Eretico di SienaLa domenica del villaggio: un libro, una cena, un film (e 4 Ps) - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: un libro, una cena, un film (e 4 Ps)

- 05/02/17

Consueto appuntamento cultural-domenicale del blog, con un menu as usual articolato in tre fasi: recensione di un libro monografico sulla fondamentale battaglia di Teutoburgo (9 d.C.), in cui le truppe delle tribù germaniche, guidate da Arminio, sconfissero quelle romane capitanate da Varo; poi, partendo dalle chiacchiere in libertà durante una cena in pizzeria, una riflessione sui primi, intensissimi, 15 giorni di Trump al potere; infine, la recensione di un film, il sequel di “Smetto quando voglio”, recensito a suo tempo (2014), sempre in questa rubrica.

Buona lettura a tutti, dunque!

 

UNA SCONFITTA BRUCIANTE, NON RISARCIBILE: TEUTOBURGO (9 d.C.)

Ci sono battaglie che segnano un’epoca, e che, soprattutto, sono un autentico spartiacque tra il prima ed il dopo, nel contesto storico dato: Teutoburgo è assolutamente una di queste. “La battaglia che fermò l’Impero – La disfatta di Quintilio Varo nella selva di Teutoburgo”, dello storico ed antropologo americano Peter Wells (Il Saggiatore 2016 – uscito negli States nel 2003 -, 264 pagg., 20 euro), approfondisce giustappunto questo evento specifico, inquadrandolo nel contesto delle lotte fra popolazione germaniche ad Est del Reno, ed i romani, ansiosi di fare proprie quelle stesse terre una volta per tutte (ma dopo Teutoburgo, al di là di qualche tentativo fatto per sapore di vendetta dopo il 9, Roma si rassegnò finalmente all’impenetrabilità della regione in oggetto).

“Quintilio Varo, rendimi le mie legioni!”, questo il celebre e reiterato grido di lamento che Augusto – secondo Svetonio – avrebbe pronunciato per mesi, disperato non solo per i 15mila uomini persi (tre legioni), ma per l’affronto subìto, allorquando all’improvviso si udirono le grida raggelanti degli aggressori germanici – guidati da Arminio – che piombarono da ogni lato sulle tre legioni romane. La conoscenza del luogo, le sue caratteristiche (luogo stretto e chiuso, circondato da paludi), nonché l’effetto sorpresa, fecero il resto, il tutto abbinato alla straordinaria determinazione guerresca delle truppe autoctone.

Arminio divenne poi, nel lungo periodo, uno dei paladini dell’eroismo germanico, in chiave antiromana in particolare (in particolare, dopo che la “Germania” di Tacito fu pubblicata a stampa, nel 1470): Lutero stesso lo ammirava, e non è difficile capirne il perché; a Detmold (Germania settentrionale), c’è una gigantesca statua in rame raffigurante Arminio che brandisce, con la destra, la spada della vittoria su Roma. Il Wells pubblica anche una xilografia cinquecentesca, nella quale troviamo un Arminio – con anacronistica bardatura medievale! – che la spada, questa volta, la brandisce con la sinistra: giacché, con la destra, tiene la testa di Varo, grondante sangue…

Ultima notazione (per meri motivi di spazio, perché moltissimo altro ci sarebbe): molte delle truppe che fecero l’agguato di Teutoburgo (e lo stesso Arminio, con i suoi Cherusci), avevano servito, come truppe ausiliarie, i Romani, negli anni a precedere. E da loro avevano imparato molto, nell’arte del corpo a corpo e della medicina da campo (quella che si può immaginare). Gli unici che non erano mai scesi a patti con Roma negli anni precedenti, infatti, non erano stati gli uomini capeggiati da Arminio: erano stati i Marcomanni.

A dimostrazione del fatto che – come gli States negli ultimi due secoli bene ci insegnano, da Bin Laden in avanti – il servirsi di truppe autoctone può rivelarsi un devastante danno futuro, dopo il vantaggio iniziale.

 

“SMETTO QUANDO VOGLIO” (MEGLIO ADESSO)…

Anche il sequel di “Smetto quando voglio”, in questi giorni in sala dopo l’uscita tre anni or sono dell’allora novità, è film godibile, anzi godibilissimo, con alcune sequenze notevoli (la squadra di ricercatori universitari che parte, per il recupero di materiale scottante, con tanto di equipaggiamento nazista, proveniente direttamente da Montecassino, per esempio); un consiglio al regista Sydney Sibilia, però, ci sentiamo in dovere di darlo: non girare il seguito, forse sarebbe stato un peccato. Girare il terzo (che peraltro stanno già girando), diventa davvero eccessivo: est modus in rebus, per Zeus.

