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Zibaldone: Ezio Raimondi, Via Rasella ed altro ancora…

Nei giorni scorsi, ci ha lasciato il grande critico letterario Ezio Raimondi (classe 1924), studioso di Dante, Machiavelli, Tasso ed altri. Gabriele Pedullà – sul Sole culturale di oggi – lo descrive come anche un grande oratore (“perfetta fluidità dell’eloquio anche nella costruzione delle più vertiginose subordinate, capacità di spaziare senza sforzo apparente tra gli argomenti più diversi con incredibile competenza ed erudizione”).

Di lui, restano anche (e soprattutto) i saggi sul Manzoni, in particolare “Il romanzo senza idillio” che, a metà dei Settanta, propose spunti assai stimolanti. Per esempio, quello di Renzo Tramaglino come “eroe cercatore”: per il valligiano uscito dalla penna manzoniana, infatti, l’ingresso a Milano (dal Capitolo XI del romanzo, subito dopo i due Capitoli dedicati alla monaca di Monza) ha un valore quasi iniziatico, una sorta di Odissea del povero Renzo, in fuga da don Rodrigo. In effetti, il valligiano entra in quel preciso momento in contatto con la realtà urbana, di una Milano squassata dalla mancanza di pane (e dalla vicina guerra mantovana), stante la demenziale politica populista del Ferrer: l’ingresso del promesso sposo nella Storia – ci suggerisce Raimondi -, lo vede subito alle prese con un mondo la cui complessità non può che sfuggirgli. Come sarebbe potuto essere altrimenti?

Gli uomini che fanno la Storia – come si sa – non sanno che Storia fanno; figuriamoci se un giovane valligiano li può aiutare, verrebbe da dire…

 

Settantesimo anniversario dell’attentato di Via Rasella, il 23 marzo 1944: come non scriverne, almeno un po’? Ed allo stesso tempo: come non ripetere cose già scritte, in questo blog e da tantissimi storici, giornalisti, attivisti politici?

I fatti sono talmente noti, che non vale neanche la pena ripercorrerli, in questo caso; per quello che vale, ciò che ebbe a scrivere l’ex agente Cia di stanza a Roma in quel periodo, Peter Tompkins, è cosa buona e giusta: se i partigiani gappisti, quel giorno, avessero provato ad attaccare i nazisti in Via Tasso, o avessero provato ad ammazzare – per dire – Herbert Kappler, avrebbero dimostrato ancora più coraggio, ed avrebbero fatto un’azione di indiscussa importanza. Invece attaccarono un gruppo di nazisti altoatesini che avevano optato, dopo il 1939, per la Germania hitleriana, piuttosto che per l’Italia fascista (scelta del tutto coerente con il loro background, per altro).

Ciò detto, ci chiediamo, sulla scorta anche delle sentenze ormai passate in Cassazione: si può forse imputare ad un gruppo di resistenti di non avere attentato abbastanza in alto, di non essere stati ancora più temerari?

Il termine “guerriglia” – giova scriverlo – nasce nel terribile contesto della resistenza spagnola contro le truppe napoleoniche, dopo il 1808: risulta forse che i guerriglieri ispanici siano mai stati accusati da alcuno di non avere attentato, in quegli anni, personalmente al Bonaparte o ai suoi plenipotenziari di stanza in terra iberica? Ed ancora: l’aviazione militare anglo-americana che sganciava dal cielo, in quello stesso periodo, le sue micidiali bombe sui civili italiani (al fine di sconfiggere i nazi-fascisti, al pari dei gappisti), dimostrava forse maggior coraggio? Forse giova tenere presente che i kamikaze, allora, ce li avevano solo i nipponici: ed anche lì, non sempre la scelta di essere tali era del tutto libera…

Una decina di giorni or sono, ci ha lasciato anche il professor Ivano Tognarini, storico dell’età Moderna e, appunto, della Resistenza: storico con la sua formazione e le sue idee. Ma senza paraocchi e senza ideologismi di sorta. Aveva 70 anni. Da un suo ex studente, un rammarico: mi sarebbe piaciuto conoscerlo di più.

