta per terra e per mare, ma capace di ottenere il Veneto e Mantova, grazie alla azzeccata alleanza con la bismarckiana Prussia – quell’idea di furbizia, di scaltrezza diplomatica che ancora perdura nelle cancellerie mondiali: l’Italia che “vince con il sangue altrui”. Ed anche – come Custoza, Lissa e soprattutto Bezzecca insegnano -, l’Italia che ha ben poco rispetto del sangue dei suoi figli: pensare che con una manciata di giorni di combattimento in più, in quell’estate 1866, si sarebbero potuti evitare 600mila morti della Grande Guerra, fa davvero tremare le vene…

GUERNICA, UN FLOP (ALL’INIZIO)

Giusto 80 anni or sono, il 12 luglio 1937, la tela di Pablo Picasso “Guernica” venne mostrata per la prima volta al pubblico, all’Expo parigino; e tutti si immagineranno successo di pubblico e di critica. Almeno: o di pubblico, o di critica; nessuno dei due, invece, arrise a Pablo Picasso.

Ricorda Marco Carminati (sul domenicale del Sole 24 ore del 9 luglio), che il pubblico parigino sembrò non gradire troppo l’opera, anche a cagione di un posizionamento della stessa che sembrava fatto apposta per non valorizzarla al meglio; ma fu soprattutto la critica, a non apprezzare (anche figure come Anthony Blunt, che parlò di “atto di follia privato”). Che non piacesse ai critici nazisti, era cosa ovvia, visto che Picasso era schierato con il Fronte popolare contro quel Francisco Franco (da Picasso definito “un mignolo in erezione”) che Hitler e Mussolini aiutavano con vigore, e i nazisti definirono infatti l’opera con un’espressione che spesso anche oggi viene usata a proposito dell’Arte contemporanea: “anche un bambino di quattro anni l’avrebbe saputa dipingere”.

Ma non piacque affatto – e questo sorprende maxime – neanche ai baschi, a coloro che a Gernika (nome basco del luogo bombardato il 27 aprile del 1937) l’avevano di più nel cuore, cosa che sorprese ed amareggiò tantissimo l’autore: che si era offerto di regalarla al Presidente basco Aguirre. Ottenendone però un bruciante, ed assordante, rifiuto.

LIU XIABO, IL GANDHI CINESE

Bloccato subito, sul web controllato quotidianamente h 24 dal Partito, ogni riferimento di cordoglio per la sua morte; censurato chiunque lo citi, in qualunque modo: a prescindere; fatta scomparire anche la neovedova, ormai diventata ancora più pericolosa di prima: così la Cina del “nuovo Mao”, Xi Jinping, sta degnamente onorando il Premio Nobel Liu Xiabo, scomparso dopo breve malattia (e lunga detenzione) in settimana.

Ed il povero Liu, eroe intellettuale di Tien an men (giugno 1989), aveva una sua visibilità internazionale, mondiale; pensiamo a tutti gli altri attivisti, i cui nomi neanche conosciamo (Wang Quangzhang, avvocato dei diritti umani, scomparso nel niente esattamente due anni or sono, per esempio).

Al tempo della Guerra fredda, la contrapposizione fra USA ed URSS faceva in modo che i dissidenti sovietici avessero – pur fra mille difficoltà e perigli – politici ed intellettuali della parte opposta disposti ad ascoltarli ed a farli ascoltare: non fosse altro che per fare emergere la mancanza di democrazia nel campo avverso. Oggi, invece, no: su Liu Xiabo (figuriamoci sugli altri), nessuna mobilitazione, per non mettere a rischio la special partnership con la Cina (che nel frattempo, manu militari, ha mandato 2500 uomini a pattugliare Gibuti, inaugurando un chiaro colonialismo del XXI secolo, fatto di investimenti e presenza militare). Anche il Nobel Obama, in 8 anni, ha fatto ben poco; e sì, che il Nobel glielo avevano dato subito, soprattutto per pungolarlo a rischiare qualcosa sui diritti umani!

“Non ho nemici e non ho odio”, usava dire Liu; ma possiamo almeno augurarci, da tanto lontano, che il suo sangue ricada, prima o poi, sui macellai che lo incarcerarono, solo per avere chiesto democrazia e diritti?

