Eretico di SienaChe città, per il futuro (e Leopoldelle, e cinta, e Comunale)? - Eretico di Siena

Che città, per il futuro (e Leopoldelle, e cinta, e Comunale)?

Dibattito stimolante assai, quello concernente il futuro delle città d’Arte e di turismo di massa (o mordi e fuggi, che dir si voglia); ne abbiamo parlato/scritto/dibattuto molte volte, ma il tema non è certo da poco, anzi ci permettiamo di dire che è IL tema del futuro della città post-montepaschina, per le evidenti ricadute economiche ma non solo per quelle: perché anche chi niente ci guadagna, con il succitato turismo, potrà pur avere voce in capitolo, no?

Casca dunque a fagiolo il dibattuto innescato su Repubblica in questi giorni, in particolare l’uno-due fra l’urbanista Pier Luigi Cervellati, il filosofo (ed ex Sindaco di Venezia) Massimo Cacciari e l’economista Alessandro Leon.

UN DIBATTITO ASSAI STIMOLANTE

“Il Dio delle città non passa per Airbnb”, così Repubblica titola l’intervista di Francesco Erbani (il quale ha appena pubblicato un libello controcorrente sul turismo a Venezia e nelle città d’Arte in generale, tra l’altro); “La città non è utopia ha bisogno di turisti”, ribatte il giorno dopo Massimo Cacciari, intervistato da Raffaella De Santis. Ieri, infine, è arrivato il turno di Alessandro Leon, economista nonché Presidente di un centro studi attivo da circa trent’anni in questo settore: “Una città non vive di solo turismo”, il titolo della sua intervista, chiosata da una lettera garbatamente anticacciariana di Vittorio Emiliani, anc’essa dal titolo azzeccato e pregnante (“La differenza tra le luci delle case accese e il divertimentificio senza controllo”, con il caso di Urbino, , che ha oggi la “bellezza” di 441 abitanti nel suo centro storico – con il meno 91% degli ultimi anni! -, nonché con il giovedì sera che sarebbe diventato la serata/nottata del liberi tutti per giovani provenienti anche da parecchio extra-moenia).

Assai umilmente, si pregano i lettori più attenti di compulsare questi interventi (ricordando che, quanto al cartaceo, c’è sempre la Comunale in sala consultazione periodici, pronta ad accogliervi all’uopo…).

La qualità della nuova amministrazione senese, infatti, si misurerà – in un’ottica di medio e lungo periodo – anche e soprattutto da come saprà rapportarsi a questa sfida fra le sfide, per la qualità della vita urbana: Leon, per esempio, ci ricorda che fondamentale è il diversificare (come avrebbe dovuto fare, illo tempore, la Fondazione Mps, ma quella ormai è Storia, mentre questa è attualità proiettata nel futuro, per Zeus!).

“Una città storica abitata favorisce la ripresa del commercio, evita che prevalga la specializzazione (monoculturale o quasi, Ndr) del turismo, stimola la varietà dei servizi offerti, impedisce che si chiudano cinema e teatri”.

Insomma, per dirla con il massimo possibile della brevitas: “Se una città d’Arte perde la residenza, perde anche ciò che la rende più attraente per i visitatori”. Qualche spazio pubblico in meno per i tavolini (senza penalizzare alcuno, ci mancherebbe), più spazi di qualità (nel caso senese ci sono già, ma si può certo migliorare) per i residenti-paganti: semplice buon senso. Hai detto niente…

 

Ps 1 Questo pomeriggio (17,30, come di consueto nella meravigliosa Sala storica della biblioteca Comunale) si presenta il romanzo di Mario e Raffaella Zelia Ruscitto (pater et filia), intitolato “Le quattro vite di Caterina” (Pascal); attraverso il percorso esistenziale della protagonista – originaria del Gargano contadino ed arretrato, classe 1911 – si arriva a Roma, nonché alla Grande Storia della Seconda guerra mondiale, ed anche un pochino oltre. Libro indicato per i giovani, per fare sapere loro come eravamo (e soprattutto come era la condizione femminile); ed indicato per i non più giovani, per far loro ricordare come siamo stati: in Apulia, a Roma, in Italia.