L’ottima idea di fondo, il messaggio amarissimo della pellicola (fior di cervelli costretti a andare all’estero per lavorare, o a demansionarsi pur di raccattare un qualche stipendio), diventa inevitabilmente ripetitiva, sebbene qui ci sia il rovesciamento prospettico: le smart drugs, nel sequel, loro le devono segnalare alla Polizia, non il contrario. Sono diventati i “buoni”, insomma. Anche se, poi…

Una curiosità: tutta quanta l’operazione, congegnata da una ambiziosa e giovane poliziotta, va come va a cagione di una…blogger! E questo, per mero spirito corporativo, non può non essere segnalato e celebrato, no?

 

UNA CENA, E ARRIVA TRUMP

Cenetta in pizzeria, con amici che un po’ di mondo l’hanno girato, anzi parecchio (scrivendone); e – vista l’età – ne hanno viste di cotte, di crude e di così così. Ad un certo punto, arriva, irrompe The Donald, al centro della conversazione: non ci saremmo aspettati un allineamento alla più scontata vulgata politicamente corretta anti-Trump, questo no. Però, un atteggiamento critico, questo sì: invece parte subito la sviolinata per il magnate from NYC.

“Lui sì, che è coerente, che le cose promesse in campagna elettorale le fa!”; non vogliamo contraddire troppo duramente chi ci sta davanti: ne rispettiamo la statura di uomo esperto di mondo. Proviamo solo a dire che anche Hitler era stato, dopo il 1933, di una coerenza assoluta, granitica, rispetto a quanto affermato negli anni e nei mesi pregressi. “Che c’entra, era un contesto completamente diverso!”; certo, certo: non fosse altro che perché il Wall Street Crash era stato peggio della pur durissima crisi del 2008, e, soprattutto, non c’era stata una Grande Guerra prima. Fortunatamente, la bontà della pizza prende il sopravvento, e tornano in campo i pristini discorsi. Trump si allontana.

Sintesi della storiella: esiste – eccome se esiste – il conformismo del politicamente corretto; ma ormai è ben presente anche, del tutto speculare al primo, un appiattimento acritico di molti contro quello che era il politically correct sinistrorso. A priori, quasi prescindendo dai fatti.

Dunque, si passa – o quantomeno si rischia di – da un conformismo all’altro: gran brutto segno dei tempi…

 

Ps 1 “I popoli imparano più da una sconfitta, che non i re da un trionfo”; riletta in settimana, questa frase pronunciata da Giuseppe Mazzini al cospetto di Carlo Alberto nel 1831, conserva intatta tutta la sua profondità di analisi. E la sua attualità: rara avis, quando un uomo di effettivo potere, dopo una sconfitta, ne capisce fino in fondo le intrinseche ragioni.

Ps 2 Il prossimo 13 febbraio sarà la Giornata dedicata all’Epilessia (sarebbe più corretto parlare di epilessie, perché ce ne sono di vari tipi); il Corriere Salute di oggi scrive del grande disagio dei 2/3 dei malati, quelli meno gravi, i quali NON denunciano di essere tali, per paura di discriminazioni sul luogo di lavoro ed in società. Urge intervenire, magari: ricordando – se la cosa può consolare – che anche l’Alighieri, molto probabilmente, soffriva di una qualche forma di epilessia.

Ps 3 A questo siamo ormai arrivati: in Romania, migliaia di persone in piazza (non solo a Bucarest), contro l’indecente tentativo del Premier socialdemocratico di coprire per Legge la corruzione. Onore al popolo romeno in piazza pacificamente (tra l’altro, con pieno successo). Era dai tempi di Ceaucescu, che non accadeva. Il dato comparativo con l’Italietta, è tristemente impietoso…

Ps 4 Intervento di un gruppo di docenti universitari, con intellettuali vari al seguito (tra le quali l’ottima Mastrocola e Benedetto Vertecchi, di cui questo blog si è occupato più volte), per denunciare pubblicamente lo stato pietoso della conoscenza dell’Italiano fra i giovani di oggi: ci sono tesi di Laurea, infatti, con errori da scuole elementari (acche a caso, accenti, apostrofi ed altre amenità). Sacrosanta la denuncia, ma tranquilli: resterà lettera morta. Non servirà assolutamente a niente, purtroppo.

