Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Vittorio Meoni (e 4 Ps) - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Vittorio Meoni (e 4 Ps)

Torna la rubrica cultural-domenicale, e ci sarebbero state tante, tantissime cosine da smaltire; ma indubbiamente la morte di Vittorio Meoni la fa da padrone, per l’importanza intrinseca della figura, e per il contesto sociale e storico in cui la stessa è collocabile.

Quanto alla tragedia devastante di Barcellona, che dire? Del fondamentalismo salafita abbiamo scritto non sappiamo quante volte, al punto che grandi novità non ne avremmo, da aggiungere; se non una domanda: se l’attentato in Catalogna fosse avvenuto – per dire – il 10 agosto invece che il 17, cosa sarebbe accaduto con il Palio?

Buona lettura a tutti, dunque!

VITTORIO MEONI, FINISCE IL SECOLO LUNGO

Vista la sua veneranda età (era del 1922, l’anno della Marcia su Roma), ogni volta che ne leggevo o lo vedevo, mi domandavo che cosa avrei potuto scrivere di Vittorio Meoni, una volta scomparso: bene, eccoci qua, ora quel “qualcosa” va pur scritto…

La data della morte, intanto: ci ha lasciato il 16 agosto, nella pressoché totale indifferenza di una civitas che – in quel giorno – non ha ha cuori ed occhi che per una cosa; una cosa che, peraltro, al partigiano comunista colligiano Vittorio Meoni niente di niente importava, e verso la quale aveva sempre esplicitato una completa, conclamata, siderale distanza (a differenza dei tanti politicanti che alle Contrade si avvicinano solo per motivi clientelari e di ricerca del consenso).

1922-2017: un secolo quasi intero di vita, e ben più del “secolo breve” teorizzato da Hobsbawm; inevitabilmente, tutti lo considerano in primo luogo come partigiano (il sopravvissuto all’eccidio di Montemaggio, marzo 1944), anche perché Vittorio è stato decisivo nel portare avanti la memoria di QUEL fatto, incastonato all’interno della drammatica temperie della Guerra civile 1943-1945.

Ma forse la sua scomparsa dovrebbe farci ripensare anche al Meoni post-Montemaggio, facendolo uscire dall’involucro di partigiano (e di sopravvissuto), e facendo sapere che a Montemaggio Vittorio aveva 22 anni, e poi ne ha vissuti altri 73…

C’è il Vittorio Meoni che a 44 anni inizia a svolgere la professione di docente (soprattutto al Bandini, ove entrò di ruolo), c’è il Meoni scelto dal Pci per enti fondamentali, quando il Partito sapeva selezionare davvero la sua classe dirigente (banca, leggasi Deputazione; ospedale, per un quindicennio fondamentale; soprattutto, poi, il Comune: Assessore plurimo, vice-Sindaco, Sindaco mancato per un soffio nel 1964), in cui ha lasciato un segno profondo: da uomo di Partito, certo, ma spesso con un pragmatismo personale, e con un senso dell’onestà e della sobrietà da comunista d’altri tempi.

Comunista atipico, peraltro: veniva dalle file, piuttosto inquiete, del mondo cattolico che si rifaceva a Giorgio La Pira, Vittorio, e nel Pci del post 1945 e poi post 1956, c’era chi lo definiva ingraiano, chi invece – ancora più spesso – sprezzantemente amendoliano. (equivalente al “riformista” di cui si riempiono la bocca oggi i politichini che non sanno a cosa appigliarsi). Laureato, poi: arma a doppio taglio – lo diceva lui stesso -, perché da un lato conferiva onore e prestigio, ma dall’altro – nel contesto di un Partito dominato dalla componente contadina e mezzadrile – l’intellettuale era sempre visto con diffidenza e sospetto, in quanto capace di pensare con la propria testa.

Non un eretico, certo, ma sicuramente una figura difficile da incapsulare, nella forma mentis settaria del Pci. Lui – lo ricorda nel suo libro testamento “Alla macchia, sempre” –  si considerava fieramente vicino a Mario Alicata, l’intellettuale (sceneggiatore, critico letterario, dominus della Commissione culturale del Pci dal 1955, direttore de L’Unità dal 1962), che – come pochi sanno, ormai – nel 1963 fu catapultato nella circoscrizione senese per un’agevole nuova elezione in Parlamento. Morta troppo presto, un ruolo importante, a livello politico, ce lo ebbe anche la moglie, Mara, pasionaria dell’Udi e del femminismo senese tutto.