Ps 2 Qualche eco di questo dibattito sul futuro della città, insieme a moltissimo altro ovviamente, ci sarà invece domani sera, nell’appuntamento delle Leopoldelle, organizzato as usual da Simoncino Bernini (Al-mutanabbi): il ritrovo è alle 20,44 circa (orario indicato dal promotore, eh) nei locali del Consorzio dei tassisti senesi, in Viale Europa 21 (nel cuore del nebbione della zona artigianal-commerciale di Viale Toselli, per intenderci); appuntamento che si preannuncia particolarmente polifonico, vista la gamma dei relatori chiamati: da Francesco Manganelli e Michele Vittori (destra-sinistra, per definirli alla vecchia maniera, ma chissà che poi…), al professor Marchino Bianciardi (che vedremo anche alla Comunale, a discettare su Federico Fellini, il prossimo 23 novembre), per finire con lo special guest Silvio Pucci, che farà una stimolante rentrée senese giusto per l’occasione. Lo scrivente, da par suo, ci sarà, ed è chiaro che, in un modo o nell’altro, qualcosetta la dirà. Un’occasione – comunque la si pensi – da non mancare. Perché il dibattito è sempre da auspicare, specie in una città come Sienina: ed in questo caso, poi, c’è anche il bello della diretta (non televisiva).

Ps 3 Per non farsi mancare alcunché, sabato sera saremo – come peraltro anche l’anno scorso – al circolo Arci di Sovicille a discettare di cinta senese, ergo di maiale: lo facciamo volentieri assai, perché siamo in buona compagnia,  perché l’argomento del rapporto fra il suino e l’umano è stimolantissimo,ed ancora più volentieri perché, dopo avere discettato, si mangia davvero tanto, e bene…

17 Commenti su Che città, per il futuro (e Leopoldelle, e cinta, e Comunale)?

  1. manunta scrive:

    Urtime novita’, de mossix chiappa l interim di comuncazione e turismo,
    Sicche’, cultura ,turismo e comunicazione saranno in mano ad una persona
    (lui) .
    Vedremo, io ve lo ridico, fondazione non butta piu’ , quindi chi in campo
    culturale leccando ammanicando e strusciandosi, si era ritagliato posizioncine da nidiaceo, non vi servira’ piu’ a una bella sega.
    Cultura arte ,o le proponete in maniera sistemica, facendone la leva di sviluppo, di un turismo di qualita’ ,oppure…

    Fondi di fondazion piu’ non avete
    genti servili ruffiane ed incapaci
    non porteran turismo ne’ monete
    predavan dindi come fanno i rapaci
    se siena al turismo offrir volete
    ci vogliono proposte ma’ efficaci
    e se risorsa uman per cio’ vi manca
    citti stavolta non ci pensa la banca

  2. Daria gentili scrive:

    Non è facile conciliare il mantenimento dell’essenza delle Città d’ arte, delle loro radici culturali ed identitarie, con il turismo di massa, che pure, almeno dal lato di chi ci lavora e guadagna, serve.
    È chiaro che se non si pone attenzione al problema e si cerca di risolverlo le città rischiano di diventare dei corpi vuoti, a uso e consumo dei turisti.
    E di poco tempo fa un articolo che ho letto sull’allarme lanciato dai titolari dei banchi di pesce del mercato di Rialto a Venezia, un mercato di 1000 anni che rischia di scomparire a causa del turismo selvaggio e dello spopolamento della città. Questo allarme può estendersi a tutte le altre città d’arte…..pensiamo alla Roma o alla Firenze attuale rispetto a quelle ,senza andare tanto lontano, degli anni 90.
    Anche a Siena, purtroppo, stiamo assistendo allo stesso fenomeno di negozi storici che ad uno ad uno stanno chiudendo, per lasciare il posto a negozi che rendono i centri delle città tutti uguali. Per non parlare poi dello spopolamento, che ha radici lontane frutto di miopi scelte amministrative.
    E Siena è fortunata ad avere le contrade, che, essendo per loro essenza enti territoriali, consentono in alcuni periodi dell’ anno di riappropriarsi delle strade.
    Speriamo che la nuova amministrazione cerchi di limitare i danni ed invertire tendenza…..ma sono scettica, perché certi fenomeni sono diventati ingovernabili

    • Paolo Panzieri scrive:

      In America nelle città medio piccole, o piccole come la nostra, “downtown” ci sono ormai soltanto i grattaceli degli uffici; il sabato e la domenica c’è il deserto: la gente la trovi nei centri commerciali (i mall).
      Praticamente estinti lo struscio (o le vasche come di dice da noi) e le piccola distribuzione. Molto, molto triste.
      Una tendenza abbastanza globale, mi pare.
      La nostra, però, è una città d’arte, che nel centro storico conserva i suoi tesori.
      C’è il flusso costante (tranne nei mesi invernali) di turisti, che spesso soppiantano quasi del tutto noi indigeni autoctoni.
      I commercianti schiacciati dalle tasse, comunque, annaspano, chiudono o si evolvono, sopravvivendo come possono.
      I barbieri ormai ad esempio sono come i panda …
      Insomma, perdonatemi il neologismo, ci stiamo un po’ pienzizzando, nel senso che, come a Pienza già nel secolo scorso, gli esercizi commerciali sono diventati tutti acchiappaturisti.
      Non solo souvenir, ma soprattutto vino, cacio, olio, corone di peperoncino, salumi, pasta, condimenti liofilizzati e non, dolci tipici e generalisti, bottiglie, gadget ed attrezzature dalle forme più strane, talvolta anche oscene (non che mi scandalizzi, sia chiaro).
      Sopravvivono ormai soltanto qualche negozio di scarpe e diversi negozi di mutande e affini.
      Tanto che se ci aggiungessi soltanto un impermeabile (non incluso) avresti almeno già il kit dell’esibizionista …
      D’altra parte oltre alla grande distribuzione (Coppe etc.) siamo nell’era di internet: Amazon ti consegna a casa quel libro che hai visto in vetrina a prezzo scontato il giorno dopo, spesso gratis. Ma anche quello che non hai visto perché il libraio ne è sprovvisto.
      Come si fa a competere?
      Personalmente penso sia una battaglia persa in partenza.
      Tranne che qualcuno si decida prima o poi a riequilibrare il mercato, favorendo almeno fiscalmente la piccola distribuzione, rispetto alla grande ed al commercio digitale.
      Cioè l’esatto contrario di quanto fatto negli ultimi vent’anni dai nostri illuminati governanti.
      Ed i Comuni cosa potrebbero fare nel loro piccolo?
      Evitare almeno – per esempio – che negozi ed esercizi storici vengano dismessi e trasformati tutti in acchiappaturisti o mutandifici, appunto.
      Purtroppo, però, c’è rimasto poco e niente….
      La Pellicceria Bianchi ed il Morbidi in Banchi di Sotto ed il Nannini in piazza del Monte, per dirne una, sono andati da tempo, ed a Siena c’è rimasto in pratica soltanto il Falchini …
      In provincia, invece, la Fiaschetteria in piazza a Montalcino ed il Caffè Poliziano per il corso di Montepulciano.
      Patrimonio dell’Unesco subito.

  3. Roberto scrive:

    Quanto alla chiusura degli esercizi commerciali del centro, credo che una causa del problema sia l’eccessivo costo degli affitti. In pratica il commerciante spesso lavora per garantire la rendita al proprietario. Ovvio che possono vivere allora solo gli esercizi rivolti alla massa dei turisti e non quelli che garantiscono servizi agli abitanti del centro, tra l’altro sempre in minor numero. E nonostante ciò i canoni non calano, e molti proprietari preferiscono tenere vuoti i fondi anziché abbassare i canoni. Non so quale possa essere la soluzione, ma non credo che quella proposta nella legge di bilancio, ossia di ridurre la tassazione sul canone con la cedolare, quindi ad esclusivo vantaggio dei proprietari, vada nella direzione giusta.

