Eretico di SienaLa domenica del villaggio: "Il giovane favoloso" - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: “Il giovane favoloso”

- 26/10/14

Questa domenica, verrebbe ovviamente da scrivere di Mps, ma lo faremo domani; buttiamoci invece sulla Cultura, con una puntata monografica dedicata al film su Giacomo Leopardi “Il giovane favoloso”, con regia di Mario Martone.

 

CAPOLAVORO O MEZZA DELUSIONE?

C’era chi si aspettava di più, e quindi – arrivato in sala con abnormi aspettative – ne è uscito in parte deluso: resta però il fatto che il film di Martone, pur con elementi di opinabilità critica, resta alla prova dello schermo un buon film, che si porta dietro un’eccellente operazione culturale: quella di fare riscoprire (o scoprire tout court) Leopardi ai cittadini di quella Nazione cui il poeta, in vita, agognava.

L’Italia di oggi è, culturalmente parlando, la Recanati di allora: di quando il conte Monaldo aprì la sua grande biblioteca al centro del paese, in modo gratuito, e la stessa rimase desolatamente vuota; non è forse una straordinaria metafora del rapporto fra lettura, letteratura e pubblico dell’Italietta di oggi? Italietta in cui il grande pubblico o non legge neanche sotto tortura, o legge libri di cucina ovvero di autori alla Fabio Volo (e c’è molto, molto di peggio…).

Semmai, c’è da dire che i molti che hanno visto nel film martoniano un tentativo di darci un’idea altra di Leopardi (Saviano su L’Espresso, per esempio: “Il Leopardi liberato. Ironico. Appassionato. Rivoluzionario. Finalmente lontano dai luoghi comuni sulla bruttezza e l’infelicità”) hanno equivocato di brutto: giacchè nel film di Martone l’immagine che viene fuori è di un Leopardi diverso da quello polveroso della scuola, a patto che la biografia del poeta (attraverso soprattutto le lettere familiari) non la si conosca, o che a scuola si abbiano avuti docenti davvero mediocri e pedanti, per non aggiungere altro. Perché che Giacomo fosse pieno di desiderio (di gloria, di novità, di Amore, di carnalità et alia), lo si sapeva bene, quindi non è certo il film ad insegnarlo; il merito del regista è piuttosto quello di offrirci un Leopardi (Epistolario alla mano) filologicamente quasi impeccabile (a parte la sequenza – del tutto inventata – del femminiello partenopeo e pochissimo altro), con capacità visionarie – tipo il finale, con La ginestra recitata davanti allo “sterminator Vesevo” eruttante – che rendono la pellicola qualcosa in più di un film di alta divulgazione (sulla scorta dei film storici di Roberto Rossellini, per esempio).

“Il giovane favoloso” è diviso in tre parti: la Recanati dello “studio matto e disperatissimo”, dell’amore per Teresa (Silvia) e del complesso rapporto con il pater familias Monaldo nonché con l’integralista madre Adelaide (con incursioni della macchina da presa anche nella parte non visitabile del palazzo avito); la Firenze della delusione amorosa con Fanny Targioni-Tozzetti (una sensuale ed accattivante Isabella Ragonese), con lo stare insieme di Leopardi, Ranieri e della donna, che, in certi momenti, fa pensare da vicino al “Jules e Jim” di truffautiana memoria; infine – dopo un rapido passaggio nella Roma papalina – Napoli: una città in preda al colera, alla dissolutezza del lupanare ed al vino, in cui o’ ranavuottolo (soprannome partenopeo di Giacomo) inizialmente bene si trova, per poi arrivare a detestare ferocemente i lazzaroni che la popolano (l’unica città in cui Leopardi scrive di essersi trovato davvero bene fu Pisa).

Martone ha il merito di dirigere un’opera su un personaggio che ben conosce, per la pregressa esperienza teatrale (concernente le Operette morali), e la sceneggiatura – scritta con la compagna Ippolita Di Majo – lo dimostra inequivocabilmente; la fotografia di Renato Berta, con chiaroscuri quasi caravaggeschi reiterati, è eccellente; la musica – fondendo Rossini con Sascha ring – dà una chiave di lettura che va al di là dell’hic et nunc del “secolo superbo e sciocco”.

Magistrale, monumentale la prova di Elio Germano, che sa offrire al “suo” Giacomo credibilità impressionante: classe 1980, è di poco più giovane del poeta morente in quel di Napoli (39 anni), e molto più avanti con gli anni, ovviamente, del Leopardi recanatese. Eppure Martone non ha avuto bisogno di due attori! Prova attoriale dunque straordinaria, realmente da metodo Stanislaskij.

