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La domenica del villaggio: Berenson, “Anime nere” et alia

- 05/10/14

Nel menu di questa domenica, la straordinaria figura di Bernard Berenson, più il film “Anime nere”; nonchè la frase, ormai consueta, di La Rochefoucauld. Il Premio Walter Mariotti, per il peggior articolo della settimana, questa volta non verrà assegnato (non per mancanza di concorrenti): c’è già troppa carne al fuoco, e martedì di giornalismo, malato e corrotto, scriveremo a lungo…

BERENSON, UN DANDY A FIRENZE

Da poco, è uscita una nuova biografia del grande storico dell’Arte Bernard Berenson (a cura della Yale University: chissà se verrà mai tradotta in Italia); ne dà conto, sull’inserto culturale del Sole 24 ore del 7 settembre, Alvar Gonzàlez-Palacios.

La novità più importante del nuovo lavoro è il legame di Berenson con l’ebraismo delle origini: nato da famiglia di ebrei lituani nel 1865, arrivato 19enne negli States per studiare ad Harvard, il futuro critico muta il suo cognome da Valvrojensky in Berenson. E pochi sanno che la sua tesi di laurea NON aveva alcuna diretta attinenza con l’Arte, bensì proprio con il suo ebraismo delle origini (trentenne, si convertirà poi al cristianesimo): “Escatologia talmudo-rabinica”.

Alzi la mano, poi, chi conosce il suo stretto legame con Oscar Wilde, da lui incontrato (e fisicamente gratificato, secondo quanto, da vecchio, faceva intendere lo stesso Berenson) da molto giovane; nato povero se non poverissimo, autentico self made man della Cultura, grazie ad una straordinaria intelligenza ed alla capacità di frequentare le persone più degne di nota del suo tempo, Berenson diventò, con gli anni, il massimo storico dell’Arte europeo, insieme al tedesco Wilhelm von Bode: venivano non a caso chiamati il Papa e l’Imperatore della storia dell’Arte.

Gli ultimi anni, li visse sopra Firenze, ove morì il 6 ottobre 1959, pieno di anni e di ricordi di una vita a tratti fatta, resa essa stessa – dannunzianamente – opera d’arte.

Del suo cerchio magico fiorentino, ogni tanto, si scrive per il ruolo nell’omicidio di Giovanni Gentile: ma questo – nell’hic et nunc di questa rubrica – non interessa.

Resta una domanda, su cui chiudiamo: possibile che figure come quella di Berenson oggi non esistano più? Sono i pessimi tempi (per la Cultura) che viviamo, a non rendercele, per così dire, “agibili” e conosciute, ovvero proprio non esistono fisicamente? Ai contemporanei, l’ardua sentenza…

 

“ANIME NERE”: UN CAPOLAVORO

Un capolavoro si aggira per l’Italia, parafrasando Marx ed Engels: il film “Anime nere” di Francesco Munzi, dal romanzo di Gioacchino Criaco.

Una sorta di thriller etnografico: cupo, disperato, livido, violentissimo senza essere grandguignolesco, come è giusto che sia.

Una storia di vendette incrociate e di vite bruciate, in un ambiente disperato e disperante: l’Aspromonte, ove anche Garibaldi fu fermato e ferito (come dice uno dei protagonisti della pellicola, nell’unico accenno diretto alla Storia di tutto il film).

Ha scritto Goffredo Fofi – con piena ragione – che il film riporta al miglior gangster movie di Martin Scorsese ed anche (e soprattutto, aggiungiamo) al “Fratelli” di Abel Ferrara; a parte un paio di sequenze in chiaro, il film è costantemente girato con tonalità di luce scure, o con chiaroscuri, sfumati che riportano quasi a Leonardo: correlativo oggettivo delle “anime nere” dei personaggi, si può pensare.

Personaggi che gestiscono danaro a palate, sono diventati business men sempre in giro per l’Europa (il film inizia con Amsterdam), ma, poi, non sanno resistere al richiamo del loro borgo natìo, con tutte le sue logiche perverse, arcaiche e – come detto – violentissime.

Personaggi che, con un clic, movimentano milioni di euro, ma che godono nel tornare ragazzi sgozzando un caprone, retaggio del loro back ground agricolo-pastorale, incancellabile.