 

Ps A proposito della seconda guerra mondiale, in settimana ci sarà un pezzo, monografico, sulla stimolantissima serata di ieri, nel Bruco, dedicata alla figura dell’ingegner Socini Guelfi.

13 Commenti su Zibaldone: Ezio Raimondi, Via Rasella ed altro ancora…

  1. Edoardo Fantini scrive:

    Giorgio Bocca durante la seconda guerra mondiale fu partigiano e così commenta quei fatti nel libro ” Storia dell’Italia partigiana”. A pag. 606: “la Resistenza è semplicemente quello che è e che sarà per sempre nella storia: una guerra politica…” . Pag. 165:” In realtà i comunisti lo sanno bene, il terrorismo ribelle non è fatto per prevenire quello dell’occupante ma per provocarlo, per inasprirlo. Esso è autolesionismo premeditato: cerca le ferite, le punizioni, le rappresaglie, per coinvolgere gli incerti, per scavare il fosso dell’odio. E’ una pedagogia impietosa, una lezione feroce. I comunisti la ritengono giustamente necessaria e sono gli unici in grado di impartirla, subito.” Pag.329: “Il fronte della resistenza romana è disunito, depresso. Occorre un’azione clamorosa per rianimarlo. Carlo Salinari dà ordine a un Gap di predisporre un attacco contro i tedeschi che montano la guardia al Quirinale…Il luogo dell’attentato sarà via Rasella…” Poi, commentando la strage tedesca alle forze Ardeatine, Bocca scrive a pag. 333: “Intanto la resistenza cesserebbe di essere tale all’atto stesso in cui cedesse al ricatto del terrore, in cui accettasse il principio che ogni autore di ogni atto resistenziale ha il dovere morale di presentarsi all’occupante oppressore per evitare la rappresaglia…”. Fu così che 33 altoatesini morirono a via Rasella, che la stessa cosa accadde a 335 italiani alle fosse Ardeatine e che a Carla Capponi, Rosario Bentivegna e Franco Calamandrei, gappisti che non si presentarono per evitare la ritorsione tedesca, fu consegnata una medaglia d’argento al valor militare. Furono premiati per avere messo 18 kg. di tritolo in un carretto della spazzatura, acceso la miccia ed essersela data a gambe levate. Questo fu il loro “valor militare”.

    • wolf scrive:

      DEVO CONFESSARE UNA COSA, ANCHE SE NON HO ANCORA 50 ANNI I FRATELLI CERVI LI HO AMMAZZATI IO…. MA PER FAVAORE SIGNOR FANTINI, OGNI TANTO ABBIA LA DECENZA DI FAR VEDERE LE COSE A 360° GRADI, SE L’ITALIA AVEVA STIPULATO UN PATTO CON LA GERMANIA PER L’ENTRATA IN GUERRA, VUOL DIRE CHE AVALLAVA DI CONSEGUENZA LE INVASIONI NEI PAESI DELL’EST EUROPA, DELLA FRANCIA ED I BOMBARDAMENTI SU LONDRA. SE POI I PAESI INVASI E BOMBARDATI POI INVADONO IL FEDELE CAGNOLINO DELL’INVASORE E’ UNA NEFANDEZZA. COSA PUO’ ASPETTARSI UN PAESE SPALLA DELLA DELL’AGGRESSORE SE NON VENIRE AGGREDITO A SUA VOLTA?

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  3. Ratchis scrive:

    Certamente più eroici furono i militi della RSi che condussero le SS a fare pulizia nei “covi” partigiani provocando così il massacro di vecchi, donne e bambini e la fucilazione di qualche partigiano. A loro spettano le medaglie al valore militare per la loro eroica attività. Sono gli unici che non hanno pagato per le loro responsabilità. Se qualche sentenza c’è stata nell’immediato dopoguerra nei loro confronti, oggi si parla di sangue dei vinti e si protesta la loro innocenza.