Chi vive la scuola dall’interno, lo sa sin troppo bene: la rincorsa verso il basso, verso il fondo, verso il baratro assoluto, procede. Inesorabile, e neanche tanto lenta: scuola sempre meno selettiva e più comprensiva, e meritocrazia che va a farsi benedire. Bocciare, mai (anche dare voti selettivi): così i genitori non si arrabbiano, non ci sono ricorsi di avvocati da affrontare, e tutti vivono sereni e contenti.

Quos vult perdere, Deus dementat prius…

 

16 Commenti su La domenica del villaggio: un libro, una cena, un film (e 4 Ps)

  1. Edoardo Fantini scrive:

    Illuminami Eretico

    Cosa promise Hitler nel 1933 che a te indigna tanto, Eretico?

    • Eretico scrive:

      Mah, avendo letto illo tempore il Mein Kampf, mi pareva di ricordare che qualcosina che mi stonava ci fosse, ma forse ricordo male…

      Passo e chiudo, l’eretico

      • Edoardo Fantini scrive:

        Raccontaci che cosa c’hai letto nel ” Mein kampf “, altrimenti rimarremo tutti col dubbio…che tu non lo abbia mai aperto.

        • Eretico scrive:

          Caro Fantini, non rientro di certo fra quelli che millantano letture non fatte (poi ognuno pensi quello che vuole, si capisce).

          Siccome ho impegni molteplici – fra blog, tv e scuola -, e sto per partire per Siviglia con i ragazzi, penso che ne riparleremo in altra sede, con più calma: comunque una parte che mi viene subito a mente, per non parlare sempre degli ebrei, è quel bel, sano razzismo verso i boscimani e gli ottentotti. Ma già si sa ciò che dirà il grande Fantini, a difesa del Mein kampf: questa forma mentis ce l’avevano anche le democrazie, perfino l’Inghilterra…

          L’eretico

          • Domandina... scrive:

            Ma delle “magagnucce”del personaggio che invitò ad andare al mare in sede di ballottaggio ne parlerai,Raffaele?
            Oppure,in ragion di contiguità con la di lui difesa,omettiamo anche di scriverne una singola parola?

          • Eretico scrive:

            In trasmissione, ne ho già parlato (basta vedere stasera, per credere); e se ne riparlerà in seguito, tranquilli…

            Al Fantini, che merita un’ultima, ultimissima risposta, in questa sua nuova versione così attenta anche al Nazismo: se uno non può citare argomentazioni forti di un testo, senza indicarne le pagine (peraltro del Mein kampf ci sono varie edizioni-traduzioni, come chiunque sa), siamo messi bene (o male) parecchio…

            Un saluto dall’aeroporto di Bologna, in attesa del check in, l’eretico

          • Edoardo Fantini scrive:

            Ottimo, a questo giro l’Eretico ci spiega che a cena con i suoi amici quando parlò della coerenza di Hitler si riferiva a ciò che il tedesco pensava degli ottentotti e dei boscimani. Queste notizie, il professor Ascheri, ci scrive che le trovò “ille tempore” sul Mein kampf. Naturalmente non ci indica le pagine, chissà perché…

          • Dato che si citano gli ottentotti,faccio notare che già in epoca Guglielmina
            La prassi teutonica di considerare le popolazioni africane ,si basava sullo
            Sterminio di chi non accettava la dominazione tedesca.
            Nel 1904 nell attuale Namibia il gen. Von Trotha (al quale pare si sia ispirato Bossi per il soprannome del di lui figlio)dichiaro’ guerra di sterminio agli herero ,arrivando a ordinare l’ uccisione di donne
            Bambini e anziani ,con espedienti quali l avvelenamento dei pozzi .
            Fulgido esempio di una attitudine teutonica che Htler perfezionò.
            E della quale anche il chiorbone di Predappio si rese protagonista ,ordinando
            Trenta anni dopo ,in Etiopia i bombardamenti col gas degli etiopi.
            C’era da lavare nel sangue l’onta di Adua, perbacco.
            Da Bormida e Arimonda,furono infine vendicati ,l’Aquila romana svetto’ sulle ambe abissine ,l onore italico fu riscattato,la civiltà romana ,come ai bei
            Vecchi tempi di Ottaviano fecondo’ quelle barbare terre.Ove prima sterminammo,
            Ma poi portammo strade ferrovie e ravversammo quei barbari primitivi,
            Chi non prova orgoglio e nostalgia per ciò ,e’ indegno di appartenere alla
            Stirpe italica,
            Che poi anche l alleato teutonico ,va rivalutato……SEMMAI
            Fantini. A NOI!!!

