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Zibaldone domenicale: la morte di Giap,il Napoleone rosso

- 06/10/13

 

 

Una settimana contraddistinta da molte notizie luttuose nel mondo del cinema (il suicidio di Carlo Lizzani, ieri; la morte di Giuliano Gemma martedì notte, reduce dal Premio alla carriera che lodevolmente Mapi Corbelli gli aveva attribuito proprio domenica scorsa, al termine della visione del migliore dei suoi film, “Il deserto dei tartari” di Florestano Vancini), questa appena conclusa.

Avrei voluto parlare di nuovo del libro di Corrado Augias sulla Madonna (lo farò di certo), ma, di fronte a ciò che è successo 48 ore or sono, la Madonna può attendere (come il Paradiso, no?).

Il più grande uomo d’armi, il più lucido stratega del XX secolo, infatti, alla venerandissima età di 102 anni ha lasciato il suo popolo, il popolo vietnamita: il Generale Giap è morto.

Fra i vari soprannomi, gli era stato assegnato quello di “Napoleone rosso”: corretto fino ad un certo punto, giacchè il Bonaparte come sappiamo conobbe anche sonanti sconfitte (non solo Waterloo), mentre Giap non ha conosciuto altro che vittorie. Questo è il suo, quasi incredibile, tratto distintivo. E sempre – ribadiamo, sempre – al cospetto di eserciti molto meglio armati e, spesso, più numerosi.

Elencando solo le tre guerre principali, seppe tenere testa e infine sconfiggere (senza ausilio di bombe atomiche…) l’esercito nipponico, al termine di 5 lunghissimi anni di resistenza (1940-1945). Ho Chi Minh aveva visto bene, nell’affidargli un’enorme responsabilità, nonostante allora Giap fosse giovane (era nato nel 1911).

Quello che si pensava potesse essere il culmine della gloria militare, fu l’incredibile vittoria contro la grandeur francese a Dien Bien Pouh, nel maggio del 1954: un trionfo su cui nessuno, alla vigilia, avrebbe legittimamente scommesso un soldo. I francesi dovettero abbandonare, con la coda fra le gambe, l’Indocina (si veda “Apocalypse now” nella versione completa: qualcuno restò, dei francesi, in mezzo alla giungla); aprendo così, tra l’altro, la strada al nascente spirito irredentista algerino, che seppe galvanizzarsi al massimo grado proprio in virtù dell’esempio di Giap e dei suoi soldati. Forse senza rendersene conto, quella giornata del 1954, grazie al genio militare di Giap, fu quella che aprì definitivamente le porte alla fine del colonialismo che avrebbe interessato tutta l’Europa (tranne il Portogallo, caso particolare).

Ma due successi storici, per il “Napoleone rosso”, ancora non bastavano: bisognava vincere ancora, e contro il più potente esercito del mondo, allora come oggi. 11 anni di guerra (prima, non si può definirla tale), per arrivare agli elicotteri USA che abbandonano il Vietnam, nel 1975.

Minimo comune denominatore dei tre clamorosi successi (ci sarebbe anche quello – offensivo, stavolta, più che difensivo – contro  la Cambogia di Pol Pot!), l’intelligenza e la raffinatezza della strategia; una vittoria che mi piace definire “darwiniana”: i suoi soldati hanno vinto sempre, perché si sono saputi adattare al meglio (e molto meglio dei loro nemici) all’ambiente che li circondava.

Hanno sfruttato la loro bassezza per muoversi e spostarsi in cunicoli minuscoli (“dove passa una capra, passa un soldato; e dove passa un soldato, passa un esercito”); hanno tesaurizzato la loro migliore conoscenza del territorio, diventando un tutt’uno con la vegetazione, con la loro straordinaria capacità mimetica; hanno infine capitalizzato in modo straordinario la loro abituale sobrietà alimentare, nutrendosi di solo riso e tè per giorni e giorni.

Negli ultimi 30 anni, Giap si era ritirato dalla vita pubblica, sia politica che militare, per ovvi motivi di età; ha vissuto omaggiato e quasi venerato dalla sua gente, come assolutamente meritava.

Dell’ultimo Giap, si ricordano solo delle ieratiche intemerate contro la consumer society che stava attanagliando ed ammorbando il suo popolo. Sapeva benissimo che la tempra dei soldati della sua generazione, i giovani vietnamiti, cresciuti all’occidentale, non ce l’avrebbero avuta, al giorno d’oggi.

A pensarci bene, questa, forse, è stata la sua unica sconfitta…

15 Commenti su Zibaldone domenicale: la morte di Giap,il Napoleone rosso

  1. anonimo scrive:

    Caro Eretico
    Condivido la tua analisi in tutto, solo penso che vincerebbe anche oggi. A parte la leggenda del soldato, del riso e del te, la realtà è che vi era anche che qualcuno gli riforniva le armi. Potremmo paragonare le guerre di oggi alle guerre puniche. Da una parte Cartagine con una grande flotta e molte colonie che gli servivano per i commerci. Arricchivano cartagine, ma costavano molto e per di più lasciano molta povertà. Roma aveva un territorio che per buona amministrazione era fedele.
    La grande forza di cartagine era la flotta, con grandi navi, niente potevano fare le piccole triremi romane. Un giorno ad uno venne in mente di fare un piccolo ponte con un rostro e lo mise sulle triremi. Quando le due flotte vennero a contatto con i piccoli ponti agganciarono le grandi navi , le centurie con i piccoli gladi salirono a bordo e distrussero e annientarono l’intera armata Cartaginese. Da allora Cartagine non fu più la stessa.

