Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Eco, un apocalittico ben integrato (e 2 Ps) - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Eco, un apocalittico ben integrato (e 2 Ps)

- 21/02/16

Venerdì sera, nella sua casa milanese, ci ha lasciati Umberto Eco; inevitabilmente, oggi questa rubrica è dedicata in modo monografico a questa poliedricissima figura di intellettuale italiano: piaccia o meno, il più conosciuto ed apprezzato all’estero, e di gran lunga.

Per le rubriche domenicali (e per la recensione de “Il caso Spotlight”), arrivederci alla prossima puntata.

Buona lettura, dunque!

 

UMBERTO ECO, APOCALITTICO E BEN INTEGRATO

Difficile, financo arduo, contenere in un pezzo ciò che si potrebbe scrivere (in un senso e nell’altro) della versatilissima figura di Umberto Eco; nel meritato profluvio di interventi sulla odierna stampa (profluvio forse dal retrogusto un pochino apologetico), veniamo a sapere che era anche un gustoso vignettista (Sole 24 h), per esempio. Mica male, le sue vignette di ambito prettamente filosofico.

Partiamo dai dati di fatto; come accennato sopra, era di gran lunga l’intellettuale italiano più noto nel resto del mondo; qui, funziona come per Pavarotti sulla Lirica: era giusto che così fosse? Sì e no, come cercherò di argomentare. Ma dal fatto che lo fosse – e di gran lunga – prescindere non si può, e non si deve.

Partiamo da ciò che appare francamente criticabile, pur con il rispetto che si deve al defunto (i funerali, martedì al Castello sforzesco di Milano); in primo luogo, l’avere creato una “scienza” che legittima la fuffa a dignità di insegnamento: sto parlando – per chi non l’avesse compreso – della Semiotica.

Siccome Eco aveva indubbiamente classe e virtuosismo intellettuale da vendere, ascoltarlo mentre in modo eruditissimo discettava dei segni, a noi faceva gran piacere: ma risparmiateci gli alunni, e gli epigoni, quantomeno per un elementare senso di pietas. Se, nel curioso mondo dell’Università italiota, riveste piena dignità ontologica le Facoltà di Scienze della Comunicazione, anche a Lui lo dobbiamo: e non è che ce ne sia da menare vanto alcuno…chissà che la sua morte almeno qualcosa di positivo – per eterogenesi dei fini – lo possa portare, cioè lo smantellamento di queste fucine di fuffa, applicabile ad ogni sezione dello scibile umano.

Il rapporto con la politica, poi: duro, implacabile, inflessibile, intransigente con l’universo belusconiano (ben fatto), molto più afasico nei confronti dell’universo renziano. E difatti – nelle lenzuolate ad Eco oggi dedicate – non si riesce a rintracciare una concreta presa di posizione – per dirne una – contro le scellerate Riforme renziane, o contro l’allegra brigata di amichetti ed amichette che si è portato, a Palazzo Chigi e dintorni, il Premier (o magari sulla sua plateale ignoranza: Renzi è meno sfacciato di Berlusconi, ma stringi stringi il Cavaliere – rispetto al Premier – a livello culturale se la gioca alla grande, e senza playstation…).

Eco: un tipico esempio di intellettuale ben integrato, molto ben integrato, capace di infervorarsi contro il nemico giusto, al momento giusto; va benissimo, ma non chiamatelo coraggioso, perché essere ferocemente antiberlusconiani con le spalle coperte dalla corazzata Espresso-Repubblica, non è atto di grande ardimento…

Veniamo adesso alle tante qualità; fra le svariate, l’avere dimostrato come si possa (e si debba) contaminare il sapere, mescolando alto e basso, elitismo e merce popolare. Non è il primo ad averlo fatto (iniziò Dante!), ma Eco lo ha saputo fare in un universo molto più complesso, fatto di fumetti, libri antichi, filosofia, televisione di intrattenimento et alia.

Altro pregio: è stato il primo scrittore italiano importante ad usare (per il suo capolavoro “Il nome della rosa”) il personal computer, per scrivere: era il 1980; dipoi, è diventato sempre più critico su certi usi di Internet – i social in particolare -, arrivando certo a generalizzare, ma con una sostanziale ragione di fondo.