Ps 1 In settimana, l’Italia ha bruciato, e continuerà a farlo; significativa la situazione vesuviana, ove per evitare che si vada oltre con l’idea del Parco, si brucia tutto. La lezione leopardiana della Ginestra non è servita, ovviamente, a niente: e quando lo “sterminator Vesevo” si risveglierà – dal 1944 tace – saranno dolori seri…

Ps 2 Abbiamo parlato di Risorgimento; in settimana, quasi centenario, ci ha lasciati Denis Mack Smith, lo storico inglese che ci ha fatto conoscere meglio il Risorgimento ed anche il Fascismo. Trattato all’inizio con sufficienza da gran parte degli accademici, aveva in effetti un difetto non da poco, peraltro molto british: sapeva scrivere, ed i suoi libri sono leggibili anche da un non esperto. Vade retro, dunque!

Ps 3 Il 19, ci sarà l’anniversario della strage in cui morì Paolo Borsellino; chi plaude alla farisaica assoluzione di Bruno Contrada (i Processi sul quale, hanno dimostrato in modo inoppugnabile che lui era il trait d union tra alcuni mafiosi e le istituzioni; la Cassazione è intervenuta dicendo che non lo si può condannare perché in quel momento il reato di Concorso esterno non era chiaramente formulato nel Codice: quindi Contrada poteva chiacchierare con i mafiosi, ed informarli?), non ha il diritto di dire neanche mezza parola, sulla tragedia di Via d’Amelio. Almeno questo, che sia chiaro.

Ps 4 Davvero addolorati, scriviamo due righe sulla scomparsa del professor Noè Battistini, insigne neurologo che ha svolto gran parte della sua carriera medico-scientifica a Siena. Dando un abbraccio a tutti i familiari, vogliamo ricordare – per la prima volta – che il professor Battistini fu una delle fonti qualitativamente più importanti nel darmi consigli e suggerimenti neurologici per smascherare i furfantelli di Medjugorje, durante le fasi di preparazione del mio “L’imbroglio di Medjugorje”. Anche di questo, lo ringrazio.

Ps 5 Chiudiamo con Paolo Villaggio, di cui abbiamo scritto (troppo poco) domenica scorsa; in settimana, uscito un pezzo, stimolante per molti motivi, di Almutanabbi (blog Wiatutti), che invito a recuperare (11 luglio, per la precisione). E leggendo Aldo Cazzullo che scrive di uno degli ultimi Fantozzi (decisamente inferiori, come risaputo), vengo a sapere una cosa che ignoravo: dopo decenni di goffi ed inutili tentativi, dunque il ragioniere Ugo Fantozzi, alla fine, ha avuto un momento di congiungimento carnale con la signorina Silvani! La quale, post coitum, avrebbe financo riconosciuto le notevoli doti amatorie del ragioniere più famoso d’Italia…

18 Commenti su La domenica del villaggio: Lissa, Liu, Guernica

  1. Marco Burroni scrive:

    L’intellettuale veneto Guido Piovene descrisse la battaglia di Lissa come “L’ultima vittoria della marina veneziana”: può sembrare un’idea romantica o una forzatura revisionista, ma effettivamente prima del 1797 non esisteva nemmeno una marina Austriaca ed è solo dopo l’annessione della Repubblica di Venezia che nasce, col nome di “OSTERREICH – VENEZIANISCHE MARINE” (Marina Austro-Veneta).
    Essa è composta da ufficiali e marinai provenienti dalle terre della ex Repubblica di Venezia, quindi veneti, friulani, istriani e dalmati. Addirittura fino al 1918 la lingua usata da ufficiali e marinai era il veneziano!

    Ed ecco che di fronte ad una forza militare ricca di storia e orgogliosa della sua tradizione secolare si trova una marina come quella italiana che, seppure numericamente e qualitativamente superiore, era in realtà ancora divisa nelle sue componenti preunitarie( quella Siciliana-Garibaldina, quella Napoletana e quella Sardo-piemontese): e se c’era contrasto tra equipaggi, che nemmeno parlavano la stessa lingua, tra agli ufficiali era ancora peggio, con gli ammiragli Albini e Vacca che addirittura odiavano Persano, al punto che le loro navi fecero ben poco per aiutare la sua squadra.

    Se a questo aggiungiamo una campagna militare decisa in fretta e furia per vendicare la sconfitta di Custoza e organizzata senza un piano preciso e addirittura senza mappe accurate possiamo vedere che al povero Persano,usato come capro espiatorio nel dopoguerra, era stata assegnata una missione decisamente ardua.

