Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Ganz, Leopardi, Mussolini - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Ganz, Leopardi, Mussolini

Dopo una settimana con triplice presentazione alla Comunale (di cui daremo ovviamente conto stasera), eccoci all’appuntamento cultural-domenicale del blog (l’articoletto infrasettimanale è saltato, per il motivo di cui sopra); in attesa di scrivere dell’ultimo capolavoro di Clint Eastwood, per quanto concerne il Cinema dobbiamo amaramente occuparci di un grande attore scomparso in settimana, Bruno Ganz; poi, appunto relazionando sull’impegno presidenziale, qualche bagatella sul gran bel libro sull’Urbanistica fascista del professor Danilo Breschi, e poi – nella rubrica scolastica – un suggerimento a tutti i docenti che con Leopardi si confrontano, suggerimento scaturito proprio dallo stimolantissimo incontro di venerdì alla Comunale.

Domenica essendo, buona lettura a tutti!

BRUNO GANZ: UN ATTORE SEMPLICEMENTE STRAORDINARIO

Capace di recitare per sottrazione come solo i più grandi attori sanno fare (cioè andando sopra le righe solo quando strettamente necessario), nonché semplicemente straordinario nel rendere personaggi i più diversi (da quelli realmente esistiti – Tiziano Terzani, l’Hitler di cui diremo a breve -, a quelli partoriti dalla altrui creatività: il cameriere di “Pane e tulipani” che si innamora di Licia Maglietta, oppure l’angelo berlinese – wendersiano che molti certo ricorderanno), Bruno Ganz se ne è andato a 77 anni, a cagione di un cancro che non gli ha impedito di lavorare fino all’ultimo, visto che l’ultimo film di Lars von Trier, in uscita in Italia a fine mese (recensito sul Venerdì di Repubblica), lo vede nelle veste di deuteragonista.

Noi l’avevamo conosciuto, ed apprezzato assai, per la prima volta in un noir wendersiano memorabile (“L’amico americano”, 1977), ma già da anni Ganz – svizzero, di cultura tedesca e madre italiana – era un grande attore di teatro, nella Berlino post-1945. Quella Berlino in macerie, dal ventre (rectius: bunker) della quale si staglia la forse più straordinaria interpretazione di Ganz (quella che, anche da sola, gli varrebbe il titolo di Grande): “La caduta” (“Der untergang”, 2004), con Ganz che interpreta il Fuhrer, con un’adesione mimetica psicofisica a tratti inquietante, nell’accezione positiva del termine.

Chi ci ha lavorato insieme, lo ricorda come un personaggio solitario e taciturno, dotato di grande sensibilità, nonché con un passato da alcolista; pur importanti, sono dettagli, per noi suoi fans: per noi, infatti, resta semplicemente uno dei più grandi attori degli ultimi decenni. E questo coccodrillo lo avremmo voluto scrivere fra molti anni…

L’URBANISTICA FASCISTA, TRA RURALISMO E INNOVAZIONE

La questione urbanistica, dell’organizzazione e della pianificazione del territorio, fu uno degli snodi centrali del Fascismo mussoliniano: con una complessità di voci e di contrasti (certo, all’interno di un regime politico ben definito) che non possono non sorprendere. Merito precipuo del professor Danilo Breschi (Università degli studi internazionali di Roma), dunque, l’avere documentalmente reso questa complessità, con un libro a dir poco benemerito: “Mussolini e la città – Il fascismo fra antiurbanesimo e modernità” (Luni editrice, 576 pagine, euro 28: spesi davvero bene).

C’è tutto un filone del Fascismo che propugnava, esaltandola, la superiorità della vita in provincia ed in campagna (si pensi al movimento culturale di Strapaese, nato a Colle Val d’Elsa; o a figure come quella dell’agronomo Arrigo Serpieri, o di Arturo Marescalchi), rispetto a quella in città: la città foriera di pericoli morali, focolaio di potenziale sovversivismo, comunque lontana dalla rivoluzione antropologica propugnata dal Fascismo (vedasi anche la politica demografica, ad essa sottesa). Il vir bonus colendi peritus era il modello da seguire, come già scritto autorevolmente da Marco Porcio Catone nel 160 a.C., quando il nemico esterno della Roma repubblicana era Cartagine e quello interno il circolo degli Scipioni, con le loro ellenistiche mollezze cosmopolite (mentre per questa corrente fascista-ruralista del Fascismo, il modello negativo era ovviamente quello degli States, già allora iperconsumistici).