Procedamus: il suo romanzo di maggior pregio e successo- di straordinario successo -è un esempio di come l’erudizione, la Storia (il Basso Medioevo), la Filosofia e la Storia delle religioni possano diventare incandescente materiale per un fortunatissimo romanzo. A 36 anni di distanza, chapeau!

I romanzi successivi, sono stati sempre inferiori, rispetto al folgorante esordiornada romanziere, per pressoché unanime considerazione dei critici (e, visto il clamoroso successo del primo, inevitabilmente del pubblico). Bernard Pivot, sul Corriere della sera di oggi (pag. 10), non a caso fa capire di non ricordarsi neanche i titoli, degli altri romanzi di Eco.

Venerdì prossimo, infine, uscirà una raccolta tematica delle sue “Bustine di Minerva”, pubblicate ogni quindici giorni sull’Espresso (amatissime dallo scrivente), dal titolo evocativo dell’Inferno dantesco “Pape Satàn Aleppe”.

Crocianamente, la morte lo ha trovato – ad 84 anni – straordinariamente vivo…

 

Ps 1 Dieci anni or sono, il 20 febbraio in particolare, moriva prematuramente Luca Coscioni, affetto da Sla. Dalla sua esperienza, è nata una Fondazione, che si batte per la libertà di ricerca scientifica e per la dignità della malattia e del fine vita (battaglia cui aveva aderito anche Eco, nisi fallor). Da maratoneta che era, il professor Coscioni si ritrovò, dopo non troppo tempo, in sedia a rotelle. E di lì, si proseguì: di male in peggio…

Una persona straordinaria, che ha saputo dare alla sua tragedia un senso civile, che possa servire per tutti. E che sta a tutti noi cogliere…

Ps 2 Giovedì scorso, interessante presentazione di “2019” a Monteroni, ospite di Augusto Codogno, che ancora ringrazio.

Ad un certo punto, una presente ha fatto una domanda incentrata sul futuro della Sinistra; per un attimo, non ho saputo cosa rispondere, poi mi sono ripreso, ed ho biascicato qualcosa su Sanders. Quanto all’Italia, non mi è venuto in mente nessuno…

12 Commenti su La domenica del villaggio: Eco, un apocalittico ben integrato (e 2 Ps)

  1. Paolo Panzieri scrive:

    Il Nome della Rosa.
    Un bel libro, un bellissimo film.
    Devo confessare che, contrariamente a quanto succede di solito, a me è piaciuto più il film, con un superbo Sean Connery, del libro.
    La pesantezza di alcune parti – a mio modesto avviso – ne limitano notevolmente la fruizione, annoiando inutilmente il lettore.
    Inoltre, devo aggiungere che, dopo aver scoperto la serie di gialli medievali di Fratello Cadfael (monaco erborista, investigatore …) uscita dalla penna di Edit Pargeter (Ellis Peters) prima del romanzo di Umberto Eco (La Bara d’Argento è del 1977), ho dovuto rivedere al ribasso anche l’originalità del Nome della Rosa (1980), almeno per quanto attiene l’idea e la figura centrale del protagonista Frate Guglielmo da Baskerville.
    Insomma, come sovente accade, probabilmente la chiara fama di Umberto Eco ha comportato una certa sopravvalutazione della sua opera.

  2. anonimo scrive:

    Caro Professore
    Un bicchiere di vino o mi piace oppure non mi piace.Quindi tutti i tecnicismi li ritengoinutili.
    Ora vengo al romanzo Il nome nome della rosa. Non mi piace e propio no.
    Per primo vorrebbe far passare il messaggio che parte dellala chiesa nasondesse qualcosa del pensiero di Aristole. Il ridere.
    La chiesa invece ha tramandato a pieno Aristotele, semmai meno o niente Pitagora.
    Per secondo l’inquisizione fu molto blanda e non con quell’efferatezza che dice il libro.
    L’inquisizione fu tremenda da parte dei principi per i loro avidi scopi e rubare le terre al vicino, o magari per placare il popolo di qualche pestilenza, bruciavano qualche povera disgraziata.
    Ma guarda professore che devo fare, difendere la chiesa. E’ doloroso farlo per me dato che con la controrifirma ha annientato il popolo italiano.
    Ma non sopporto chi vuol far passare un romanzo come documento storico….