Non si ricordava bene le date, Vittorio, ma benissimo quasi tutto il resto; sempre stato coerente con il suo passato politico-ideologico (non aderì al Pds, figuriamoci alla neo-Dc di Renzi); era schifato dalla situazione della sua città adottiva, e me ne volle parlare in un bell’incontro di un paio di annetti or sono (ma oggi è domenica, evitiamo circostanze e nomi).

Chiunque entrasse nella sua casa in Via dei Fusari, si rendeva conto che la suddetta sobrietà non era roba da parolai, era materia di quotidianità, di tutti i giorni nessuno escluso. Non sciocco pauperismo: seria sobrietà. E voglia inesausta di conoscere, di sapere, di studiare. Come molti amministratori-politici di un tempo, che non si accontentavano di un tweet d’ordinanza e di un selfie idiota da fare girare.

Comunque la si pensi, è stato dalla parte giusta nel momento in cui aveva un senso esserlo, il partigiano Vittorio Meoni; si è battuto per un’Italia libera e migliore, che, nonostante tutto e con le tonnellate di zone d’ombra, tale è rimasta, rispetto al ventennio mussoliniano.

La sua lezione di vita – dispiace dirlo – è portata avanti in molti casi (non tutti, certo) da figure molto meno alte di lui: antifascisti da operetta (neanche sempre buffa), per non dire autentici fascisti dell’antifascismo. Ma è, per l’appunto, domenica, e qui ci fermiamo.

Per chi voglia avvicinarsi di più all’uomo Vittorio Meoni, infine, consigliamo un testo “grezzo”, nel senso migliore del termine: “Alla macchia, sempre”; un racconto in progress, fatto dallo stesso Vittorio, e raccolto da Pietro Clemente, Ida Caminada e Giovanni Iozzi (Betti editore).

Nonostante tutti i pavoni che giustificano se stessi dietro il tuo feretro, caro Vittorio, riposa dunque in pace: te lo sei davvero meritato, perché l’intensità dell’ impegno civile resta sempre, anche quando – come oggi nel tuo caso – impegnarsi più non si può…

Ps 1 Oggi, sul Corriere fiorentino, Robertino Barzanti scrive della mostra itinerante di Massimo Lippi, e sdogana un meraviglioso termine delle campagne toscane, riferito al modus operandi dell’artista: “nafantare”. Non sappiamo se il Lippi ne sia contento, noi senz’altro sì…

Ps 2 Lo scorso 31 luglio, ci ha lasciati una autentica icona del grande cinema francese, Jeanne Moreau. Chi mastica di cinema, non ha bisogno di elenchi di pellicole; noi, per quel che ci riguarda, ci siamo rivisti “La sposa in nero”(1968), un capolavoro di Revenge-movie, uno dei nostri generi preferiti.

Ps 3 Oggi, invece, ci ha lasciato Jerry Lewis (91 anni); anche se noi siamo sempre stati molto più amanti della sua spalla Dean Martin, il “picchiatello” è stato una figura poliedrica: se un grande attore, per essere definito tale, dovrebbe sapere piangere con un occhio e ridere con l’altro (vedasi alla voce Marlon Brando), lui, dal canto suo, i suoi occhi li sapeva roteare come pochi.

Ps 4 Lo scorso 15 agosto, ricorrevano i 70 anni di un doppio anniversario: indipendenza dell’India da Londra; divisione fra l’India stessa ed il neonato Pakistan. Due potenze nucleari, che hanno combattuto inter se quattro guerre (tutte vinte dall’India), sperando che non arrivino alla quinta. Per entrambe le potenze, il problema più cogente è il fondamentalismo religioso: il Premier indiano Modi appartiene ad un Partito che noi – se fosse islamico – bolleremmo subito come fanatico. Ma almeno quel terrorismo – che esiste, eccome se esiste – non attacca gli occidentali: coi tempi che corrono, non è poco…