    • Paolo Panzieri scrive:

      I negozi chiusi sono dovuti non alla volontà dei proprietari di non affittarli se non a canoni esosi (questa è una visione distorta e ideologica – perdonami – della realtà), anche perché un C/1 (negozio) costa un botto di tasse e nessuna persona di buon senso lo terrebbe volontariamente sfitto, rimettendoci così parecchi soldi per nulla, ma viceversa per l’estinzione progressiva, ma ineluttabile, del commerciante che lo possa utilizzare.
      Quindi, posto che ogni e qualsiasi sgravio fiscale dovrebbe favorire una minima ripresa dei consumi, del commercio e quindi dell’economia, ben venga.
      Certo servirebbe molto di più, su questo sono pienamente d’accordo.
      Sui negozi del corso e quelli – in parte – di via Montanini, invece, il discorso per ora è diverso: i canoni sono esosi, ma il luogo è ancora ambito, così regnano i franchising, perché senza l’apporto del proprietario della catena commerciale nessuno potrebbe farvi fronte.
      Ma è l’eccezione temo temporanea (perché ci dobbiamo rendere conto una buona volta che la produzione di ricchezza alla fine favorisce un po’ tutti) alla regola.
      Infatti, basta uscire dalle quattro strade del centro ed è ecco che la desertificazione degli esercizi commerciali avanza.

      • A.B. scrive:

        Perfettamente d’accordo, del resto non si può usare la macchina del tempo per andare contro i cambiamenti ineluttabili al mondo del commercio conseguenti alla digitalizzazione ed allo sviluppo dell’e-commerce. Il problema è enorme e la realtà si manifesta con strade sempre più deserte e quindi pericolose anche in orari di lavoro, per il desolante susseguirsi di serrande abbassate. Io lavorerei per cambiare le nostre strade con provvedimenti magari non rivoluzionari ma sensati. Ad esempio perché non agire sul regolamento urbanistico favorendo fiscalmente lo spostamento delle “attività d’ufficio” (studi professionali, assicurazioni, varie ed eventuali del terziario) sul piano stradale e disincentivandole nei piani superiori degli edifici? Si otterrebbe un duplice vantaggio, rendere più vive e presidiate le nostre strade e liberare unità abitative per ripopolare la città.

  4. Eretico scrive:

    Ho dovuto obtorto collo censurare un intervento del buon Manunta, solo per il finale che – dia retta il Nostro – può essere da querela: se trova il tempo e la voglia, Manunta rimandi il commento, con amputazione (o riconversione) giusto giusto degli ultimi due righi…

    Buona, laicissima e financo paganeggiante, domenica a tutti, dall’eretico!

  5. Simone Poli scrive:

    Caro Raffaele
    il tema non era la sovranità limitata (che conosciamo bene da Jalta in poi) o le sue declinazioni attuali in chiave europea.
    No , il tema era locale (seppur globale) : psicodramma e/o opportunità.

    Quando vai a una Leopoldella, quando cioè sei pronto a tutto (anche all’ordinario), il balsamo in queste assemblee (il famoso popolaccio !) deve contenere almeno una buona dose di riflessioni non stereotipate.
    Altrimenti si va verso il capo (ora va di moda il capitano).

    Sappiamo che la conferma delle proprie convinzioni è necessaria alla salute pubblica ; che va benissimo anche la stabilità delle relazioni , è necessaria alla pace ; che va pure bene l’estetica dei progetti realizzati poiché serve all’autostima e che non possiamo rinunciare, come sicuro piacere della vita, alla gratificazione che può darti un lavoro fatto bene : però il conflitto serve a tutti, soprattutto a quelli in buona fede.

    Lo dico perché in Italia si cambia idea anche quando non ce l’hai.

    Puoi essere d’accordo con un’argomentazione perché ti convince, in sé e per sé.
    Perchè sei persuaso nel profondo a prescindere dall’ interlocutore (e spesso siamo soli).

    Oppure essere d’accordo con l’interlocutore a prescindere (basta che abbia il comando).
    Essere d’accordo cioè con il capitano di turno.

    Non più i congressi (come si diceva una volta) per stabilire cosa fare, ma i congressi virtuali per ratificare chi comanda al di là dell’ assetto valoriale o programmatico.

    Ma non è questo il punto.
    Il punto era un altro e come hai potuto sentire parafrasando il Bernini – lo scultore dell’umorismo senese – il punto senese è più nascosto del punto G.
    Queste come sai bene sono riunioni surreali, ennesimi fuoristrada da camminatori, palestre dell’insolito, benedizioni , in ogni caso.

    Vai lì per capire se la città ha ragionato in modo binario (vero/falso), con una logica chiara, netta e senza le fatiche dell’ambiguità e scopri che non è così, che siamo sempre alla dialettica : tesi (sono inclusivo ma guiderò io) ; antitesi (siamo entrati ma per portarti fuori) ; sintesi (è stata Siena).
    Che è una citazione delle tue citazioni (riadattata).