  2. A.B. scrive:

    Ps3 Ennesimo giudizio tagliato con l’accetta su di un caso tra i più spinosi per chi come me continua a ritenere il garantismo un principio di civiltà irrinunciabile. Se fosse vero ciò che scrivi, caro Eretico, non si sarebbe trattato di concorso esterno bensì di associazione mafiosa. Un professore puó essere associato esternamente o un dipendente comunale, o un medico, un avvocato o qualunque professione si ritrovi occasionalmente ad accettare per motivi di quieto vivere un contesto di tipo mafioso. Un poliziotto capo della squadra mobile di Palermo e pezzo grosso del Sisde no. O non è mafioso oppure è associato alla mafia stessa. Non ci sono vie di mezzo, non scherziamo. Quando afferma di essere un fedele servitore dello stato lo dice perchè evidentemente nel muoversi in zone d’ombra in cui il confine tra bene e male diventa sfumato, non è mai venuto meno al rapporto di fiducia con coloro ai quali doveva ubbidienza e che dovevano controllarlo. Non esiste sentenza che mi possa smentire, e a Palermo in quegli anni non c’è poliziotto che per fare il proprio mestiere non si sia dovuto sporcare le mani. Con le mani pulite sarebbe continuata la litania della mafia che non esiste, come nei romanzi di Sciascia (consiglierei una rilettura di Sciascia prima di rilanciare giudizi arditi, non perchè avesse ragione in assoluto, ma piuttosto come testimonianza di un “contesto” troppo complesso per poter essere descritto con un sistema binario). Io ho pianto quando Borsellino è stato trucidato, ma la revoca della condanna di Contrada non è una sconfitta per un paese civile e penso di avere il diritto di poterlo scrivere.

    • Eretico scrive:

      Caro A.B.,
      ammetto che mi aspettavo un commento dei tuoi…come vedi, qui puoi scrivere la tua come sempre.

      Nel merito dell’affaire Contrada (niente a che vedere con l’affaire Dreyfus…): la Cassazione è intervenuta, in accoglienza di una sentenza di Strasburgo, scrivendo che, quanto a Contrada, “il fatto non era previsto come reato”; dunque i fatti ci sono, sono accaduti, ma illo tempore non erano considerati come reato (chissà perché il Parlamento italiota non aveva legiferato, sul delicatissimo tema: ah già, la Mafia non esisteva…). Non citiamo Sciascia a casaccio, magari mettendoci di mezzo anche l’autentica vittima Enzo Tortora: qui ci sono fatti – su cui la Cassazione ovviamente NON mette becco -, in cui si dimostra che Contrada frequentava fior di boss, ed era Lui a fornire informazioni a loro. Quelle informazioni, per le quali fior di poliziotti – tipo Boris Giuliano – sono crepati sotto il piombo di Cosa nostra. Garantisti sì, certo; meglio se anche un po’ informati…

      Ps 1 Su Gernika: di Messori avevo letto, di Petacco no; quanto al convertito torinese, direi che la sua presa di posizione – sul Corriere della sera, as usual – mi parve un tipico tentativo messoriano di deminutio a prescindere verso un anticlericale, ma di più non saprei;
      Ps 2 Stimolante l’intervento di Marco Burroni su Lissa, oltre che perfettamente in tema: vediamo quanti giornali il 20 luglio pubblicheranno qualcosa;
      Ps 3 Ringrazio Simone Poli – che conosce i miei libri meglio di me – per la lunga citazione ereticale…

      L’eretico

      • A.B. scrive:

        Caro Eretico, questa volta no parlo io ma lascio parlare Massimo Bordin (sul quale mi aspetto un minimo di rispetto almeno sul profilo professionale) in un suo breve commento sul foglio intitolato Contrada nel meccanismo infernale:
        “Uno dei primi comunicati di commento all’arresto di Bruno Contrada fu quello di Luciano Violante, allora presidente della commissione parlamentare Antimafia. Era la vigilia di Natale del 1992, le stragi di Capaci e Via D’Amelio erano state compiute da pochi mesi e quello dell’alto funzionario del Sisde si poteva ben definire il primo arresto eccellente, come usano aggettivare i cronisti senza fantasia. Per raccordare “cosa nostra” con la misteriosa “entità”, il “terzo livello”, cosa meglio dei famigerati “servizi deviati”? Violante, con il suo tempestivo comunicato nella mattina di vigilia, raffreddò gli entusiasmi. “Attenzione – questo era il senso – L’accusa nei confronti di Contrada si riferisce a un periodo antico, quando i pentiti non c’erano e i poliziotti lavoravano grazie agli informatori. Era inevitabile dunque che avessero qualche contatto coi mafiosi”. Il presidente dell’Antimafia era il più intelligente della compagnia e aveva già capito l’essenziale. Intanto, il reato contestato era, per così dire, in via di definizione e il processo una specie di esperimento. Oggi, dopo oltre un ventennio, da Strasburgo ci ricordano che gli imputati non possono essere trattati come cavie.
        Il problema principale per Violante stava comunque nella periodizzazione delle stagioni dell’antimafia. Contrada apparteneva all’epoca pre-Buscetta, diciamo così. L’epopea del grande pentito si sarebbe chiusa con il processo Andreotti. Da Terranova, Costa e Chinnici a Falcone e Borsellino per arrivare, attraverso Caselli, a Ingroia, Scarpinato e ora Di Matteo. In ogni stagione c’è uno scarto rispetto alla precedente, che determina la “damnatio memoriae” di qualche suo protagonista. Perfino di Falcone, quando andò a Roma. Contrada è rimasto stritolato in questo meccanismo infernale. In modo diverso, dopo, è toccato anche a Violante, che forse aveva capito tutto. E a Mori. E a De Gennaro. Ma questa è questione in cui non ci può aiutare una Corte europea.”
        Ecco, questa è una delle fonti della mia disinformazione, legata al fatto che se vedo una medaglia solo da un lato, rimango comunque consapevole che c’è un’altra faccia che per motivi puramente fisici non posso vedere. Invidio quelli che non pensano mai al risvolto della medaglia, sicuramente vivono meglio, pensando di avere sempre la verità di fronte ai propri occhi.

        • Eretico scrive:

          Eh sì, caro A. B., Violante aveva davvero capito tutto, da gran signore quale è: da Pm d’assalto, cavalcante l’onda giustialista quando faceva comodo al Pci-Pds, poi è passato senza colpo ferire dall’altra parte, a fare sempre, ed anche comunque, il difensore degli “imputati eccellenti” (espressione usata spesso da lui stesso, sempre quando gli faceva comodo, diciamo fino a metà dei Novanta o poco dopo).
          Il garantismo di A. B. immaginiamo non veda problemi, nel fatto che Violante sia passato – a guisa di sliding doors – dalla Magistratura alla politica, eh?

          Poi, ecco il solito finalino andaluso-relativizzante, al quale rispondo: caro A. B., quelli come me, NON vivono certo meglio di te (almeno su questo aspetto della vita). Perché a me un servitore dello Stato che AIUTA i mafiosi, fa veramente schifo; per te, invece, è più cool pensare il contrario…

          L’eretico

          • A.B. scrive:

            Come spesso ti capita, caro Eretico (caro lo scrivo sul serio, lo giuro), se ti si bussa a bastoni rispondi a coppe. Il concetto espresso nell’articolo di Bordin non mi pare fosse il presunto salto della quaglia di Violante da te sottolineato, ma solo una differente chiave di lettura di un periodo storico tragico per il nostro paese. Mi sembra invece che tu sia allineato con le posizioni più “fedeli alla linea” del partito dei magistrati alleato con i giustizialisti de sinistra. Un eretico poco eretico nel caso specifico.
            Sul finalino andaluso-relativozzante (mi hai fatto sorridere), ammetto di tendere al pistolotto didascalico, ma ti assicuro che anche a me il servitore che AIUTA la mafia fa veramente schifo, l’importante peró è che lo si dimostri davvero. Non mi basta la settantunesima dichiarazione di un collaborare di giustizia che racconta ad orologeria di aver sentito un mafioso che aveva detto che un altro mafioso aveva raccontato al procugino di un associato esterno della mafia che Contrada era uomo di Cosa Nostra. Dopo un iter giudiziario come quello di Contrada, assolto due volte prima di arrivare ad una condanna definitiva a dir poco avventurosa, per altro revocata perchè il reato non esisteva (con qualche anno di carcere sul groppone), tu sei certo della sua colpevolezza, io no. Questa è la differenza, tu vivi di certezze, io di dubbi, le due facce della medaglia. Poi rigirala come ti pare.

          • A.B. scrive:

            Per amor di precisione 2 piccole ulteriori postille:
            – Contrada è stato assolto una “sola” volta.
            – il pubblico ministero del processo Contrada è stato ANTONIO INGROIA. Rispetto al poco da te rispettato Violante, il prode Ingroia non ha soltanto fatto il salto in politica, ma con un altro bel balzo è poi passato al ruolo del boiardo “di regione” (commissario di Sicilia e servizi, sigh) con abitudini morigerate quali lo scendere nella per lui troppo lontana Palermo al grand hotel villa igiea, modesta pensione grazie alla quale ha rimediato un’ indagine per peculato. Questi sono gli integerrimi magistrati che ti piacciono tanto.