Come detto dall’autore e dal professor Nicolosi – che ha introdotto, insieme allo scrivente, il libro -, resta la contraddizione – autentica, potremmo dire deflagrante – di una politica fascista che da un lato esaltava come appena detto il ruralismo di matrice addirittura catoniana, mentre, dall’altro, cercava di agganciare quello sviluppo industriale che era chiaramente necessario all’idea di potenza del regime, anche in prospettiva di efficienza militare.

In questo suo aspetto (molto significativo, peraltro) come in altri, il Fascismo fu dunque tante cose insieme, tenute insieme dalla ferrea leadership ducesca: alcune delle quali serie e assai positive (non solo le famose bonifiche, anche la Legge Bottai del 1942, quella che, fra le altre cose, inizia ad introdurre i Piani regolatori per le città); altre, invece, risibili (il Duce che dà inizio alla Battaglia del grano, per esempio: petto – peraltro piuttosto flaccido – in fuori, pancia in dentro). Il tutto, in un contesto di monopartitismo: cosa certo ben risaputa, che però ogni tanto fa bene ribadire…

L’ANGOLO DEL PROF: IL PESSIMISMO LEOPARDIANO? UNA FAKE-NEW…

Letteralmente impossibile, anche solo il provare a sintetizzare l’incontro sul Leopardi-filosofo di venerdì scorso alla Comunale, con il professor Antonio Prete (demiurgo della felicissima espressione di “pensiero-poetante”, saggio datato 1980), Roberto Barzanti (il tutto era infatti organizzato insieme all’Accademia degli Intronati) ed il curatore delle due opere presentate (professor Raoul Bruni, giovane fiorentino che insegna a Varsavia).

Di fronte al pubblico che non ti aspetti (come per esempio era accaduto anche per la monografia su Catullo di Alessandro Fo: ogni tanto la Cultura attira ancora, toh…), si è squadernata l’emersione del pensiero filosofico leopardiano, per primo riconosciuto – oltre che dallo stesso Pietro Giordani, di Leopardi amico personale, che definiva il recanatese “sommo filologo, sommo poeta, sommo filosofo” – da due outsiders del panorama culturale italiano, Adriano Tilgher e Giuseppe Rensi, nella prima metà del Novecento; ben prima, dunque, che la “svolta del 1947”, con Binni e soprattutto con Cesare Luporini, facesse accettare a tutti l’esistenza di un Leopardi capace di essere anche un filosofo assai valente, ancorché asistematico (come peraltro Nietzsche, al quale lo stesso Rensi avvicina in maniera esplicita il recanatese: e si era nel 1906, 40 anni prima della succitata svolta critica di Luporini, datata 1947).

Scolasticamente parlando (ed anche dal punto di vista giornalistico), la cosa più notevole è senz’altro questa: la categoria del tanto citato Pessimismo leopardiano (chi è che non l’ha mai usata, nelle sue lezioncine, compreso lo scrivente?), è solo un’invenzione-forzatura dovuta ad un misconosciuto critico e docente universitario, Bonaventura Zumbini (successore del De Sanctis a Napoli, peraltro), il quale nei suoi “Studi su Leopardi” (1904) iniziò ad utilizzarla, senza però che questa categoria mai fosse stata sistematizzata in alcun modo, per tabulas, da Leopardi stesso, neanche nell’autentica “officina di pensiero” (Barzanti dixit) che sono le 4527 pagine dello “Zibaldone”.