Un film che non concede alcuna speranza, con un finale meravigliosamente sorprendente e spiazzante.

Un thriller etnografico, recitato in maniera superba, e girato con mano sicura e dolente: si può desiderare di più, cinematograficamente parlando, da una discesa agli Inferi di 103 minuti?

 

LA ROCHEFOUCAULD: LA FRASE DELLA SETTIMANA

“è possibile trovare donne che non hanno mai avute avventure galanti, ma è raro trovarne che ne abbiano avuta una sola”.

 

 

 

10 Commenti su La domenica del villaggio: Berenson, “Anime nere” et alia

  1. Amico T scrive:

    Volendo tralasciare film meno “fruibili”, Anime nere è probabilmente la miglior pellicola italiana dai tempi di Gomorra e Il divo (sei anni e passa, se non erro…).
    Peccato che a Siena, data l’ormai endemica carenza di sale, venga proiettato solamente in pomeridiano, per fare spazio, la sera, ad un altro film. Così ormai siamo ridotti; il sottoscritto fortunatamente l’aveva già visto a Poggibonsi, dove oltretutto la qualità della proiezione è anni luce superiore.
    Ah, già… in vista della capitalecultura bisogna tacere… chi si lamenta di certe cose è un automartellatore di cosiddetti, dimenticavo…

  2. Precaria i. scrive:

    A proposito di Berenson, Marisa, la nipote, interpreta la madre di Tadzio in Morte a Venezia capolavoro viscontiano.

  3. Anonimo scrive:

    Straordinaria la massima di La Rochefoucauld! Oggi andrebbe aggiornata: difficile trovare una donna fedele al marito, a meno che abbia deciso di non sposarsi…

  4. Silvia (quell'altra) scrive:

    beh, guarda che Zeri e Sgarbi non scherzano!
    Villa Berenson, a Vincigliata (Fiesole), in un posto da favola, è divenuta Centro per gli studi sul Rinascimento della Harvard Univeristy
    Ricordarsi dell’importante rapporto con lo Joni, che ha riempito di sue opere neo-medievali i musei americani grazie al Berenson (che le credeva autentiche?)

    • anonimo scrive:

      “Somberen” nel libro “Affairs of a painter”, traduzione di “Le memorie di un pittore di quadri antichi”.

  5. AMINA scrive:

    Gentile ERetico io sono una delle poche donne stata fedele al marito, peccato che sono stata cornuta e mazziata. A distanza di 22 anni non ho ancora digerito le corna anche se avendo un figlio ho tenuto unita la famiglia. L’infedele è stato integerrimo in questi anni, ma a me non passa.

  6. Precaria i. scrive:

    E poi, ricordarsi di Harold Acton, di Vernon Lee, e degli altri intellettuali angloamericani o inglesi che hanno frequentato i Tatti… E che piacere sentir riparlare dello Joni, di cui tanto ha scritto Gianni Mazzoni, e a cui venne dedicata una mostra a siena qualche anno fa. E di palo in frasca, ma nemmeno poi tanto, l’aria di preraffaellismo che si respirava in quella fin de siècle, e i pittori senesi tipo il viligiardi che nella disneyland del medioevo (ruskin) si dilettarono a dipingere i temi chiave dell’epoca. Mi risulta ma magari sbaglio che tante di queste opere siano rinchiuse al Santa Teresa, vero? O in via Roma non mi ricordo bene dove…

  7. Silvia (quell'altra) scrive:

    lo saprà Alberto Cornice o Marco ciampolini: chi glielo chiede?

  8. Anonimo scrive:

    Quasi tutte le opere dell’Alunnato Biringucci, cioè le prove di esame di moltissimi giovani pittori ottocenteschi, sono nella sede storica della Società di Esecutori di Pie Disposizioni, cioè nei locali adiacenti l’Oratorio di Santa Maria sotto le Volte dell’ospedale di Santa Maria della Scala.
    Enrico Toti

  9. Enrico Toti scrive:

    la maggior parte delle opere dell’Alunnato Biringucci, cioè le prove di esame di moltissimi giovani pittori ottocenteschi senesi, sono conservate nei locali adiacenti l’oratorio di Santa Maria sotto le volte dell’ospedale di Santa Maria della Scala.

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