  3. Simone Poli scrive:

    Caro Raffaele
    il concorso esterno presuppone almeno un’ intelligenza con il nemico.
    Una larvata intesa sui fini attraverso i mezzi.
    E così facendo abbiamo messo i gradi a chi non se li merita.

    Mi spiego.
    L’intelligenza così non sarebbe più l’oscena (fuori dalle scene visibili) concertazione dei poteri.
    E il nemico (del nemico) sarebbe addirittura lo Stato.

    Sono termini troppo nobili per questo scenario italiano.
    In realtà c’è stata coabitazione.

    Scusa ma è dalla diagnosi di Franchetti (destra storica) che la comprensione delle segrete dinamiche che connettono il potere mafioso al sistema di potere nazionale è sotto gli occhi di chi la vuole leggere.

    L’avvento della sinistra storica (Crispi e Depretis – ti ricordano qualcosa oltre al trasformismo?) è l’arrivo della Sicilia al governo.

    Gli sviluppi eloquenti dell’omicidio Notarbartolo, parlano di interessi condivisi, manifesti (con tanto di festeggiamenti in piazza).
    Mentre l’aspetto militare (esecutivo) non prescinde mai dall’indirizzo (il mandato o mandante).

    Franchetti osserva per tempo, anzi in anticipo, che l’estrazione dei capimafia non è il popolare e anarchico brigantaggio.

    L’accaparramento delle risorse richiede infatti un minimo di acculturazione.
    Ma quello che conta è che questa “cultura” sappia cogliere il momento di soglia, quello in cui l’esercizio della violenza funzionale alla perpetuazione dei rapporti sociali ed economici esistenti non si trasformi in eccesso controproducente.

    A me pare che si profili come una sorta di costituzione materiale permanente (che sta invadendo perfino le coscienze degli intellettuali di minoranza, a cominciare dal giornalismo che non dovrebbe avere riguardi per nessuno).

    Giornalista : sei minoranza sempre, ricordalo !

    Notarbartolo, Palizzolo, Fontana, il principe di Scalea, l’onorevole Seggio che paga i migliori avvocati.
    Gli elementi dell’eterno ritorno ci sono tutti, variano i nomi ma non la sostanza.
    La guerra fredda poi ha cristallizzato lo scambio di cortesie.

    La strage di Portella della Ginestra come nuovo capitolo che introduce la strategia della tensione; Giuliano, Pisciotta, Scelba : ma soprattutto Ettore Messana, uomo cerniera.

    Messana è figura emblematica : durante la monarchia partecipa alla repressione di una manifestazione di protesta dei contadini di Riesi (restano a terra venti morti) ; nel ventennio fascista assume incarichi di rilievo divenendo uno dei capi dell’Ovra ; alla caduta del regime è ricercato per crimini di guerra (Lubiana e Trieste), ma invece del carcere si ritrova promosso (per la sua affidabilità…) nella guerra contro il comunismo.
    Nel 1946 viene inviato in Sicilia e promosso ispettore generale di pubblica sicurezza, svolgendo un ruolo cruciale nell’operazione Giuliano.
    Il resto è cronaca dei nostri giorni : non si governa senza i voti della Sicilia.

    Noi comunque abbiamo il privilegio di avere sul territorio una persona che ci rende orgogliosi e che ha saputo dare una mano al procuratore Caselli, all’inizio del percorso che ha portato alla famosa sentenza Andreotti, assolto per insufficienza di prove e comunque prescritto fino al 1980.

    Interessante a questo proposito per la responsabilità storica e politica – che va oltre quella penale – leggere Nicola Tranfaglia (Garzanti 2001).

    Tranfaglia prende in esame la sentenza di primo grado, quella per insufficienza di prove.

    Basterebbero le conclusioni.
    Basterebbero per capire l’intreccio di cui parlavo all’inizio.

    Poi lo sappiamo c’è stato l’appello (2003) e i giudici in parte hanno prescritto e in parte assolto.
    Proclamata, si badi bene, la prescrizione per il reato di associazione a delinquere (in quegli anni non c’era ancora il reato di associazione mafiosa, 416 bis) “commesso fino alla primavera del 1980”.

    Non c’era l’associazione mafiosa figuriamoci il concorso esterno…

    Per le accuse successive alla primavera del 1980, la Corte d’appello assolve sempre con la vecchia insufficienza di prove. La Cassazione confermerà l’appello il 15 ottobre 2004.