    • a.b. scrive:

      Ho letto Il nome della rosa che avevo 14 o 15 anni al massimo, aimè quindi più di 30 anni fa, il ricordo ormai lontano rimane quello di un grandissimo libro, nel quale si mescolano romanzo storico, giallo e saggistica. Io lo divorai, e per la prima volta iniziai a passare le mie serate e le notti divorandolo, lasciando perdere la televisione. Altri tempi. Non sono assolutamente d’accordo sulla superiorità del film, che pur essendo bello, non poteva che concentrarsi sul giallo, appagando solo chi è privo di curiosità intellettuale e di passione per la storia. Riguardo al commento sul voler far passare il romanzo come documento storico, proprio non lo capisco, non mi pare fosse nelle intenzioni di Eco e neanche a 14 anni un tale dubbio mai mi sfioró. Per quanto riguarda l’inquisizione poi il giudizio mi pare un tantino azzardato e poi andrei a riguardarmi un attimo le vicende dell’eresia Catara, che se ben ricordo era uno dei fulcri dell’intreccio. Prima di lanciarmi in giudizi su quanto potesse essere blanda la chiesa medioevale, chiederei un parere agli albigesi.

      • anonimo scrive:

        Caro A B
        I Catari vivevano la loro fede sul principio della povertà evangelica ed altre facezie.
        Erano risaliti fino in francia dalla via balcanica, avevano messo radici anche in italia ma meno. Ognuno può credere a quello che vuole, ma che si possa vivere di povertà è impossibile. Senza dubbio qualcuno viveva da riccone su qualche credulone, gli altri mangiavano bene dicendo di essere poveri.
        AI principi cristiani fedeli alla chiesa di Roma gli si presentò una buona occasione, di prendersi tutto con la benedizione del celo. Di cristiano sinceramente avevano poco
        perché massacrarono tutti o quasi gli Albigesi, da non lasciare erede perché reclamasse qualcosa. Vi erano anche dei vescovi, ma anch ‘essi più che vescovi erano principi. Ed fu anche che la lingua d’oeil vinse su la lingua doca.
        La chiesa di Roma visti questi movimenti sopperi facendo nascere i Francescani.
        Come dire se vuoi essere povero fai il Francescano. Ma lascia stare i ricchi.
        Caro A.B cosi vanno le cose del mondo anche oggi.

  3. Simone Poli scrive:

    Caro Raffaele

    il genio per me è una qualità erotico razionale in grado di farmi scoprire quello che non sarei stato in grado né di capire (come un sentimento elaborato) né di pensare (come una riflessione approfondita).
    Il genio mi fa sempre ripartire dalla pura emozione, mi spiana come una tabula rasa, mi annichilisce con intenso piacere.
    Spiazza il mio neurone specchio con sentimento

    Per Umberto Eco – spesso geniale – esprimo ammirazione, tanto più vera quanto più volte è stata messa alla prova, con riconferme costanti e spesso sorprendenti.

    In fondo ha dato un esempio: ci ha dimostrato che non si finisce mai di imparare se sai farlo con la leggerezza e l’intelligenza di chi poi deve, per passione, saperlo trasmettere agli altri.

    L’ultimo suo testo sta lì a dimostrarlo.
    Numero zero, sulla crisi dell’informazione italiana.
    Ovvero i giornali che nascono come strumento di pressione lobbistica, molto spesso per nascondere le notizie vere, riciclandole in fonte di ricatto.

    Senza dimenticare che l’origine delle opinioni non è la realtà ma il desiderio di costruirla su interessi inconfessabili.
    Tanto che la classe dirigente non ha nemmeno il pudore di confrontarsi con la realtà ( a livelli basici non puoi vivere di rilanci continui).

    Tutto il contrario, come vedi, dello spirito e della tigna che sta dietro i giornalisti del “caso spootlight”, così bravi da distruggere i propri idola.
    Sfuggire dalla tentazione del compromesso, evitare la levigazione, rifiutarsi di cedere alle pressioni, al conformismo e al quieto vivere dell’appartenenza.

    Come dice il direttore al cardinale : meglio collaborare da soli che unire le istituzioni in una sola voce.

