Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Bologna, Bartali, Monastero (e 2 Ps) - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Bologna, Bartali, Monastero (e 2 Ps)

Eccoci al consueto appuntamento con la rubrica cultural-domenicale del blog, blog che in settimana sarà silente e che, forse, tornerà domenica prossima con un reportage di viaggio; per oggi, in cartellone i 40 anni della Strage di Bologna, con qualche novità all’orizzonte; un libro su Gino Bartali, per partecipare a modo nostro alla Eroica, e poi – per la rubrica del camminatore estivo – un luogo ove arrivare pedibus calcantibus, per conoscere meglio la città in cui si vive, e della quale molti credono di conoscere tutto, non sapendo invece, purtroppo, quasi niente.

BOLOGNA, 2 AGOSTO 1980

Anniversario pari pari – i 40 anni -, e forse non del tutto, amaramente, inutile come purtroppo gli altri, questo dell’orrenda strage della Stazione centrale di Bologna: no, non fu una caldaia ad esplodere, alle 10,25 di quella mattina, con tanti italiani che partivano per le ferie agostane. 85 di loro, le vacanze non se le sono mai più potute permettere, e non per motivi economici o familiari…

Essenzialmente due le novità di questi giorni, oltre al ritorno di un Presidente della Repubblica sul luogo della strage (prima di Mattarella, solo Pertini): in primo luogo, l’ipotesi che Bologna sia stata orchestrata e gestita per coprire, mediaticamente e politicamente, l’indicibile verità su Ustica (il 1980 come il 1992, con Falcone e Borsellino: è l’anno dell’uno-due, del crescendo di drammaticità), all’insegna dell’adagio – purtroppo efficacissimo – della “strage che scaccia strage”, con la nuova prevalente sulla vecchia, peraltro di poco più di un mese prima; in secondo luogo – come rivelato da L’Espresso – sembra ormai acclarato che Licio Gelli abbia fornito denaro, di sua pertinenza, agli assassini. Era l’Italia della P 2, che aveva davvero infestato tutti i gangli dello Stato, incistandolo di sè nel modo più vergognoso possibile. Gelli non solo depistatore, dunque, ma anche finanziatore occulto.

Resta, come di consueto in una Italia avvezza alle mezze verità, l’amarezza di fondo: la verità della Magistratura, con le sue condanne al terrorismo di estrema destra ( terrorismo che non ammette alcunchè, a 40 anni di distanza: ma come si potrebbe rivendicare una strage così, con tutta la buona volontà?), le cui conclusioni però di fatto confliggono con un paio di Commissioni di inchiesta parlamentare, soprattutto una delle due sul Caso Moro.

Ed ancora una volta, quindi, come per tanti altri misteri – completi o parziali – d’Italia, non si può che rilanciare ciò che ha chiesto nei giorni scorsi Ferruccio De Bortoli (nel 1980 giovane giornalista economico del Corriere della sera, quotidiano infiltratissimo dalla succitata P 2): ma possibile che in 40 anni – tanto per Ustica come per Bologna – non ci sia qualcuno che sapeva sul serio il quale, magari sul letto di morte, per lavarsi quel che resta della coscienza, non abbia sentito il bisogno (non il dovere: il bisogno!) di dire ciò che sapeva?

GINO BARTALI: UN CAMPIONE, IN TUTTI I SENSI

Difficile non cadere nell’agiografia, scrivendo di un campione del ciclismo e di un uomo come Gino Bartali, davvero difficile; è cosa ardua, giacchè il Gino nazionale non era solo un formidabile scalatore di Alpi, Pirenei ed Appennini, ma è stata una figura capace di lasciare il suo sigillo personale sulla Grande Storia: qualche volta in modo involontario, di certo almeno in parte sofferto (sfruttamento propagandistico da parte del Fascismo, nel 1938 soprattutto, in chiave antifrancese: gli fu impedito di partecipare al Giro, per risparmiare le forze per il Tour della Francia del Fronte popolare); altre volte, in modo del tutto volontario e – potremmo dire – arditamente volontaristico, come per l’aiuto agli ebrei fra il 1943 ed il 1944 (esempio del miglior cattolicesimo manzoniano, secondo il quale il Bene si deve fare, e non raccontare), per non parlare di quel successo alla Cannes-Briancon (correva il luglio 1948) che, pur senza enfatizzare alcunchè, certamente contribuì a rasserenare gli animi di molti italiani, i quali erano pronti alla guerra civile per vendicare il vile attentato a Palmiro Togliatti (dalle parti dell’Amiata, a maggior ragione).