    Detto questo (io) preferisco la pasta corta (diritti civili e politici) perché gli spaghetti (diritti sociali) spesso ti costringono a bocconi famelici.
    E se non si è stabilito bene chi copre le spese – come avviene in Italia dove cresce soltanto il debito demagogico – il conto rimane alle nuove generazioni.

    Può sembrare una scelta fra l’imbuto e la provetta.
    Ma si è sempre distribuito quello che si produce e se si producono solo le attese o le prese in giro (non ti metti a ruotare la forchetta pensando alla mira) poi non ti devi lamentare degli schizzi di sugo.

    Le penne (oggi si direbbe tastiere) si concedono all’attenzione con più lentezza e gusto.
    E’ una fila più digeribile.
    Certo puoi ammassare anche lì -se ti piace la bocca piena – ma il movimento sarà verticale, difficilmente orizzontale.

    Un conto è la freccia (che presuppone l’arco), un conto è il fascio (che presuppone la falce).
    La martellata viene dopo.

    Cosa voglio dire.
    Voglio dire che l’ambiguità non serve a nessuno (specialmente in questa fase).
    L’ambiguità (arte suprema della mafia).

    Mi spiego.
    Se veramente sei fascista (se cioè non vuoi capire soltanto il popolo italiano, visto che lo è stato) ; se veramente sei fascista (perché non consideri le minoranze un utile avanguardia) ; se veramente sei fascista (e ti sei sforzato di tenere presente che nel biennio rosso c’era “anche” chi voleva la dittatura del proletariato ) ; se veramente sei fascista ( e non ti interessa affatto valutare storicamente il contesto come sfondo della distinzione futura) ; se veramente sei fascista e ti piace essere fasciato come uno spaghetto nel nuovo partito dell’ordine (e quindi possiamo andare a vedere subito qual è l’ordine a cui ti riferisci) ; se però sei fascista veramente e miri a un regime che reprima la libertà e i diritti umani (che essendo umani sono di tutti, indistintamente) e tuttavia non ti senti un fuorilegge : ebbene non sai cos’è il fascismo.

    Se tu fossi fascista (nel senso dell’apologia) tu saresti orgoglioso di essere un prigioniero politico.
    Invece no, fai la vittima.
    Usi la libertà di pensiero e di espressione (che non è un tuo marchio d’identità) per rivendicare solo per te quello che già adesso (si vede e si legge) già non riconosceresti più ad altri sub-umani.
    Che cosa significa prima gli italiani ? se siamo tutti cittadini del mondo ?

    Pasta corta per tutti (libertà e responsabilità , innanzitutto).

    Perchè quelli che si schermano dietro i diritti sociali per opprimere gli individui (si parte sempre da uno per arrivare a molti) non hanno mai saputo spiegare chi legittima la soppressione dei diritti inviolabili.

    La maggioranza ? Peggio mi sento… : ma se sono nati proprio per non essere soppressi da nessunissima maggioranza !

    Sono diritti insopprimibili (non possono essere negati da nessuno).

    Se li rivendichi non sei fascista, se li vuoi sopprimere non li puoi invocare a tua tutela.
    Semplice.

    Ambigui però sono anche coloro che hanno bisogno dell’antifascimo per ricompattare la coppia (poi citerò un brano da un’ opera dedicata a questo scoppio).

    Voglio dire : negli ultimi anni hai fatto perdere all’Italia il suo ruolo di pace e di collaborazione nel mediterraneo, non hai fatto niente di memorabile per ricomporre la questione palestinese, hai seguito Agnelli che ti invitava a guardare oltre le alpi ma l’hai fatto a cazzo, non sei diventata una musa europea, non hai lavorato alacremente per questo fine -magari dando il buon esempio dopo l’abbassamento dei tassi- ; sei riuscito a distruggere anche la scuola, la sua funzione, il suo essere ascensore sociale senza demagogie ; hai distrutto il diritto del lavoro introducendo le nicchie per il padronato più cieco che si sia mai visto (lo sai o no ? che non si va a lavorare solo per lo stipendio ma anche per un senso di autostima ?) ; hai tentato di fare le riforme costituzionali e le hai sbagliate tutte (tutte, a cominciare da l’unica entrata in vigore, quella “federalista” che ha fatto esplodere i centri legislativi, quelli decisionali, le spese, i ceti politici : ma soprattutto la confusione !).