5 Commenti su La domenica del villaggio: Vittorio Meoni (e 4 Ps)

  1. Biagio di Montluc scrive:

    Finalmente La domenica del villaggio, anche se un villaggio molto senese..credo che la distanza tra un amministratore, certo di partito, come il Meoni e gli attuali sia un qualcosa di invalicabile. Nel 1964 quindi doveva diventare Sindaco il partigiano. Purtroppo dopo mezzo secolo lo è diventato il nipote Valentini, quello che per onorare lo zio partigiano comunista sale sul sidecar nazista..corsi e ricorsi della Storia…

  2. Silvia Tozzi scrive:

    Aurelio Ciacci, nel libro-intervista curato da Fausto Tanzarella (“Viale Curtatone/1943-1993, conversazioni su cinquant’anni di vita politica senese”, Pascal Editrice 2005) ha lasciato una testimonianza molto interessante sul PCI a Siena. Per esempio, quando parla dell’occupazione di tutti gli spazi amministrativi, istituzionali e societari, dal dopoguerra in poi. E nota che con gli anni Ottanta, e soprattutto dalla fine di quel decennio, la crisi dei partiti com’erano stati fino a quel momento, porta a un’attenzione crescente per la gestione del potere, mentre si riduce sempre più lo spazio per l’elaborazione di proposte politiche, ideali, culturali.

  3. Quello del Costone scrive:

    Figura che aveva manifestato il suo pessimismo sull’attualità senese non occupandosi che di lezioni nelle scuole. Barni invece pare che in privato fosse duro ma poi finiva per appoggiare le dirigenze attuali. Mi pare che fosse nel comitato di Ceccuzzi addirittura. Certo, Siena sta perdendo le figure storiche del dopoguerra e ha già amministratori da post-Buongoverno. Ma le opposizioni non sono ugualmente insufficienti? Forse per questo Meoni non si pronunciava. Solo la Martrinela riesce a non perdere il minimo spiraglio di vivacità del PArtito.

  4. Anonimo scrive:

    L’Imam di Ripoll in Italia non sarebbe durato più di un quarto d’ora. I catalani se la sono cercata con superficialità e sottovalutazioni a noi sconosciute in questa materia. Noi, quanto a superficialità e sottovalutazioni, recuperiamo però se si tratta di prevenzione dei terremoti. A ciascuno il suo.

  5. Antonella Eleonora Buscalferri scrive:

    Ho conosciuto Vittorio Meoni negli anni del suo ruolo di Presidente dell’Ospedale, quando io giovane medico dipendente, iscritto al PCI, lo intervistai per il Nuovo Corriere Senese.
    Ne scaturì un’autentica amicizia personale, non pubblica,durata tutta una vita.
    Il grande ‘Nuvola Rossa’ così veniva chiamato in Ospedale,incuteva rispetto e autorevolezza per quella naturale propensione a rappresentare le ragioni dello stato,la giustizia e il rigore delle istituzioni, temuto e adorato come tutti gli uomini giusti di quella generazione.
    Una famiglia, la sua, che molto ha dato alla sostanza storica e concettuale della nostra Comunità: Mara,la moglie, prematuramente scomparsa,femminista e dirigente dell’UDI a cui è dedicato un Circolo culturale che svolge, da sempre,un’importante attività di ricerca in ambito della differenza di genere;
    Anna la sorella insegnante di lettere, oltre al suo impegno costante e continuo come Antifascista, Femminista e sempre presente nella difesa della Costituzione.
    Il marito di Anna, anche lui prematuramente scomparso, il Compagno Giorgetti, cognato di Vittorio Meoni, è stato un grande Comunista e un grande intellettuale di questa città.
    Ho sempre pensato che se Vittorio avesse avuto l’opportunità di diventare Sindaco e suo cognato avesse avuto ruoli importanti di partito o fosse diventato
    Rettore le sorti di questa Città e del PCI-PDS-DS-PD Toscano sarebbero state pro
    fondamente diverse.
    Ma questa è la politica dei nostri cuori…
    Vittorio, negli ultimi anni, nutriva serie preoccupazioni per il futuro e le sorti della nostra Comunità, ma nulla scalfiva il suo lucido ottimismo di Partigiano, l’orgoglio di chi ha messo a repentaglio la propria vita per il bene comune, la sottile ironia delle intelligenze speciali.
    E’stata una delle poche anime belle della Città,gli ho voluto molto bene ed avrà
    sempre un posto speciale nel mio cuore.

    Antonella Eleonora Buscalferri

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