Abbiamo trovato un De Niro anche a casa nostra?

Per concludere: servirà a fare meglio conoscere Leopardi, questo film, ovvero sarà solo un fuoco di paglia, nella migliore tradizione italiota?

“Il nome della rosa”, agli inizi degli anni Ottanta, rese tutti gli italiani alfabetizzati esperti (molto presunti…) di Medio evo e di dispute teologiche fra benedettini e francescani, fino a quando durò l’onda lunga del romanzo, poi del film; adesso, non ci sarebbe da stupirsi di vedere nascere ex abrupto esperti di Leopardi a destra e manca.

Ad ogni buon conto, il grande successo di pubblico un po’ consola e rinfranca: e sta a tutti gli operatori culturali cercare di fare in modo che il meritorio lavoro di Martone non si riveli, appunto, solo un fuoco di paglia…

 

Ps Ad un certo punto, il Tommaseo pronuncia una frase su Leopardi velenosa assai (sul fatto che di Leopardi sarebbe rimasto ben poco post mortem: neanche la gobba). Sommessamente: aveva decisamente sbagliato previsione…

17 Commenti su La domenica del villaggio: “Il giovane favoloso”

  1. Anonimo scrive:

    Erratum: Isabella Ragonese
    Corrige: Anna Mouglalis

    La prima recita Paolina

    • Eretico scrive:

      Ringrazio i due attenti lettori per la segnalazione!
      La Targioni-Tozzetti è Anna Mouglalis, non la Ragonese.
      Chiedo venia…

      L’eretico

  2. anonimo scrive:

    Caro Eretico
    io penso che il Tommaseo avesse ragione. Il leopardi è un uomo del suo tempo, con delle sofferenze che riguardano la sua persona e agli altri non interessano. Io lo riassumo nell’infinito, da dove dietro un cespuglio ci vede quello che vuole. Poi alcuni lo possono anche studiare ma alla massa non interessa.
    Riguardo alla biblioteca del padre piena di libri stantii, non interessavano di certo a nessuno. Va considerato il rinnovamento delle biblioteche nelle capitali d’Europa,
    e le persone che leggevano lo sapevano.
    Caro eretico non si può mettere un getone telefonico in un iphone.

    • L'Anticlericale scrive:

      Io credo che se lei valuta Leopardi sulla base della sola lirica non può che averne un’immagine molto parziale. Il pensiero e la filosofia leopardiani sono di una levatura indicibile. Sono convinto che se si leggerà la prima delle Operette Morali, e cioè “la storia del genere umano”, si ricrederà immediatamente.
      Sono d’accordo su una cosa però: sul fatto che di Leopardi non ce ne è rimasto a sufficienza. Se fosse stato compreso da prima, non tanto come letterato ma come uomo di filosofia, e se avesse potuto ricevere più considerazione di quel baciapile del Manzoni, verosimilmente oggi vivremmo in un paese ben più civile.

      • anonimo scrive:

        Caro Anticlericale
        Il Manzoni era un fratello massone, tanto quanto mi fu detto nella mia gioventù da un massone svizzero di elevato grado. E mi disse per capirlo bisognave essere iniziati.
        Quindi non era un baciapile.

        • L'Anticlericale scrive:

          Caro Anonimo, che il Manzoni non fosse credente mi risulta difficile crederlo, vista l’evoluzione del suo pensiero verso il giansenismo a partire da posizioni atee. Tuttavia, anche se lei avesse ragione, la scelta di mettere il Manzoni con la sua Provvidenza alla base del canone e del progetto culturale italiano ha di fatto orientato questo paese ad essere bigotto ed asservito ai porporati.

  3. Amico T scrive:

    In larga misura concordo; è un film imperfetto (tipico di Martone, peraltro), ma fossero tutti imperfetti così…
    Un unico appunto: Fanny Targioni-Tozzetti è interpretata da Anna Mouglalis, la Ragonese interpreta Paolina Leopardi

  4. precisino scrive:

    altro piccolo appunto: non è un femminiello, ma un ermafrodito che dal punto di vista simbolico e platonico assume altri significati.

    Più che il Rossellini divulgativo nel finale c’è proprio il Rossellini supremo di Viaggio in Italia.