    E’ tutto prematuro ovviamente (ma l’assemblea era come un riscaldamento…).

    Intendiamoci : non si tratta di dare voti o peggio esprimere giudizi ; si tratta di capire, di riuscirci. L’obiettivo è rimanere liberi di continuare a farlo.
    Perchè la cifra del De Mossi è stata questa.
    Io non lo scordo.
    Il primo punto programmatico era questo: questa sarà la stagione dell’autonomia.
    Questo spazio sarà libero perché non sarà più occupato.
    Se proprio dobbiamo costruire lo faremo in altezza, abbiamo fondamenta attrezzate.

    Quindi : è ancora così ?
    La piattaforma programmatica è ancora questa ?
    I primi segnali confermano o smentiscono ?

    La logica binaria ci avrebbe permesso di poter dire : De Mossi vince, vince e applica il suo mandato, vince soprattutto perché applica quel mandato.
    E comunque, nella peggiore delle ipotesi, chi ha condiviso la vittoria partecipa a quella vittoria ma non la può ipotecare.
    Non la può ipotecare perché De Mossi si dimetterebbe subito, prima ancora di fare qualsiasi cosa non voglia fare.

    Ecco il punto : cosa vuole fare De Mossi ?

    Sia detto con grande rispetto, basta stabilire con quale logica andiamo avanti.
    Con quale logica possiamo capire la realtà (che seppur razionale può essere cambiata).

    Le logiche mi fanno morire (sono stringenti).
    Guardo me, per esempio, e mi dico : sono anni che voglio andare a lavorare lì.
    Sono anni che lo chiedo.

    Ora che stanno per arrivare in forza di legge anche i soldi dell’incentivo, proprio dove lavoro, questo è diventato il momento migliore.
    Quale modo migliore di dimostrare una passione se non quello di rinunciare ai soldi ?
    Ti ripaga il lavoro stesso ?

    Pensa : posso lasciare un lavoro complesso e delicato (da dove non mi hanno mai fatto andare via) e finalmente approdare a un lavoro dove morire (quando il sistema salterà e non ci sarà più la pensione).

    Se proprio devo lavorare tutta la vita, vorrei morire lì.

    Ma ecco la logica delle apparenze.
    Arrivi te e tutto si complica nella mia mente logica perché anche se non sei mai stato il presupposto di nulla nella mia vita – se non la stima che provo per te – l’idea anche solo passeggera che tu possa sembrarlo mi dà fastidio.
    Non so se mi spiego (anche se come si dice : parlano gli atti).

    Arrivi te e questo non cambia nulla.
    Io voglio andare lì, da anni, perché lì voglio dare tutto quello che mi è rimasto, senza limiti.
    E se non è chiaro, io non sono pronto a rimanere dove sono , comunque.
    Tanto è vero che ho chiesto in alternativa un nulla osta di mobilità all’esterno.

    Perchè sto dicendo queste cose ?
    Perchè mi permetto di parlare del Sindaco come fosse una funzione suprema (non solo politica) ma suprema nel senso della libertà pedagogica.
    Una pedagogia istituzionale (e la tua nomina lo conferma).

    Voglio dire : nel tuo programma per la biblioteca c’è il festival del giornalismo d’inchiesta (mica la rassegna della propaganda o delle tecniche di martketing elettorale…).
    E’ chiaro che io voglio lavorare anche nella logistica di questo evento (nel dietro le quinte, un lavoro enorme) e organizzare tutto questo.
    E’ quello che voglio : portare i migliori giornalisti d’inchiesta del mondo a Siena, farlo diventare un appuntamento dell’anima.
    Certe cose vanno dichiarate, non ci si può nascondere.

    Si deve poter dire tutto perché altrimenti si diventa prigionieri di quello che non si è detto.

    Per esempio.
    Abbiamo visto (carta canta) che il Sindaco si occuperà di informazione e di comunicazione.
    Gli sarebbe bastato agire normalmente, secondo me (ma io sono una persona semplice e credo nella professionalità di tutti).