Giancarlo Brocci – per chi non lo sapesse, il demiurgo delle Strade bianche – a Bartali, ma più in generale alla concezione davvero eroica del ciclismo d’antan, ha dedicato la sua ultima fatica letteraria, che abbiamo presentato venerdì scorso in Fortezza (“Bartali l’ultimo eroico L’uomo di ferro nato per il Tour”, Minerva editore); ne è venuto fuori il quadro di una persona – eccola l’agiografia, però meritatissima – che durante la Guerra si faceva circa 400 km al giorno per andare a portare documenti che potevano salvare ebrei, come in effetti fu. Lo ha ricordato Paolo Alberati, intervenuto in Fortezza insieme allo scrivente ed all’autore. Atleta fuori dal comune, Bartali, capace per esempio di bere pochissimo anche durante ore di pedalate iper assolate (pare che alla fine delle tappe più accaldate, mezza borraccia fosse sempre piena). Riposi in pace, perchè pochi come lui il riposo se lo sono davvero meritato…

L’ANGOLO DEL CAMMINATORE: MONASTERO

Che ci si arrivi da Costafabbri o da qualunque altra direzione, che ci si approdi con un passo più o meno spedito, l’approdo in quel di Monastero (o Monistero, che dir si voglia) conserva intatto un suo fascino, che gli anni solo in minima parte intaccano. C’è chi ci viene per riempire le bottiglie o le damigiane di acqua, nel fontino sotto alla chiesetta di San Bartolomeo in Monastero (l’abbiamo fatto anche noi, dopo anni di astinenza: certo che per raccattare un po’ di acqua fresca, si rischia lo shock anafilattico, stante la presenza di vespe che allietano la permanenza davanti al fontino); c’è chi ci viene a trovare i suoi cari, nel minuscolo cimitero di campagna (il più vicino alla città, diremmo), ubicato proprio sotto alla succitata chiesa.

Pochi ormai sanno che in questo luogo, nel luglio del 1554, si combattè una battaglia fra le più importanti, all’interno della Guerra di Siena: vinsero i senesi, guidati dal fiorentinissimo Piero Strozzi, ma non seppero approfittare della vittoria, in quella che il Monluc (nella bella traduzione dal Francese fattane da Mario Filippone) definisce nei suoi Commentari come “Scontro di Sant’Abbondio”, aggiungendo che “il Marchese (il Marignano, a capo delle truppe medicee, Ndr) mi disse che se ci fossimo spinti più a fondo, avremmo portato il disordine fra le sue truppe e le avremmo messe in fuga disperdendole”. Virtual history, ma chissà che sarebbe accaduto, quel giorno di luglio, se le truppe repubblicane avessero insistito…

Ma la Grande Storia non approda solo per il XVI secolo, in quel luogo che era il cuore della Contrada della Quercia, poi inglobata dalla Chiocciola, nonché unico luogo extra moenia di Siena facente parte del Bando di Violante: se avete occhi almeno discreti, vi accorgerete di una lapide – posta all’ingresso del Monistero stesso – che ricorda un fatto forse noto solo ai pochi residente in loco (forse).