  5. foloso scrive:

    Per scoprire l’attore Elio Germano consiglio a tutti di vedere La Nostra Vita di Lucchetti…..strepitosa la scena in cui canta una canzone di Vasco…ho pianto come un bambino…

  6. Luigi De Mossi scrive:

    Ho visto anch’io il film e devo dire che mi è parso più un film-tv che un film vero e proprio.
    Ci sono dei passaggi buoni ma Martone ci aveva abituato a ben altro.
    Penso a “Morte di un matematico napoletano” con quel virato seppia che fotografava una napoli suggestiva e antica al tempo stesso.
    Troppo corrivo e sbrigativo in alcune parti altre invece sono di un livello buono. Nell’insieme non mi è parso un capolavoro a parte la prova d’attore di Germano: rimarchevole.
    Luigi De Mossi

  7. Tanacca. scrive:

    …..chi lo dice al Lorenzini Alessandro,noto tuttologo,che sul Monte dei Paschi c’e’poco da scherzare?

  8. Colui scrive:

    contropiano.org/cultura/item/27159-il-giovane-favoloso-come-imparammo-a-non-preoccuparci-e-ad-odiare-leopardi

  9. Beatrice scrive:

    Al Sig Lorenzini noto seguace della casta senese frega poco di quanto accade alla citta’ e ai senesi. Lui coperto ed allineato. Soldato Lorenzini fanali…presente

  10. Silvia Tozzi scrive:

    Provo molta gratitudine per Martone e Ippolita di Majo, per averci proposto -al di là delle possibili critiche- un Leopardi vivo, che parla al nostro presente, in un film dove la biografia si fonde con l’opera poetica e il pensiero. Credo che il loro messaggio non sarà un fuoco di paglia, per merito non piccolo dello straordinario Elio Germano. Del resto c’è un nuovo interesse per Leopardi anche fuori d’Italia, se – a quanto pare- perfino lo Zibaldone è stato tradotto in inglese.
    Ritraendosi dalle ideologie e dalla retorica, Leopardi si esponeva alla incomprensione dei contemporanei; nella sosta a Firenze,si coglie la sua solitudine non solo per il rifiuto di Fanny, per il giudizio miope del Tommaseo, ma anche perché il suo pensiero è ben superiore a quello dei dignitosissimi liberali,i suoi”amici di Toscana”.
    E aveva trovato un timbro tutto suo anche nella poesia, non appesantito dall’enorme erudizione accumulata fin da bambino. Forse fu il ricordo del tempo della fanciullezza,che lui stesso definì “favoloso”, a preservarne l’aspirazione alla felicità, anche nella disperazione causata dalle sofferenze fisiche e morali che l’afflissero. De Santis, che l’aveva incontrato solo una volta a Napoli, scrisse che “tutta la vita s’era concentrata nella dolcezza del suo sorriso”.

  11. L'Anticlericale scrive:

    Eretico, io ci sono stato ieri a vedere il film. Era il primo film di Martone che vedevo, per cui mi astengo da qualsiasi paragone con altre opere dello stesso regista. Io sono un appassionato di Leopardi, ed a causa di questo avevo paura di avere aspettative troppo alte e di rimanerne deluso. Invece a me è parso veramente un bel film: innanzi tutto per quella precisione filologica che lei ha sottolineato, chi ha letto i Pensieri o qualche epistola può riconoscere immediatamente tutte le moltissime citazioni (a volte riprese pari pari) contenute nei dialoghi e nei monologhi. Precisione che tocca anche la figura della madre, trattata anzi con i guanti di velluto, visto che nel suo bigottismo riteneva che bisognasse rallegrarsi della morte dei bambini battezzati perché sarebbero certamente entrati in paradiso senza dover spendere per l’educazione (sic.). La fotografia è bellissima e Elio Germano è bravissimo, degno di nota in quella scena onirica che traspone il dialogo della Natura e di un islandese. Il fatto che il regista si sia preso un paio di licenze non mi pare da stigmatizzare, hanno comunque una funzione narrativa. LA cosa che più ho apprezzato, e sarei curioso di sapere se ne conviene con me, è il fatto che il regista abbia insistito più volte sulla difesa dell’intelletto di Leopardi, cercando di contrastare quella tendenza della critica a banalizzarne il pensiero attribuendo alle difficoltà fisiche quella malinconia, quell’infelicità. Molti soffrono o hanno sofferto come Leopardi, ma solo lui ha scritto La Storia del Genere Umano.

  12. Simplicio scrive:

    … tratto da Leopardi, suggerirei anche questo vecchio mediometraggio di Olmi https://www.youtube.com/watch?v=x1ypVAuqirU

  13. Fischerweise scrive:

    Non benedettini, ma domenicani.

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