  2. Francesco scrive:

    Un paio di appunti: il film “Il deserto dei Tartari” è di Zurlini e definire “bassezza” la bassa statura non è molto bello a leggersi.

  3. Anna scrive:

    Non vorrei fare la maestrina, ma il film tratto da “Il deserto dei tartari” è di Valerio Zurlini

  4. Luigi De Mossi scrive:

    Caro Professore ottimo articolo, più che post, rapido ma completo.
    Due brevissime e personalissime considerazione: 1- Giap è stato un genio strategico e militare perchè fu l’unico (insieme a Fidel Castro) a trasformare la guerriglia che è, per definizione, di gruppuscoli in guerra di popolo su scala nazionale; 2- vinse perchè non dovette mai fare i conti con un’opposizione interna e con la conta delle perdite di combattenti subite.
    “Potete uccidere dieci miei uomini per ognuno dei vostri che io uccido. Ma anche così, voi perderete e io vincerò. »
    (Ho Chi Minh)

    Luigi De Mossi

  5. precisino scrive:

    Non Vancini, ma Valerio Zurlini. I due erano amici ed avevano condiviso gli esordi cinematografici, ma in termini di linguaggio filmico e direzione erano quanto più distanti possibile.

  6. witch scrive:

    sarà che quando c’erano i comunisti, quelli veri, le cose andavano meglio? Anche a Siena se non sbaglio fino all’avvento degli arrampicatori non i risulta che alcun amministratore si sia arricchito a spese pubbliche… o mi sbaglio?

    • JFK scrive:

      E’ VERO NIENTE ARRICCHIMENTI PERSONALI, SEMMAI GENEROSE CONTRIBUZIONI ALLA CASSA DEL PARTITO E RACCOLTA DI CONSENSI (inezie se confrontate con quello che e’ accaduto dopo!!!!)

      • wolf scrive:

        di quale epoca parli? sono mio padre è stato amministratore di questa città, ha una casa popolare pagata in 25 anni e una pensione di 1.200 euro, un utilitaria e risparmi quasi nulli. Si lavorava per un’ideale o per “la grana”? Visto che ragioni solo in questo modo, penso che tu sia tra la marea che parametra tuto solo ai soldi. Predichi bene e se tu potessi razzoleresti malissimo.

  7. Pol Pot scrive:

    Sinceramente questo panegirico del generale Giap a me pare un tantinello esagerato ed abbastanza superficiale.
    Infatti, i giapponesi furono sconfitti altrove ed i vietnamiti beneficiarono semmai delle loro armi abbandonate.
    I francesi erano al tramonto: ne buscarono pure in Algeria senza generalissimi o jungla che tengano ….
    A Dien Bien Phu gli andarono in bocca, bastò un po’ di antiaerea per isolare i paracadutisti legionari francesi e prenderli per sfinimento (anch’io sto semplificando un po’).
    Comunque vinse.
    Ma, nell’occasione, i viet cambiarono solo padrone, passarono da Parigi a Mosca …..
    L’appoggio sovietico fu importante, anche se i compagni russi inviavano in Indocina non certo il loro materiale migliore.
    I famosi aerei MiG, per esempio, erano privi di ogni apparecchiatura evoluta.
    I cosiddetti (dai russi) “migs for the monnkies” (i vietnamiti).
    Vedi Eretico che, con la caduta del muro, piano piano la storia si sta riscrivendo … era solo un modo diverso (socialista?) di colonialismo.
    Con gli americani, però, le perse TUTTE dall’offensiva del Tet a Khe Sanh.
    Come è già stato scritto, gli americani persero la guerra sui teleschermi non sul campo di battaglia.
    Infatti, fu solo dopo il loro ritiro che il nord occupò il sud vietnam, abbandonato al suo destino.
    A proposito di film, Apocalypse Now ricostruisce al meglio i motivi di una vera e propria auto-sconfitta. Del tutto politica, non certo militare.
    Insomma, tre vittorie, la prima e la terza per abbandono del campo (2 a zero a tavolino) e la seconda con la penultima in classifica (l’ultima era il portogallo coloniale di Salazar).
    Fu vera gloria?
    Ai posteri l’ardua sentenza.
    In ogni caso riposa in pace, vecchio leone.

  8. MARCO scrive:

    bella questa analisi sul grande Giap.

  9. Daniela scrive:

    Colgo l’occasione ,visto che è stata citata , di suggerire un riconoscimento tutto senese( Un Manngia ) per Mapi Corbelli , che tanto ha fatto per dare lustro a questa città.

  10. JFK scrive:

    Andatevi a leggere il piano di ristrutturazione varato oggi dal Monte: altro che lacrime e sangue : è una strage!!!!

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