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Il mercoledì scolastico: l’interrogazione…

- 08/10/14

Giusto oggi ho iniziato ad interrogare nella mia nuova classe, una seconda media (secondaria inferiore, per i precisini): a Storia. Il Rinascimento, la scoperta dell’America, l’epopea dei conquistadores (con il libro del Diamond “Armi, acciaio e malattie”, che consiglio caldamente a tutti, studenti e genitori), e poi Gutenberg con l’invenzione della stampa, Leonardo con l’uomo vitruviano e via discorrendo.

Gli studenti erano ovviamente tesi: le due ragazzine interrogate si davano la mano, stringendosela, come per infondersi scambievolmente coraggio; i due ragazzini, a loro contrapposti, parevano invece più tranquilli. Parevano, probabilmente.

Un’oretta (qualcosa di più) di interrogazione, dunque, con gli altri che seguivano (non tutti, non sempre), in qualche caso lodevolmente prendendo appunti, cioè scrivendo le domande fatte dal docente.

Facciamoci una domanda: cosa è l’interrogazione, oggi, di fronte alla prima generazione di nativi digitali? Sempre uguale, eppure molto diversa: sempre uguale, perché alla fin fine non è così differente da come erano le nostre (chiaramente a seconda del docente, supremo arbitro plenipotenziario); molto diversa, perché del tutto ALTRO è il prima, il momento dello studio, per questi ragazzi.

Molti dei quali – temo – saranno stati a studiare con una mano per sfogliare le pagine del libro e degli appunti, con l’altra a controllare Facebook aut similia. Se vi sembra poco!

Ma soprattutto, ciò che davvero differenzia gli studenti di oggi da quelli di una, due o tre generazioni or sono, è che l’interrogazione è una autentica prova di iniziazione personale.

Lo era anche prima? Certo che sì, ma allora c’era l’interrogazione, e tante altre forme di iniziazione: la strada (per coloro che la vivevano: certo più numerosi che non oggi), la parrocchia (per chi la frequentava: certo in modo diverso dall’oggi), lo sport (che si svolgeva moltissimo negli spazi sportivi informali, a differenza di oggidì), nel caso senese financo la Contrada.

Nel 2014, salvo eccezioni e mosche bianche, l’unico rito di iniziazione è dunque l’interrogazione (il compito – se uno è furbo – lo può copiare, l’interrogazione no): salvaguardiamola con tutte le forze, dunque.

E quanto ai voti – lo dico ai colleghi, ovviamente – cerchiamo di essere onesti. Tenendo sempre ben presente che – nel caso sia giusto darlo – forma, fa crescere più un voto basso, che uno alto. I giovani di oggi non sanno perdere, quasi sempre: sta a noi insegnare loro a farlo, se necessario.

Il voto alto (spesso, spessissimo narcisisticamente autocelebrativo), lasciamolo ad altri campi, date retta.

Ci sarà qualche discussione in più con i genitori, spesso insani e maldestri difensori ad oltranza dei loro pupilli (si legga una lettera di una docente su Repubblica di oggi, pagina 31)? Di certo sì: con quanto ci pagano, dobbiamo essere pronti a sopportare questo ed altro…

17 Commenti su Il mercoledì scolastico: l’interrogazione…

  1. Roby scrive:

    Complimenti prof.Ascheri per questa bella riflessione.Ho apprezzato in particolare il passaggio relativo ai voti a cui gli studenti sono molto attaccati. Talvolta analizzano in maniera, a mio avviso, esasperata il mezzo punto, il più o il meno aggiunti al voto, ma se vogliamo è la paga della loro giornata o di più giornate di lavoro di studenti. Attraverso i voti attribuiti valutano la coerenza degli insegnanti,è riescono a capire se nel giudizio ci sono stati dei fattori condizionanti (simpatie, antipatie ecc).

