Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Oman, Grande Guerra e "Latin lover" - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Oman, Grande Guerra e “Latin lover”

- 22/03/15

 

Eccoci alla consueta rubrica culturale della domenica. Tre gli argomenti trattati: uno sguardo sull’Oman, misconosciuto Stato arabo di enorme importanza geopolitica; una recensione di un libro molto importante sulla Grande Guerra, in vista del sempre più vicino anniversario; infine la recensione dell’ultimo film – appena uscito – di Cristina Comencini: “Latin lover”. Buona lettura!

 

UN ENIGMA CHIAMATO OMAN

Anche l’Oman, nell’ormai lontano 2011, fu attraversato dalla cosiddetta Primavera araba (primavera cui, però, è seguito un inverno rigido, piuttosto che una solare estate). Un po’ come in Arabia saudita, il regime del sultano Qaboos (in sella dal 1970!), fondatore dell’Oman moderno e contemporaneo, reagì arrestando giusto chi non poteva non essere arrestato, e poi allargando le maglie del Welfare petrolifero (l’Oman non ne è così ricco come i sauditi, ma è pur sempre una potenza petrolifera di medio valore, con l’oro nero che garantisce il 45% del Pil e l’86% degli introiti statali): nella città di Sohar, l’epicentro delle manifestazioni di proteste, il sultano ha iniziato a fare costruire un distretto industriale che si accinge a dare lavoro a 30mila persone. Costo dell’operazione: circa 15 miliardi di dollari…

Il bravo Ugo Tramballi, giornalista-viaggiatore del Sole 24 ore, scrive dell’Oman come di un esempio di “Islam gentile”: Muscat, la capitale, pare essere l’unica capitale arabica a crescere SOLO in orizzontale, dunque senza i grattacieli Manhattan style delle altre metropoli della regione arabica.

Resta un problema (uno solo?): il sovrano assoluto, il suddetto Qaboos, non appare da mesi sulla scena pubblica, dal luglio scorso per la precisione; è anziano (74 anni) e malato. Ma soprattutto – incredibile dictu – non ha figli. Ed oltre a sultano, Qaboos è Primo Ministro, Ministro degli Esteri e delle Finanze. Non solo non ha figli, non ha nemmeno fratelli inseriti nella politica: chi gli succederà?

Qaboos ha di fatto sentenziato: dopo la sua morte, verrà data lettura di una sua lettera, sigillata, con il nome del successore.

Verrebbe quasi da sorridere, se non fosse per un piccolo particolare: il 40% del petrolio che il mondo occidentale consuma, passa dallo Stretto di Hormuz, su cui l’Oman stesso affaccia. Speriamo davvero che il vecchio sultano sappia scegliere con giudizio il suo successore, dunque…

 

UN LIBRO ORIGINALE SULLA GRANDE GUERRA

Nella ricchissima bibliografia sulla Grande Guerra, ci preme sottolineare un testo davvero inedito: una storia del fronte italo-austriaco, scritta a più mani, da storici austriaci e italiani.

“La guerra italo-austriaca (1915-18)”, a cura di Nicola Labanca (che insegna nell’ateneo senese) ed Oswald Uberegger, il Mulino 2014, 380 pagg., 25 euro: ecco gli estremi di un libro da non mancare, quantomeno per gli addetti ai lavori e per chi abbia un minimo di conoscenza storica pregressa sulla Grande Guerra.

Fra i vari contributi, ci ha colpito quello di Fortunato Minniti su “Cadorna e la guerra nuova”; segnaliamo un elemento poco noto, e meritevole invece di essere divulgato, in quanto realmente illuminante: sin dal 1908, prese l’avvio la costruzione di un vasto sistema di fortificazioni, costituito da ben 44 opere, tutte quante rivolte verso la frontiera austriaca, a difesa del corso del Tagliamento e di piazze fondamentali come Venezia e Verona.

Non risulta proprio che simile attivismo fosse presente sul fronte italo-francese…

E poi: curioso pensare che i primi bombardamenti sui civili (durante il conflitto italo-turco in terra di Libia, tra il 1910 ed 1912) furono sì nostri, ma con un modello di aereo austriaco, un Erich Taube. Stranezze, beffarde, della Storia.

Nel libro, insomma, c’è questo e molto altro: il tutto analizzato con rigore documentario, e con la piena consapevolezza che gli odi fra i popoli vanno certo raffreddati, ma previa conoscenza di ciò che effettivamente è stato.

 

“LATIN LOVER”: FILM GODIBILE, MESSAGGIO MENO…

Cristina Comencini ha confezionato un film godibile, a tratti molto godibile. “Latin lover” è essenzialmente due cose: un amore, sconfinato, per il grande cinema italiano dei Sessanta-Settanta, in cui la figlia d’arte dimostra sincerità ed ovviamente si muove a suo completo agio. Su questo aspetto, piena adesione anche del blog.

Il secondo elemento, invece, ci lascia alquanto perplessi: la Comencini, fondatrice del movimento neofemminista del “Se non ora quando”, ci squaderna davanti un’opera che non ci vuole molto a definire “ammazza-maschio”, pervasa da una misandria a tratti opprimente. Di questo secondo aspetto, però, parleremo nella prossima rubrica, recensendo un libro di grande interesse e spessore: “Sii sottomesso La virilità perduta che ci consegna all’Islam”, del polemista francese Eric Zemmour.