    Invece fra le righe qualcosa sembra dirci : io che posso parlare con tutti (e spesso dovrei, a maggior ragione all’interno del Comune) ; io che posso indirizzare tutti direttamente o indirettamente ; io che ho il potere di delega ( e ho detto tutto ) ; io mi ritrovo gli addetti all’informazione e alla comunicazione (il turismo non è compreso…) gomito a gomito.

    Ancor prima della riorganizzazione generale (e per me fa fede quanto scritto prima delle elezioni) ecco il topolino.
    Per dire, in alternativa, che il turismo andrà da sé si sono adoperate altre parole.

    Logica binaria, vero o falso.
    Vecchia e scorbutica dialettica : (tesi , decido) ; antitesi (ancora no) ; sintesi (ride bene chi ride ultimo).

    Staremo a vedere.

    Intanto non va dimenticato (alla Leopoldella la cosa era in controluce) che c’è la questione del capitano.
    Senza memoria tutto è possibile , lo sappiamo bene.

    Lo scenario è questo.
    Il quantitative easing è pura creazione della moneta dal nulla, creazione della ricchezza nominale.
    La ricchezza non è più agganciata alla ricchezza presente : né all’oro come equivalente universale né al risparmio, né al patrimonio, né al reddito.
    Stiamo inondando di moneta l’economia finanziaria ma l’economia reale non registra nessuna inflazione (ma che ci comprano con quei soldi ?).
    Però acquistare beni e servizi in una situazione dinamica di questo tipo sta creando un analogo cambio di valuta (che non c’è più con l’euro in Europa) attraverso lo spread.
    Traduzione del valore e del potere di acquisto effettivo, su lungo termine.

    Il capitano (che a mio avviso non è affatto guidato né dalla Costituzione repubblicana né dalla dichiarazione universale dei diritti umani – minimo sindacale- ) improvvisa con metodo sulla paura.
    E’ una scelta.
    E la sua scelta determina anche le altre scelte.

    Se lui è la sicurezza di un futuro radioso, privo di campagne permanenti, di annuncite cronica, di esposizione sistematica ai puri e semplici rapporti di forza (visto come cambia bersaglio a seconda della latitudine e della convenienza) ; se lui in poche parole non rappresenta il problema dell’interlocutore a prescindere dall’argomentazione, io ho perso le mie facoltà logiche.

    Tanto per fare chiarezza.

  6. Giovanni scrive:

    Vuole invertire la tendenza dello spopolamento dei centri storici e della chiusura dei vecchi negozi (che poi sono uno correlato all’altro)? Bene, se non vi offendete per la soluzione retrò, vi racconto la mia idea. Dopo la sinistra benestantista e la destra filoleghista in salsa senese vi consiglio il socialismo come forma di governo. Esprori proletari, case sfitte requisite e date a canone controllato alle fasce deboli della popolazione, controllo statale degli affitti degli esercizi commerciali e vedremo finalmente una città viva, popolosa e popolare anche nel suo centro. Adesso francamente se cercate la gente della Siena che fu potremo trovarla a Isola, San Miniato, Taverne ecc… e solo con qualche lodevole eccezione nel Centro Storico ovvero l’inverso di quello che accadeva fino agli anni ’70 – ’80. Signori mi dispiace ma se si continua con questo modello economico tra qualche anno somiglieremo di più a San Gimignano (la Disneyland del medioevo) che ad una città vera. La mia è una provocazione? Mica tanto, pensateci in cuor vostro se vi interessano più il portafoglio gonfio o il valore della solidarietà contradaiola … vecchia questione e il mio in fondo è solo lo sfogo di un idealista. Buona domenica a tutti, anche a chi specula su affitti e studenti.

    • Eretico scrive:

      Caro Giovanni, a me piacerebbe per intanto si sapesse qualcosa sul censimento delle case sfitte in centro (nella scorsa consiliatura, se ne era occupato a lungo Ernesto Campanini, che io stesso intervistai a tal proposito); e le cose che dici sul DOVE si trovi l’anima popolare della città, sono oggettivamente così, con un trend che dura peraltro da anni (spesso per scelta stessa dei senesi, va detto: non sempre, sia chiaro).