  2. Magico Vento scrive:

    Caro Raffaele se parlo per esperienza personale ritengo che l’interrogazione di oggi sia diversa da quella che ho vissuto personalmente ai tempi de Liceino al Tolomei ( ah… se ci fosse la macchina del tempo)e la citazione non è a caso perché oggi mio figlio in quei locali frequenta il neonato (tre anni di vita ) Liceo musicale. Per quel poco che mi risulta oggi mio figlio in qualche materia viene avvertito dell’imminente interrogazione. Ai miei tempi questo non accadeva: avevo, per esempio, a Storia e filosofia il Prof. Calamassi, vero totem non solo per come conosceva le materie che insegnava quanto per la soggezione che incuteva. Ricordo i quattro agitati con le 4 dita della mano e il pollice riverso qualora uno studente chiamato all’orale cercasse una scusa per giustificarsi. E io a filosofia ne collezionati diversi in tre anni….Ma ricordo anche una volta in cui riuscì a sorprenderlo per ben due volte: il giorno prima interrogato a storia avevo collezionato un cinque e mezzo. Il giorno seguente aveva interrogato altri, chiedendo quali e quante date con tanto di eventi storici si fossero ricordati nel periodo che andava dal 1500 al 1600. Poiché conoscevo la sua passione per la storiografia dimostrai un disappunto visibile tanto da venire subito ripreso. Ribattei (sorprendendolo una prima volta) che avrei saputo ben rispondere alla domanda posta ai compagni. Incuriosito mi domandò quante date potessi conoscere. Risposi che ne conoscevo circa una trentina e iniziai a parlare. Elencai (sorprendendolo per la seconda volta) ben 27 date con relativi avvenimenti storici. Mi dette sette e mezzo e per tutto il primo quadrimestre non mi richiamò.

  3. giacobbe scrive:

    Il grande dan peterson ha detto che il campione si vede da come reagisce a d una sconfitta, non da come celebra una vittoria…. penso che sia pertinente anche nella scuola e nella vita .
    La più parte dei genitori, spianando la strada ai loro pseudo maradona, non capisce quanto danneggia la loro crescita psicologica, nella speranza che tutti debbano arrivare al vertice, creando frustrati psicolabili.
    Essendo nella scuola da 20 anni ho constatato verticalmente le vite dei miei ex alunni e ho conferma dimquanto su scritto.

  4. Maurizio Montigiani scrive:

    Giorni difficili per il Groviglio, domattina alla Lizza:

    http://www.borsaitaliana.it/borsa/notizie/radiocor/finanza/dettaglio/nRC_08102014_1634_482187708.html

    “..non e’ da escludere, ipotizza un legale, la camera di consiglio al termine dell’udienza e quindi la prima sentenza.”

  5. Camilla Marzucchi scrive:

    domanda: come hai reagito alle bambine che in un momento “formale” si davano la mano l’un l’altra? io mi sto chiedendo se se la diano anche per andare al bagno.. a dire il vero sarei voluta essere io l’insegnante per poterglielo domandare… ma poi magari il genitore protettivo m’avrebbe denunciato????

    un caro saluto

    Camilla M

  6. Simone scrive:

    Roby ha detto una cosa importantissima per il rapporto tra docenti e studenti…attraverso il voto i ragazzi valutano la coerenza del docente…e questo determina la “alleanza” formativa tra chi insegna e chi deve (tenta di) imparare…più importante di un 4 è il fatto di potersi fidare che quel 4 è “giusto”. In questo senso, caro Eretico, credo che anche un voto alto (un faticoso e sudato 10!!) possa avere un valore non solamente autocelebrativo, ma anche di stimolo per chi voglia cercare di ottenerlo.

  7. Jac scrive:

    D’accordissimo sul libro di Diamond. Letto alcuni anni fa: godibilissimo e scorrevole, oltre che molto interessante.

  8. Cherubino scrive:

    Concordo sulla pericolosità del voto alto facile.I benefici apportati all’autostima ed al carattere di un ragazzo/ragazza che raggiunge un buon voto con un insegnante stretto di manica, sono incalcolabili; lo stesso non si può dire per pagelle zeppe di 10 (chi lo ha mai visto il 10 ai miei tempi?…eppure ho coseguito la lurea in economia con 110/110) che oggi girano fra i ragazzi , delle medie in particolar modo, e poi andando avanti con gli studi crollano miseramente.

  9. Fede Lenzi scrive:

    Il Calamassi… non l’ho mai avuto, ma c’ho fatto diverse belle chiacchierate da quando arrivò al Galilei. A proposito di interrogazioni, come dimenticare quelle della Del Grande? La chiamata era una cosa da film, e l’interrogazione non era da meno. Prendere un sette era un’impresa, ma ho conosciuto pochi prof più giusti di lei. E la sapete una cosa? Qui in Francia, dove insegno, l’interrogazione non esiste. Cioè, l’interrogazione come la intendiamo noi, te studi e io ti interrogo. L’ho scoperto quando sono arrivato, all’università: qui pescano un argomento, e poi hanno un quarto d’ora per preparare un discorso che ti recitano. Se fai una domanda aperta ti si mettono a piangere. Ora sono al liceo, ma è la stessa banda, le interrogazioni non rientrano nel modus operandi. Sinceramente è incredibile questa cosa, ma è la Francia. E tra l’altro al concorso il mio essere italiano m’ha aiutato non poco, perché al secondo orale ho fatto uno show! Quindi davvero viva le interrogazioni all’italiana, sono una scuola di vita come poche altre cose

  10. Eretico scrive:

    Vedo con piacere che il pezzo scolastico ha prodotto riflessioni e suscitato ricordi su questo passaggio fondamentale della vita scolastica (non in Francia, come sottolineato da Federico Lenzi, che saluto).