Smettiamola, dunque, cari colleghi, di applicare al grande recanatese un qualcosa che semplicemente Giacomo Leopardi non ha mai definito, tantomeno enfatizzato, in nessun modo: a dirla tutta, di cui non ha quasi mai scritto. Interpretare Leopardi, certo: ma partendo dai testi, non dagli Zumbini (o dai D’Avenia) di turno…

Ps 1 Da seguire, e con la massima attenzione, gli sviluppi dello screening che sarà effettuato, prima e dopo la gara dell’Ultramarathon di domenica prossima, dai ricercatori della Cardiologia sportiva dell’ateneo senese, coordinati da Flavio D’Ascenzi: per capire una volta per tutte – il tema essendo assai controverso -, se uno sforzo prolungatissimo ed assai faticoso del corpo umano sia più benefico o più negativo per l’attività cardiologica in quanto tale.

Ps 2 In settimana, restando allo sport, ci ha lasciato Gordon Banks, monumentale portiere inglese, Campione del mondo nel 1966; figlio di minatore, le sue mani avevano assaggiato la miniera, prima dei palloni. Memorabile e memoranda la sua straordinaria parata sul colpo di testa di un certo Pelè, al Mundial messicano del 1970: una icona per tutti i numero uno, da quel momento in avanti.

Ps 3 Domani, consueto appuntamento con “Il lunedì del villaggio” (Siena tv, ore 21), insieme all’opinion leader Gabriello Lorenzini; nel menù, as usual tre argomenti: l’Urbanistica mussoliniana, di cui sopra; un commento sul libro – davvero stimolantissimo – del linguista Massimo Arcangeli (“Sciacquati la bocca!”), e poi gran finale municipalistico, con una riflessione sull’album delle figurine contradaiole che sta avendo cotal successo in città: fenomeno di cui parlar si deve, no?

17 Commenti su La domenica del villaggio: Ganz, Leopardi, Mussolini

  1. A.B. scrive:

    “Contesto di monopartitismo”, quanta delicatezza in questa definizione.

    • Eretico scrive:

      Caro A.B.,
      “contesto di monopartitismo” equivale, in Storiografia, a dittatura, più o meno ferrea: pensi che abbia problemi a scriverlo? Mi stupisco, visto che sei un lettore assiduo ed attento assai…anycase, visto che pungoli (non mi dispiace, lo sai): il Fascismo fu una dittatura con due centri di potere altri (Monarchia e Vaticano), mentre a Mosca e Berlino questi contrappesi – chiamiamoli così – non c’erano di certo.

      A Giacomo Rossi: a malincuore, ti ho censurato un intervento (per il tuo bene!); l’espressione “FACCENDIERE”, abbinata a chicchessia, è potenzialmente diffamatoria, specie se non risulta alcuna condanna a proprio carico: riformula, e verrai senz’altro pubblicato. Dai retta ad uno che ci ha battuto diverse boccate…

      L’eretico

  2. Un fan dell'Eretico scrive:

    Quindi legioni di professori ci hanno preso per il culo, facendoci studiare cose sbagliate, insistendo in continuazione sul PESSIMISMO leopardiano? Questo caro Eretico è uno scoop che altroché quelli sui personaggi della Casta senese…

    • manunta scrive:

      Quindi caro fan ,( a mio parere) chi legge poesia e poi si baca le palle con giudizi e valutazioni accademiche sulla poesia e sui poeti…….
      Per me,
      e’ un povero bischero ,che prima ancor d esserlo , s’ e’ fatto convincer d esserlo.
      Gentucola incapace di mette’ nsieme du’ versi,(i critici e l esegeti) che s atteggiano a maestri d intendimento ,decrittatori cachinnosi della loro arida e inane nullita’ .
      La poesia o ci rabbrezzi sentimento e senso da’ te, o senno’sei sodo .
      Chi scrive di poesia tassonomizzandola ,la poesia un’ e’ pe’ lui, e meno
      ancora pe’ chi poi lo legge.

      ps .giacomo ,visto che mi tiri n mezzo,abbozzala di fa’ la vittima, co’ quello che m ha censurato i Raffa in questi annetti, ci s empirebbe mezzo scaffale .
      Mai me ne son lamentato, spesso i giorno dopo l ho ringraziato.
      Belone e piagnone ‘mpermalito inutile dittelo ,lo sai ,l hai di vizio.
      Pari un cittino che va’ dal maestro a bela’ sentendosi discriminato.