Sulla pellicola in sé, dunque, tanto di cappello: buoni i tempi registici, buona la sceneggiatura (con le considerazioni di cui sopra), eccellente la recitazione del cast. Che annovera una Virna Lisi in articulo mortis che la morte ha crocianamente trovato ben viva; una straordinaria Marisa Paredes, una frizzante Valeria Bruni Tedeschi, un simpaticamente perdente Neri Marcorè, un bravissimo Francesco Scianna (è lui, il latin lover in questione, che a dieci anni dalla morte fa ritrovare tutte insieme le donne – e non solo le donne – della sua movimentata e turbolenta vita sentimentale).

Un appunto, in conclusione: il film è girato in terra di Puglia, a San Vito dei Normanni. Terra meravigliosa, ma forse un pochino inflazionata, dal punto di vista cinematografico…

 

Ps 1 Frase del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, straordinariamente intrisa di Dc ( da “Quirinale-Amori e passioni”, di E. Corsi e P.A. Toma, Grimaldi Napoli):

“Io sono democristiano e cattolico praticante, ma soltanto dalla cintola in su”.

Ps 2 Martedì e mercoledì, al cinema Pendola (18,30; 20,30), appuntamento da non mancare, per chi ami il cinema e voglia saperne di più sull’Islam: arriva finalmente “Timbuktu”.

8 Commenti su La domenica del villaggio: Oman, Grande Guerra e “Latin lover”

  1. Edoardo Fantini scrive:

    Però Eretico, vedo che associ il petrolio alla politica degli Stati (e mi sembra la prima volta che lo fai). Per i festeggiamenti del prossimo 25 aprile potrai spiegarci perché gli Alleati, già nel febbraio del 1945, si preoccupavano delle “ingerenze” che l’Agip, italiana, avrebbe potuto avere negli affari dei combustibili di casa nostra? Erano in guerra per liberare o per pensare al petrolio nostro?

  2. Eretico scrive:

    Caro Edoardo,
    a parte che non mi pare sia la prima volta che associo il petrolio alla politica di uno Stato (USA compresi, ovviamente), ti dico semplicemente che di tutto ciò che dell’Italia agli States interessava nel 1945 (molte cose), il petrolio non credo proprio fosse all’apice.

    L’eretico

    • Edoardo Fantini scrive:

      Allora perché “chiesero” al CLN di liquidare l’Agip? E chi liquido’ Enrico Mattei che era stato incaricato da Merzagora, nel 1945, di liquidare l’Agip, ma invece di liquidarlo lo aveva potanziato?

  3. Cinefilo impenitente scrive:

    A parte quel “simpatico” rompicoglioni del Fantini con le sue divagazioni (forse i soldati Usa sepolti presso Firenze erano venuti per accaparrarsi il petrolio italiano?), vorrei riportare il discorso sul cinema. Concordo con l’Eretico sulle considerazioni riguardo al film della furbetta figlia di papà, ed aggiungo: personaggi quasi tutti stereotipati (la francese problematica, lo spagnolo focoso, il latin lover bisessuale) e ambientazione che più abusata non si può.
    In attesa del commento ereticale sul maschilismo imperante nel film, mi cheto…

    • Edoardo Fantini scrive:

      Caro Cinefilo, quei soldati USA morti ai quali ti riferisci non avevano deciso la guerra: il loro Stato lo aveva fatto. Quest’ultimo si era gettato nel conflitto non tanto per prendere il petrolio italiano (che era poco) ma per far sì che 140 milioni di consumatori (tedeschi, austriaci e italiani) comprassero il loro oro nero, anziché se lo procurassero autonomamente. A guerra vinta fu per loro facile dare ordini; Mattei non li ascoltò, ma vedo che questo particolare non ti dice niente…

  4. Anonimo scrive:

    Tema complesso, quello del petrolio. Rimango sempre stupito della scarsa lungimiranza del mondo occidentale (o, piuttosto, miopia nell’interesse di lobby ristrette?) nell’ostinarsi a non volersi affrancare dalla schiavitù dell’oro nero. Probabilmente questo significherebbe scendere a compromessi che molti non sarebbero disposti ad accettare (vedi nucleare) e, quindi, l’opinione pubblica si schiera, magari inconsapevolmente, a difesa dello status quo energetico. Ormai mi sono convinto che questo meccanismo si interromperà solo quando si arriverá al collasso, ma temo che dovremo aspettare ancora del tempo: basti pensare che siamo ben felici di finanziare una macchina del terrore come l’ISIS continuando ad acquistare il loro petrolio, che costituisce la prima entrata di un organizzazione che ha ormai assunto una vera e propria dimensione statale.

    • Edoardo Fantini scrive:

      Caro Anonimo, in realtà chi detiene il mercato del petrolio, dagli inizi del 1900 fino ai giorni nostri, sono sopratutto le società petrolifere occidentali. Per gran parte viene estratto in Iran, Iraq, Arabia, nel Caucaso e in America del Sud, ma vai a vedere chi lo vende e troverai società inglesi e americane. Nei primi del ‘900 il 70% del petrolio era in mano agli americani, il 13,5% agli inglesi, il 13,5% ai russi e il 5% a pochi altri (olandesi, belgi, francesi e tedeschi). Poi, a seguito di due guerre mondiali ne rimasero esclusi i tedeschi, ma i medio-orientali il mercato in mano non lo hanno avuto mai. Vai a vedere sotto quali bandiere stavano quelle che Mattei battezzò come le “sette sorelle” e avrai tutto più chiaro.

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