    Magari mercoledì prossimo se ne riparlerà, con uno speciale sulle tecniche maieutiche dello scrivente: a metà tra Socrate e la Gestapo…

    L’eretico

  11. la nonna di un suo alunno ora all'Università scrive:

    Questo suo tema delle interrogazioni mi ha riportato con la memoria ai vecchi tempi in cui andavo alle scuole superiori.Non voglio fare nomi ,ma mi ricordo di due bravissimi professori e farsi interrogare da loro era un privilegio. Io ormai sono molto vecchia,ma l’apporto intellettuale,morale ed etico che essi mi hanno trasmesso mi ha accompagnato per tutta la vita. Sono convinta che anche Lei ha contribuito in tal senso nei confronti di mio nipote. Seguiti cosi’ professore e vedrà che ogni spiegazione ,ogni interrogazione daranno i loro frutti.
    Auguri professore!

  12. ale benve scrive:

    In effetti caro Eretico, benchè non ti conosca così bene, rivedo molto in te la persona del Prof Calamassi (citato da Magico Vento); senza sviolinature, alla pari con la Prof Missano, sono stati i migliori professori, che ho avuto; entrambi severi ma giusti.
    Ebbene si anche io ho fatto il liceino, ma ricordati che questo sovrastava il liceone.
    Ti confesso che uno dei bambini interrogati è proprio mio figlio.
    Questi cittini ti vedono con un pò di “timore” ma a mio figlio ho spiegato che se studia non ha niente da temere.
    Per ritornare al tema iniziale, l’interrogazione per me è l’unica forma che permette al prof. di capire se un ragazzo ha studiato o meno; fra qualche anno poi dovranno affrontare i colloqui di lavoro: anche li non si può copiare.
    ciao a presto alebenve

  13. Nina scrive:

    Sono convinta che i voti debbano essere principalmente equi e il 10 deve essere un evento eccezionale. Ho il figlio in prima media alla Cecco e devo dire che, in generale, questi ragazzi arrivano dalle elementari assolutamente impreparati: programmi fatti a pezzi e bocconi, della lingua inglese, se non sono stati più che fortunati o, se i genitori non li hanno mandati a fare dei corsi privati, non sanno coniugare nemmeno il verbo essere, per non parlare dell’ambiente che assomiglia più ad un famiglia che ad una scuola. Per intenderci, il commento che mi sentivo più spesso fare dalle maestre era relativo al comportamento e non invece all’apprendimento. Mi ricordo che alle elementari, in seconda, la maestra girava continuamente tra i banchi a vedere quel che si scriveva ( e se si sbagliava eran nocchini… Nel vero senso della parola, oggi questa cosa deve esser passata di moda perché mio figlio è sempre tornato a casa con dei quaderni pieni di strafalcioni che, se fossi stata la maestra, mi sarei vergognata a mandare a casa. Solo episodicamente quei quaderni hanno visto i segni rossi della penna e il più delle volte qualche errore passava pure inosservato!
    Quindi i professori delle ‘medie’ non si meraviglino, credo che sappiano bene, che non si può addossare tutta la colpa agli allievi ma che qualche responsabilità ce l’hanno anche i loro colleghi della primaria!
    Nella mia carriera scolastica ho apprezzato molto un prof, preparatissimo, che interrogava non a sorpresa ma anticipando i nomi dei prescelti. Il metodo serviva secondo lui per responsabilizzare gli allievi nel senso “sai che ti interrogo quindi devi essere preparato”. Può venire da pensare che la lezione dopo il ragazzo non studiasse perché già interrogato ma questo di solito non succedeva perché lui interrogava spessissimo anche 6/7 volte a quadrimestre ( eravamo in 23 in classe) e quindi ti marcava strettissimo tanto che non potevi rischiare!

  14. Fra scrive:

    Non solo in Francia le interrogazioni non esistono… anche in Spagna. Le verifiche sono quasi esclusivamente scritte e in date programmate quindi nessun controllo a sorpresa. Mi sa che le interrogazioni sono una tradizione tutta italiana…

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