    • Edoardo Fantini scrive:

      I partigiani non facevano parte di nessuna delle forze armate riconosciute dai quarantatré paesi che avevano firmato le “convenzioni sulle leggi e gli usi di guerra” dell’Aja nel 1907, molti dei quali combattevano il secondo conflitto mondiale. I partigiani non avevano una divisa, non avevano dei capi ufficiali, non avevano dei campi di concentramento dove segregare i nemici e infatti li fucilavano. Non potendo rispettare le leggi di guerra non erano riconosciuti come militari e i loro atti erano ricompresi come commessi da persone diverse dai legittimi belligeranti, per i quali l’ art. 167 del codice penale militare di guerra prescrive la morte per fucilazione nel petto. Questo è un codice tutt’ora in vigore ( solo che nel 1994 la pena di morte è stata sostituita con l’ergastolo), segno che è stato riconosciuto giusto anche in epoca successiva al fascismo: cioè anche l’Italia post fascista avrebbe fucilato gli illegittimi belligeranti.

      • wolf scrive:

        Dopo l’armistizio, l’Italia, sempre se non erro, diventò un paese occupato dai Tedeschi che misero su la RSI che non mi sempbra abbia mai avuto nessun tipo di riconoscimento ufficiale, lei qualche articolo fa, ricorda che a quei tempi il capo del governo e i Ministri li nominava il Re, e mi risulta che il re non abbia mai nominato Mussolini e nessun altro a capo di niente, quindi la RSI era illegittima, anche la RSI non era un paese che era riconosciuto dalla convenzione dell’Aja, quindi anch’essi erano belligeranti illegittimi e i tedeschi invasori. Quindi i militari della RSI non potevano certo nascondersi dietro la camicia nera o un’uniforme avanzata dal ventennio per proclamarsi leggittimi rappresentanti di uno stato. Esso al massimo poteva essere rappresentato dal Re e dall’esercito regolare che in gran parte era dalla parte degli alleati, ed all’estero si buttarono tra le braccia degli stessi stanchi di essere mandati al massacro in una guerra di pura sudditanza alla Germania nazista.

        • Edoardo Fantini scrive:

          Sbagli Wolf, hai voglia se sbagli ma non penso che sia colpa tua. La Repubblica Sociale era uno Stato che batteva moneta e faceva le leggi, anche se era dotato solo del potere esecutivo (ma anche il Regno dl Sud, con a capo il Re, era sprovvisto del Parlamento mancandogli la Camera dei deputati). Dopo l’8 settembre il re e tutti i ministri del Regno andarono a Bari lasciando tutte le Prefetture, le Prevince e i Comuni d’Italia senza una guida giuridica. Secondo le leggi di guerra sarebbe spettato ai tedeschi rappresentare l’autorità, giacché nessun popolo può esserne privo (proprio la Convenzione dell’Aja lo stabilì nel 1907). I quali tedeschi non è vero che invasero l’Italia, dato che vi vennero quando la Germania era ancora alleata del Regno. Dopo il 25 luglio 1943, infatti, Badoglio disse:”… la guerra continua…” e siccome l’armistizio con gli anglo-americani fu firmato il successivo 3 di settembre, è ovvio che fino a quel giorno i militari di Hitler poterono venire in Italia da alleati e non da invasori (a differenza degli anglo-americani). La Repubblica Sociale non aveva firmato la Convenzione dell’Aja perché è sorta 36 anni dopo, ma in quel conflitto si attenne a quanto disposto dal Regio decreto 8 luglio 1938, n.1415, legge italiana che recepiva le indicazioni della Convenzione internazionale. Infatti militari della R.S.I. avevano una divisa riconosciuta da tutte le altre forze armate nemiche e lo prova il fatto che i militi italiani catturati dagli alleati venivano chiusi nei campi POW, acronimo che sta a significare Prisoner of war, prigioniero di guerra ossia legittimo belligerante. Vedi Wolf, quante cose la scuola non ti ha insegnato?

          • wolf scrive:

            Quindi si attenne al Regio Decreto di uno Stato che in quel momento non poteva rappresentare, in quanto il Re ed il Governo erano in territori diversi da quelli in cui amministrava la RSI (si fa per dire, visto che a dire che era uno stato fantoccio era stato proprio Mussolini « Le autorità politiche tedesche hanno nominato un Governo fascista per puri motivi di interesse politico interno tedesco. Le autorità militari germaniche, e lo Stato maggiore in particolare, con visione ristretta della situazione, non desiderano dare alcuna possibilità di sviluppo a tale Governo, e ne ostacolano in tutti i modi ogni attività. Tale Governo è pertanto un Governo fantoccio e chi governa in Italia sono le autorità militari tedesche. Queste sono, come è noto e la storia insegna, sprovviste di senso psicologico e di comprensione, e provvedono con la loro opera a scavare un abisso sempre più profondo fra i due popoli. È nell’interesse comune di colmarlo: sia interesse contingente (retroterra assicurato per il fronte mediterraneo tedesco; ordine, lavoro e tranquillità per gli italiani) sia interesse per la collaborazione in un’Europa di domani. », che doveva esserne il capo….