    Hai desertificato la connessione sentimentale con il rigore dell’uguaglianza e con il primato della legge, cercando di umiliare ed umiliando (basta leggere la G.U. ogni giorno) la funzione e il ruolo di garanzia rappresentato dall’indipendenza della magistratura ; hai dimostrato che ti interessava il potere e la sua autoconservazione, finalizzata alla tua autoconservazione.

    E poi mi dai l’allarme sul fascismo.
    Ma cosa pensi ?
    Non lo vedi che è tutto da ricostruire ?

    Ecco , quando (nella logica maggioritaria) si creano le fratture di orientamento massivo per polarizzare la scelta prioritaria, si dovrebbe avere il buon gusto di essere credibili.

    Io vedo che i problemi sono sempre gli stessi.
    E che nel frattempo gli stessi sono peggiorati in forza delle scelte fallimentari di questi anni.

    Non c’è più un’economia pubblica.
    Non c’è nemmeno quella privata (sono crollate perfino la banche).

    C’è un monopolio stradale in concessione.
    Se uno guarda la borsa non c’è rimasto niente.

    L’unica cosa che non ha dato segni di crisi è la criminalità : complimenti !
    Complimenti vivissimi !

    Mi sarei aspettato in questi anni di governo la fine di questa famigerata azienda…, che fa il paio con l’evasione fiscale.

    Ma mi sembrano ancora in buona salute e tutte due raccolgono segnali di forza.
    C’è la massima comprensione verso di loro , hanno fatto perfino ingresso nel calcolo del Pil.

    Uno considera tutto questo, si guarda intorno, nota che non c’è più nulla (e dice : non ti amo più).
    E cosa succede ?
    Si esalta impropriamente Forza Nuova (facendogli anche pubblicità e dandogli un palcoscenico).
    Complimenti !
    Complimenti vivissimi !

    Poi c’è la letteratura che spiega l’aspetto psicologico…
    Ed ecco il brano di cui parlavo prima :

    Il senso è chiaro.
    Non basterà un fuoco di paglia se si è smontato, mattone per mattone, il camino.

    Servono menti invernali e tanta pazienza.

  4. Simone Poli scrive:

    Ecco il brano di cui parlavo prima… (Raffaele, io l’avevo trascritto ma incredibile, rileggendo dopo l’invio, ho visto che era scomparso) probabilmente non voleva essere confuso…

  5. Simone Poli scrive:

    “ In più, c’era il problema dei figli, che – passata l’età in cui vanno dove devono, ed arrivata quella in cui passano al comando della famiglia (peraltro oggi iniziante più o meno quando iniziano ad essere bipedi) – non amavano per niente questa località “ottima per i vecchi, in cui i giovani si fanno due palle che non finiscono più”, usava dire – con la consueta classe stilnovista- Benedetta (mente Vitaliano si lamentava del fatto che ci fosse una sola chiesa, ed aperta solo per le Messe…).
    Dai 13 anni in poi, dunque, per i due virgulti della famiglia Punta Ala era diventata off limits, e Altero e Lucrezia, quando vi si recavano, si trovavano drammaticamente soli, davanti a se stessi ed al proprio fallimento di coppia.
    Quando una coppia fallita si allontana dal lavoro, non ha i figli – ottimo scudo protettivo, ed eccellente diversivo, per mascherare la crisi di coppia – con sé, e non è neanche in viaggio (con l’impegno psicofisico che ne consegue), e magari si trova in un luogo che si palesa come rilassante, è di fronte se stessa : il pericolo che corre dunque, è spaventoso. Se possibile, bisogna cercare di evitarlo. ”
    pag.137-138

  6. semplici8 scrive:

    Eretico, che ne pensi della versione (in qualche maniera avvalorata da Petacco e Messori) secondo la quale Guernica sarebbe in realtà un “riciclo” di un opera precedente ai fatti intitolata “En muerte del torero Joselito” e venduta dal pittore col nuovo nome al governo repubblicano per ben 300.000 pesetas in occasione dell’expo parigino?
    Preciso: non ho opinione in merito, ho letto qualcosa in argomento e vorrei sapere cosa ne pensa chi ne sa più di me.

    • Marco Burroni scrive:

      Senza essere un esperto d’arte l’ipotesi non regge: è noto comunque che il quadro fu commissionato dal governo spagnolo nel Gennaio del 1937, cioè PRIMA del bombardamento di Guernica,e fu realizzato ex-novo (esistono infatti testimonianze precise, si conoscono le date di inizio e fine dei lavori ed esistono le foto di Dora Maar che riprendono Picasso al lavoro).
      L’opera doveva essere una denuncia generica contro gli orrori della guerra e fu solo dopo l’orrore suscitato dal bombardamento di Guernica che si decise di battezzare il quadro con questo nome.
      Nessun riciclo dunque, anche se è noto che Picasso più o meno nello stesso periodo stava lavorando ad un ciclo sulla tauromachia: probabilmente alcune idee, alcuni bozzetti saranno stati utilizzati anche per Guernica, ma da qui a parlare di opera riciclata ce ne passa.