      oracol di giustizia colla lagna
      che l blogghe vedi com una lavagna
      e del lamento mostri sempre l estro
      se l tema e’ cancellato dal maestro
      e a chi ti sarva lui dalle querele
      rivolgi gran belate e lamentele
      non e’ question di discriminazione
      se’ t ahi giudizio quanto l ha un popone

  3. Giacomo rossi scrive:

    Faccendiere è colui che compie traffici, affari senza apparire, senza( per sua ammissione pubblica televisiva) avere un ruolo.
    Se poi si ritiene che possa esser diffamatorio…evidentemente…
    Comunque grazie per la censura tutelativa..da oggi non sarà più necessario.
    Non hai mai censurato Manunta quando offendeva , anche volgarmente. Ma capisco che quando si toccano gli amici degli amici….ricorda però che il lupo perde il pelo, non il vizio!
    Sei un professore, anche bravo, dovresti sapere come “gira” la storia ed i suoi protagonisti. Nel caso ,se avrò occasione, né riparleremo di persona. Magari davanti ad una pizza.
    Saluti

    • Eretico scrive:

      Pizza pagata da te, caro Giacomo, avendoti fatto risparmiare parecchi soldarelli in bagatelle legali…
      Tu sapessi quante volte l’ho censurato, il buon Manunta!

      Ad majora, l’eretico

  4. manunta scrive:

    Ma’ torniamo alla poesia e ,visto che l Raffa nell articolo mette nsieme
    poesia poetologi ,e fascismo .
    Premesso che ,a mio rozzo e contadinesco parere , i versi sciolti son comodi e che i poeti spesso se n approfittano dando elegiache versioni
    di fatti dovuti a scempiaggine umana, come fossero invece disgrazie naturali.
    quasimodizzando senz arpa*,alla contadina in rima ( sicche’ col cervello acceso e non a lagna scervellata col cuoricino in mano).
    * che poi l’ arpa nel contado fiorentino sarebbe la frullana ,ovvero
    la falce fienania ,sicche quasimodo ha padellato una similitudine calzante
    assai per riconoscere l inane opportunismo dei poetucoli di fronte al fascimo ,per poi lagnarsi delle conseguenze dell occupazione nazi ,come se
    fosse piovuta dal cielo.
    attaca lui sbrodolosamente : e come potevamo noi cantare
    risponde un contadino illetterato:

    poeti e tutti cantavan giovinezza
    fin da piccini e col fez in testa
    passa la sbornia viene la tristezza

    viene quaresima dopo la festa
    la mietitrice suona lei coll arpa
    e la poeteria inane e mesta

    bela senza cervello e cambia scarpa
    stranier era alleato non si scordi
    chi poeteggia spesso l giudizio tarpa

    evita che la gente si ricordi
    e d incoscenza suona lui gli accordi
    col salice andrebbero vergati
    poeti sbrodolosi e scervellati

    Rime, non poesia, ben si badi, val piu’ un Belli di mille quasimodi
    gobbi di notre dame.

  5. manunta scrive:

    E seguito , un altro fenomeno poi ,buttatosi da volontario interventista in trincea.
    cavo’ fori du settenari sciorti ,di grande effetto evocativo
    ma’ che, appunto assimilitudinano la guerra, umana follia dov un branco
    di pecore si fa’ macellare su’ opposti fronti per la gioia di strozzini, verminaio politico,industriali e generalaglia sadica , ad un ciclo naturale ,come l alternarsi delle stagioni, e l omo che fa’? smarrito poeteggia sul suo destino, come se gliel avesse mandato chesso’ il cielo ,o chi per lui.

    capito il fenomeno? dice primavera spuntan le foglie ,estate, autunno,
    poi ti tocca , ciclo naturale , tanto poi ricrescon.

    si sta’ come d autunno
    sull alberi le foglie

    puttana sanguinaria con le doglie
    e i suoi lenoni voglion i figli morti
    figli coglioni cadon come foglie

    che di giudizio e di memoria corti
    pensan la guerra sia cosa naturale
    non si rammentan dei passati aborti

    l omo con il cervel d un animale
    scannar sempre si fa dai prosseneti
    e seguita a nciampare sempre uguale

    e a verseggiare, in settenari vieti
    a quello poi, ci pensano i poeti
    dell imbecillita’ son gl’ architetti
    uno assai bravo era l ungaretti

    E chi fa’ studiare e commentare questa merda a scuola , in trincea c anderebbe mandato lui .