  4. Alessandro Di Piazza scrive:

    Dopo che per secoli è esistito il reato di “lesa maestà” nel dopoguerra italiano esiste la “lesa resistenza”.
    Se si dice che l’ attentato di via Rasella fu un atto totalmente inutile (utile forse per fomentare una rabbiosa rappresaglia?), non mi sembra che si attenti alla democrazia o si voglia riabilitare nessuno.
    Gli esecutori, a guerra finita, sono stati processati e migliaia sono finiti davanti ai plotoni di esecuzione. Decine di migliaia sono morti nei campi di prigionia degli alleati (leggere J. Bacque “gli altri lager” Mursia ed.).Ma se poi la storia deve essere raccontata per “dogmi” intoccabili, allora va bene così.

  5. Edoardo Fantini scrive:

    La Repubblica sociale fu uno Stato nelle mani dei tedeschi, così come il Regno del Sud lo fu in quelle degli alleati. Solo che erano gli anglo-americani a bombardare l’Italia e non i tedeschi: leggi un po’ cosa successe alle scuole elementari di Gorla.

  6. Antonio Bianciardi scrive:

    E’ proprio vero che il negazionismo ha preso piede anche in Italia.
    E non si parla di lesa resistenza… …cosa avrebbero dovuto fare i partigiani dei GAP di Roma? Manifestare con i cartelli? E se avessero fatto un attentato a qualche generale tedesco, forse non ci sarebbe stata rappresaglia? E per ogni atto di guerra contro i nazisti cosa avrebbero dovuto fare i partigiani di ogni colore(non erano solo comunisti, c’erano socialisti, azionisti. liberali e cattolici…).
    E sulla favola del manifesto in cui “si dice” che fosse stato chiesto ai responsabili di consegnarsi riporto quanto segue dai verbali del processo a due generali tedeschi:

    <<Il feldmaresciallo tedesco Albert Kesselring, in data 15 novembre 1946, sentito come testimone al processo contro i generali Mackensen e Mältzer, a domanda rispose:
    « "Ma voi avreste potuto dire: Se la popolazione romana non consegnerà entro un dato termine il responsabile dell'attentato io fucilerò dieci romani per ogni tedesco ucciso?"

    Kesselring: "Ora in tempi tranquilli, dopo tre anni passati, devo dire che l'idea sarebbe stata molto buona".
    "Ma non lo faceste".
    Kesselring: "No, non lo feci". »

    La sentenza della Cassazione del 2007 ha confermato il fatto che nessuna richiesta di consegna degli autori dell'attacco per evitare la rappresaglia fosse stata affissa dalle autorità di occupazione.
    Un manifesto che dimostra l'avvenuta rappresaglia al momento in cui uscì la stampa che intimava ai responsabili la propria consegna per evitarla, è conservato nel Museo storico della Liberazione di via Tasso a Roma.

    • Edoardo Fantini scrive:

      Nel settembre del 1943 Salvo D’acquisto si auto accusò (ed era innocente) di un attentato ai danni dei militari tedeschi e per questo morì, ma evitò una strage. I gappisti responsabili del tritolo di via Rasella uccisero e non si costituirono ed è il partigiano Giorgio Bocca che ci spiega benissimo il perché. I fatti sono questi, il negazionismo dov’è?

    • Alessandro Di Piazza scrive:

      Per conoscere bene la storia della resistenza italiana, le consiglio un viaggio con partenza da Malga Porzus (Ud)
      magari in compagnia di una buona lettura tipo ultimo libro di Giampaolo Pansa.
      Buon viaggio, ma sia attento ai mal di stomaco.

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