      Una teoria fantasiosa quindi, portata avanti da persone che, seppur rispettabili, hanno poca dimestichezza con l’argomento: del resto di ipotesi fantasiose su Guernica ne girano altre, per esempio questa

      http://www.rtve.es/alacarta/videos/dias-de-cine/dias-cine-jose-luis-alcaine-cree-picasso-se-inspiro-adios-armas-para-guernica/1268475/

      Josè Luis Alcaine, direttore della fotografia di Almodovar, sostiene che “Guernica” si ispira ad alcune scene del film “Addio alle armi ” del 1933. Sarà vera anche questa?

      • semplici8 scrive:

        Grazie della risposta, Marco. Ne farò tesoro. Di quella teoria mi aveva parlato, dandola per assodata, un amico di simpatie “Fantiniane” ma sempre ben documentato, lasciandomi interdetto. Anche perché io l’opera l’avevo vista a Madrid alcuni anni prima, e pur da assoluto profano quale sono, mi aveva notevolmente impressionato. Così avevo fatto delle ricerche e alcuni riscontri li avevo trovati, rimanendo nel dubbio. Se mai capiterà di rientrare in argomento, saprò come ribattere.

  7. Annie scrive:

    Caro Eretico,
    per gli inguaribili romantici,segnalo l’articolo di Massimo Gramellini su Liu Xiaobo: Nobel per l’amore (rubrica “Il caffè”- Corriere della sera del 17 luglio u.s.). Nonostante tutto…”Omnia vincit Amor”.

  8. anonimo scrive:

    Caro professore
    La Cina è una potenza imperiale, Ha i suoi satelliti in cielo per il controllo delle rotte,
    meglio ma molto meglio del gps Americano. Ha dei vettori per missili comparabili a quelli Russi, se non gia superiori. Controlla tutta l’elettrinica mondiale. E poi sono un miliardo e mezzo.
    Professore mi sembri diventato uno di sinistra, con codesti piagnistei. Tipici dei perdenti. ( basta guardare l’impoverimento della nostra classe medio-bassa, che in questi ultimi tre anni e stata bestiale) Se uno stato vuol dare lavoro e sicurezza al
    popolo, deve lasciare i diritti umani ad altri, magari a quella inutile associazione che
    e l’ONU.

  9. Eretico scrive:

    Caro A. B., forse la polemica sta diventando stucchevole, per i lettori; ti rispondo per l’ultima volta (forse sbagliando nel farlo):
    1) Ingroia politico, pessimo (come quasi tutti i magistrati-politici, ha del tutto ragione Davigo). Come Pm, molto meglio: ma capisco tu preferisca quelli ingessati, quelli che non entrano mai nei santuari dell’effettivo Potere (politico-mafioso-affaristico, per capirsi);
    2) grazie a gente come il “tuo” carissimo Bruno Contrada, Totò Riina e Bernando Provenzano sono stati, sommando i due casi, più di 80 anni latitanti: io sto con Borsellino, tu stai con Contrada.
    L’alternativa non è fra dubbi e certezze: ci sono i fatti, acclarati dalla Magistratura. Ma ai causidici – spaccacapelli sempre verso i poteri forti -, ovviamente, non va bene neanche questo: ce ne faremo una ragione…

    L’eretico

    • A.B. scrive:

      Mi sembra anche a me che ci si stia avvitando inutilmente, non voglio alimentare la polemica ulteriormente, ma non accetto la tua ennesima affermazione sul parteggiare per Borsellino o Contrada, un’alternativa per me scorretta. Io reputo Borsellino un eroe, ma ho dei dubbi sulla colpevolezza di Contrada (potere forte? Alla faccia, dopo dieci anni di carcere. Il partito della magistratura invece è un potere debole). Basta, anche io non ho altro da dire al riguardo.

  10. Luigi Gozzi scrive:

    Su Liu Xiaobo, prima di accostarlo a Ghandi, suggerisco la lettura del seguente articolo, che non è proprio estratto da “Maoismo oggi”:
    https://www.theguardian.com/commentisfree/2010/dec/15/nobel-winner-liu-xiaobo-chinese-dissident

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