  6. manunta scrive:

    SOMA (senz accento ,anzi con ,cosi’ con du’ sillabe s ottengon quattro
    significati)

    se il carico di mulo ha nome soma
    se soma poi significa anche corpo
    se l soma e’ lui parente del haoma

    se l frutto vero sta’ nell endocarpo
    se polpa asconde lei di vita l succo
    a caso tutto questo non accorpo

    cosi’ si spiega dell arconte l trucco
    chi soma porta e in lei vede la fine
    vive da bestia e poi riman di stucco

    vediamo se’ tra’ le bestie vaccine
    ci fosse gente di giudizio fine

    soma poi l’e’ anche centro di’ neurone
    ab confermi ,lui che’ un dottorone

    il resto son piagnucolii da poeti ripiegati a guardassi l bellico , lagnatori patentati in versi sciolti , degni epigoni di tempi tristi,e d omininume rincitrullito.

    Prima lezione sulle rime di manunta grebano zappatore umanista(fuori tempo) a tempo…perso.

    L inconscio si usa ,si’ , ma’ insieme ai pochi arnesi logici che la rima
    e la cadenza t’ impongono.
    V’ aiuto piccini, corpo soma, mente basto, il resto c’e’…. ma’ un si vede.
    Chi un’ lo tien presente di Durante ne faccia a meno, tanto un ci tira fori
    una segaccia d utile.
    Ps1) Lui scriveva in rima a cipolla , da’ sbucciare velo velo ognun pe’ conto suo, io v aiuto,
    un’si dovrebbe aiuta’ mai a risparmia’ fatica, ma’ giusto pe’ la prima
    lezione.(poi ,si sa’ son altri tempi ,i materiale umano un’ e’ piu’ quello,
    e mi ci mett’ anch’ io ovviamente)

    dedicato a G.B. Gelli( ciabattino ) e a giusto i’ bottaio

    ps2) Scusandomi pe’ la troppa nvadenza
    spero che i Raffa n abbia di pazienza

  7. Diamanti scrive:

    Adamantino scrive:
    22 settembre 2018 at 09:53
    Professor Ascheri questo pezzo sulla vendita dei diamanti è pieno di verità. So di dipendenti della banca costretti a comprare diamanti o a piazzarli ad amici e parenti perchè c’era il budget da raggiungere.

    Speriamo paghino i veri colpevoli, le teste pensanti.

    In campagna elettorale chi ha vinto le elezioni ha promesso la rimozione del “bello”, della “fatina” e di “forzutino”; tanti montepaschini onesti sono in trepidante attesa.

    Rispondi
    Archinto scrive:
    22 settembre 2018 at 14:29
    Codesta cosa è vera, la dice sempre anche il Tacconi

    Rispondi
    Avocato Patacca scrive:
    22 settembre 2018 at 10:06
    Professore carissimo,
    mi preme evidenziare un ulteriore profilo di illiceità nella tentata vendita di diamanti rappresentato dal fatto che i migliori clienti della banca venivano presentati (su un piatto d’argento o se preferisce di … diamanti) agli agenti di vendita della società proponente l’affare con potenziali rischi alla privacy ed all’incolumità dei clienti stessi.
    Chi pagherà per tutto questo ?
    I soliti funzionari di bottega o le vere punte di diamante della banca ?

  8. sabrina pirri scrive:

    Aggiungo al tuo commosso obituario la menzione di 2 film di 2 grandi registi, l’uno di Rohmer del ’75: la Marchesa von O. dall’omonima novella di Kleist, l’altro di Tanner dell’83: Dans la ville blanche. Nel primo è il conte russo, nel secondo un marinaio spaesato. Due interpretazioni magistrali. Inoltre Ganz aveva ricevuto l’anello di Iffel, che gli attori di lingua tedesca si tramandan dai tempi di Goethe.

  9. sabrina pirri scrive:

    Errata corrige: IFFLAND, l’aveva ricevuto nel ’96.

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