    Quei giornalisti, in fondo, fanno il loro mestiere con passione e con rigore (divertendosi).

    La cosa mi ricorda Eco e per quanto riguarda il suo impegno politico (ultima epifania : libertà e giustizia) non mi sembra giusto collocarlo fra quelli che si accontentano della sola gioventù.

    Anzi , la Costituzione è più importante di un Governo.
    Se non ho capito male la pensava esattamente come Zagrebelsky, Pace e Bonsanti.

  4. il solito ignoto scrive:

    mi rendo conto di aver postato un giudizio troppo severo,eco non mi piaceva,ma forse anch’io mi son fatto trascinare.
    chiedo all’eretico di cancellare il mio precedente commento.
    grazie

    • Eretico scrive:

      Caro “Solito ignoto”, eccoti ovviamente accontentato: peccato, perchè il tuo intervento aveva spunti ficcanti (vedasi intervento di Dacia Valent sulla Fallaci)…

      A Simone Poli (recordman di presenze alle presentazioni di “2019”, chapeau): mi dispiace davvero che il buon Umberto Eco ci abbia lasciato. Anche perchè avrei voluto vedere fino a quanto si sarebbe esposto nella difesa della Costituzione, appropinquandosi il Refendum di ottobre…

      L’eretico

  5. Marco Burroni scrive:

    Un ricordo un po’ ingeneroso nei riguardi di Eco, intanto perchè non è colpa sua se le Università italiane sono diventate feudi di certi professori desiderosi di creare cattedre per sistemare amici, parenti e seguaci, poi perchè la semiotica è tutt’altro che fuffa ( tra l’altro la semiotica moderna nasce negli Stati Uniti tra il 19° ed il 20° secolo, Eco semmai l’ha ampliata creando la semiotica interpretativa). In ogni caso il suo merito principale, secondo me,suo e di pochi altri, è stato quello di traghettare la cultura italiana,ancora ferma al neoidealismo ottocentesco,nel 20° secolo… ci sarebbe tanto bisogno oggi di un nuovo Umberto Eco che ci porti nel 21°.

  6. Eretico scrive:

    Caro Marco,
    se leggi con attenzione, vedrai che il giudizio di questo blog nei confronti di Umberto Eco è sfaccettato, ma certo non così negativo, anzi.
    Tra l’altro, è una persona con cui avrei trascorso volentieri una serata (per la sua apprezzabilissima erudizione, e parimenti per il suo apprezzare i piaceri della buona tavola).
    Ciò detto, il giudizio sulla Semiotica (e soprattutto sui suoi epigoni), lo confermo in toto.

    L’eretico

  7. Andrea Marroni scrive:

    Premesso caro Eretico che a me interessa della Mens Sana e aspetto con interesse tuo intervento (soprattutto ora che ho saputo di gravi minacce e atmosfera al palasport ben più pesante di due anni fa), mi chiedevo se durante la esilarante commedia-parodia del liceone Classico tu abbia recitato. Mi sembra di sì. Io forse ero in 5A ginnasio ma ho memoria molto fragile.

    • Eretico scrive:

      Caro Andrea,
      per “commedia-parodia” del Liceo, tu intendi quella sul Nome della rosa, immagino; ebbene sì, recitai! Mi apri una parte dell’ippocampo che era chiusa da decenni…
      Sperando di non fare confusione con l’Odissea, mi pare di avere interpretato in quell’occasione il ruolo del bibliotecario severo ed arcigno, che scudisciava i fraticelli. Sì, in effetti non poteva essere l’Odissea…

      Sarebbe bello rivederla, quella commedia liceale; se qualcuno avesse il materiale, si potrebbe organizzare un qualcosa, tra il serio ed il faceto…

      L’eretico

  8. VEDO NERO scrive:

    Non vorrei passare per ignorante, insensibile, ma dopo avere letto appena dieci pagine del ‘Nome della rosa’ di Eco smisi di leggere perché lo stile era troppo pesante, ampolloso, davvero non mi piaceva. Il film non l’ho visto, forse lo farò in seguito, ma se è simile al libro che dormita mi farei. Penso che Eco sia stato molto sopravalutato, mi sbaglierò sicuramente, ma preferisco altri autori meno involuti.

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