      Interessante anche la proposta di A.B., ma direi difficilmente praticabile, sperando di sbagliare.
      L’eretico

    • Paolo Panzieri scrive:

      La Disneyland del medioevo mi garba tanto….
      Forse se i nostri amministratori dell’epoca fossero stati meno ideologicamente orientati e San Miniato fosse stato il campus universitario che sarebbe dovuto essere, in città ci sarebbero più senesi, meno studenti in case fatiscenti e meno alloggi sfitti.
      Ma l’altro giorno, non ricordo se a canale 3 o Siena TV, ho sentito addirittura l’apologia di San Miniato e del suo archistar….
      Sul socialismo reale di ritorno in salsa senese, trattandosi di pura utopia e probabilmente di una provocazione, non mi esprimo.

  7. Giacomo rossi scrive:

    Intanto Siena è 4′ nella classifica dove si vive meglio i Italia!
    Dietro solo a tre province che x il loro statuto speciale godono di copiosi vantaggi!
    È tutto questo grazie al sindaco de MOSSI ed alla sua prodiga giunta, che hanno preso ù a città allo sfascio, disastrata, dove tutto era un troiaio e in soli 4 mesi l’hanno fatta ascendere ai piedi del podio!
    Prima tra le città sotto l’Austria!
    Quando si dice il cambiamento!
    Ora infatti va tutto bene! Nessuno si lamenta più! I bloggers tacciono, i cittadini sono finalmente felici e tutto va a meraviglia, a differenza di 5 mesi or sono!
    Forza de MOSSI!
    Forza lega!
    Forza destra!

    • Anonimo scrive:

      No, la motivazione del 4 posto è che, finalmente, il PD (esiste?) è stato mandato all’opposizione….. Ah ah ah ah

      • Giacomo scrive:

        Ah , ah, ah!!

      • Anonimo scrive:

        Data la situazione di partenza della giunta Valentini, con tutti gli iscritti dentro, vedremo la giunta de MOSSI .
        Visti i proclami, è la situazione della “sua”partenza, tra pochi anni dovremo essere primi!!!
        Altrimenti sarà un fallimento!

  8. Silvia Tozzi scrive:

    Residenti che se ne vanno, attrazione crescente dei centri storici, a rischio Disneyland per il mercato turistico globale, speculazione che avanza. Da mesi Il Corriere Fiorentino fa da eco alle preoccupazioni di molti per quella che sembra una china inarrestabile in tutta Europa. Non solo a Firenze, ma ormai anche nei borghi il dilagare degli affitti tramite Airbnb modifica il mercato immobiliare e attrae investimenti anche dall’estero. Artigianato e commercio tradizionale scompaiono. Anche a Berlino, Londra e Parigi si fanno progetti su come arginare queste trasformazioni letali per il tessuto urbano. Può darsi che siano irreversibili, ma non vedo il motivo per rinunciare alla ricerca di qualche soluzione, senza neppure informarsi su chi ha qualcosa da proporre.
    Riprendo dalla lettera di Vittorio Emiliani su La Repubblica del 14 novembre:
    “L’amico Massimo Cacciari liquida …tutta l’esperienza bolognese di Pier Luigi Cervellati (Cederna, Benevolo, Calzolari Ghio,Insolera, De Lucia, Blandino, eccetera) per il recupero residenziale dei centri storici come una sorta di ubbia da intellettuali “scocciati” dal turismo di massa e dalla movida”. A me si allarga il cuore quando torno a Cesena e vedo accese le luci nel centralissimo quartiere della Valdoca le cui case sono di nuovo abitate dalle famiglie in forza di un più ridotto Piano Cervellati attuato dal sindaco del tempo, l’architetto Giordano Conti”. Su La Repubblica del 12 novembre Pierluigi Cervellati, intervistato da Francesco Erbani, ha detto: “La tutela della residenza non è un principio del passato. Insieme all’Associazione Bianchi Bandinelli [fondata a Roma da Giulio Carlo Argan] abbiamo messo a punto una proposta di legge che salvaguarda la città storica nel suo insieme…”. L’Associazione ne ha discusso il 12 novembre scorso in un incontro su “Il diritto alla città storica nell’epoca del turismo di massa”. Sono iniziative che possono aiutare a entrare nel merito…

  9. Filippo G scrive:

    Ciao Eretico,
    che ne pensi della nuova collaboratrice per marketing e turismo del comune?
    Il familismo politico che lascia il posto a quello contradaiolo? Lasciamoli lavorare?
    Il futuro di Siena è racchiuso in via Pispini?

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