Il 30 giugno del 1944, infatti, una bomba sarebbe stata gettata davanti a Monastero, contro i tedeschi in fuga, ma sarebbe rimasta inesplosa; fra Storia e leggenda, come si dice. A Monistero, però, la Storia è passata sul serio, e più di una volta: che bello, se qualcuno anche se ne ricordasse…

 

Ps 1 Alan Parker, grande regista inglese (francamente, avevamo sempre creduto americano), ci ha lasciati a 76 anni, in settimana; insieme a musical considerati pietre miliari (ma sia perdonata l’idiosincrasia dello scrivente per il genere in questione), è rimasto nella memoria per alcuni film, di grande efficacia, di impegno civile, la cui visione andrebbe inserita nelle programmazioni scolastiche (invece di parlare di boiate come la questione dei banchi): “Birdy. Le ali della libertà” (sul dramma della malattia mentale); poi “Fuga di mezzanotte”, che mostra – da una storia autentica – come il sistema carcerario turco (anche nel pre-Erdogan) non fosse proprio improntato al Beccaria; infine, il nostro preferito in assoluto: “Mississippi burning” (1988), film definitivo sulla questione razziale nel Sud degli States nei Sessanta.

Ps 2 Franca Valeri ha compiuto, ieri l’altro, i suoi primi cento anni (ed in settimana ci ha lasciato Gianrico Tedeschi, anche lui centenario: il teatro rende longevi, eh!): è stato un autentico piacere rivederla, nella calura della serata del 31 luglio, in uno speciale a lei dedicato (prime time di Rai 5); una attrice (di teatro, ma anche di cinema e di televisione) capace di sprizzare simpatia ed ironia, dunque intelligenza, da tutti i pori. Senza essere una sola volta, in una carriera parecchio lunga ed articolata, volgare. Sequenza cult, fra le tante? Lei che torna in villa (sua), in campo lungo, alle spalle di Alberto Sordi che iniziava a godersi lo stato vedovile (ne “Il vedovo”, per l’appunto): il treno dell’incidente l’aveva perduto, e così era tornata dal suo amato “cretinetti”, la Franca…

3 Commenti su La domenica del villaggio: Bologna, Bartali, Monastero (e 2 Ps)

  1. alberto bruttini detto "il Cacaccia" scrive:

    la cosa principale di Monastero è che c’è nato il mi’ babbo (Amato) insieme ai suoi fratelli -Primo, Terzilio, Armando.
    Tutti ovviamente Chiocciolini

  2. Paolo Panzieri scrive:

    BOLOGNA, 2 AGOSTO 1980
    ———————-
    Ci sono passato in treno qualche ora prima del botto in viaggio per l’Inghilterra. All’arrivo vedendo le immagini in TV ho sudato freddo.

    BOLOGNA, 2 GENNAIO 1990
    ———————–
    In transito da Siena a Taranto (siamo messi così coi treni noi a Siena …) per il CAR (SARAM) dell’Areonautica, vedemmo l’orologio fermo con l’ora dell’attentato e lo strappo nel muro lasciato a vista.
    L’atmosfera era già lugubre (“donare” un anno buono, di quelli che servono a trovare il proprio posto nella vita, alla Patria non era proprio il massimo), vi lascio immaginare l’impressione …

    Io credo che per i terroristi, stragisti di ogni razza, credo e colore, in mancanza – per fortuna – della pena capitale ci possa e debba essere solo l’ergastolo, quello vero: ‘fine pene mai’.
    Invece sono tutti fuori, non solo i brigatisti rossi, ma per una volta pure i neofascisti.
    Quindi – per una volta – proprio tutti.

    In prigione ormai c’è praticamente solo Battisti, ma lui – si sa – ci è entrato di rincorsa … ma esce presto anche lui, tranquilli.

    Che vergogna.

  3. Capitan Harlock scrive:

    A Monastero ho passato gran parte della mia infanzia ed ho ricordi bellissimi di quelle mura, di quelle strade con i tigli secolari con Siena sullo sfondo ma così vicina che pare di toccarla…al tempo c’erano ancora le suore ed il loro asilo che io ho frequentato. C’erano gli orti e la peschiera con i pesci rossi, la piccola processione e la festa di settembre insieme a tanti sapori ed odori che venivano da un passato fiero ed autentico, consapevole della bellezza dei luoghi e della tradizione che ormai rimane un ricordo dentro di me, visto che tempi moderni hanno portato all’abbandono ed al degrado di questo patrimonio, spesso dimenticato come tanti altri nei dintorni di Siena.

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