          • Edoardo Fantini scrive:

            D’avvero Manunta, i gas in Etiopia li ordinò Mussolini? Dove lo hai imparato, in classe con l’Eretico orgoglioso discepolo di Del Boca? Ti dò una dritta, anzi la dò a tutt’e tre: Mussolini ordini di quel genere non poteva darne. Guardiamo se riuscite a scoprirne il motivo (io intanto me la rido).

  2. Paolo Panzieri scrive:

    TEUTOBURGO (9 d.C.)
    La storia passa attraverso le grandi battaglie, che paiono costituire degli snodi imprescindibili del suo svolgersi.
    In realtà nella fattispecie le sorti dell’espansione romana erano già state segnate nella sostanza altrove.
    La feroce rivolta della Pannonia e dell’Illiria del 6 d. C. aveva, infatti, impedito all’Impero di eliminare, come pianificato, i Marcomanni che rappresentavano ormai
    l’unico ostacolo rimasto per l’acquisizione della cosiddetta “Germania Magna” come provincia.
    Per ottenere la pacificazione della Pannonia, infatti, Augusto aveva dovuto arruolare perfino schiavi e liberti ed impiegare ben tre anni.
    L’Impero, quindi, nel 9 d. C. era stremato.
    Nel frattempo Varo, una specie di burocrate piuttosto che di generale, pretendeva di esigere tasse e tributi dai territori a torto ritenuti già assoggettati e pacificati.
    Di qui l’imboscata frutto del tradimento di Arminio, evidentemente incoraggiato dalla situazione sul campo, non più così favorevole ai Romani.
    Di fatto l’Impero aveva fatto il passo più lungo della gamba e non aver chiuso a tempo la partita portò alla sua sconfitta definitiva.
    La “Germania Magna” rimase solo un sogno irrealizzabile.

    • VEDO NERO scrive:

      Comunque ci rimisero i Germani con la perdita di secoli di civiltà romana. Forse sarebbero stati più elastici e meno pragmatici di come sono adesso.

  3. VEDO NERO scrive:

    PS 4: tra ‘piuttosto’ usati a sproposito e congiuntivi a caso la lingua italiana è lo specchio dello stato dell’Italia. Non vedo belle cose in futuro, tutt’altro, il successo dell'”Isola dei famosi”, il “Grande Fratello” e simili dimostrano il livello culturale degli attuali italiani. Ricordo ancora gli sfondoni grammaticali e sintattici di un Ministro all’Istruzione, donna con un cognome, Gelm..i, che tra congiuntivi e ‘piuttosto’ a caso espose la sua fallimentare riforma della scuola. Spesso guardo RaiStoria e quando sento le persone di allora, gente semplice con poca istruzione, noto che parlavano molto meglio di questi attuali pseudo intellettuali. Certo se un Moccia fa furore che ci si deve aspettare? Oggi bastano tre o quattro parole infarcite con qualche altra in inglese ed il gioco è fatto. Ma è il potere che vuole così per governarci, un tempo con i miti della razza, della falsa fede ed altre fole eravamo carne da cannone, ora con i moderni miti inculcati dai media siamo cervelli a perdere. E quando le vecchie generazioni saranno finite che mondo sarà con queste menti bacate? Mi spiace per i figli e nipoti anche se personalmente cerco di farli riflettere, pensare, ma è sempre più difficile. Dicono che il futuro sarà caratterizzato da una tecnologia sempre più avanzata con pc sempre più sofisticati, ma ci si scorda quello che ci verrà messo dentro e, per come stanno le cose al momento, non credo che il rispetto della persona e la sua libera scelta sarà l’obiettivo di chi comanda, tutt’altro. Nascere, non pensare, voto politico, poca lettura e informazione, facebook, whatsapp, castronerie varie propinate dai media, cervello all’ammasso, comprare, consumare, morire e il ciclo ricomincia.

  4. anonimo scrive:

    Caro Professore
    La sconfitta di Varo non fu uno spartiacque, ma una piccola battaglia. I Romani avanzavano con la forza della legge che sotto Augusto regnava ovunque la pace.
    Il divide et impera è solo un modo di dire. I romani univano non dividevano.
    Ora professore che si vada a leggere un professore americano mi pare un poco forzato. Sarebbe bene che che il medesimo professore guardasse a casa sua, cosa lasciano i suoi compatrioti. Lasciano, disordine, morte e distruzione, e questo è sotto gli occhi di tutti.

  5. Pare che Tacito nella vita di Agricola si sia espresso altrimenti nei confronti della civiltà romana.e Delle modalità con le quali veniva imposta:
    Fanno il deserto e poi la chiamano civiltà ,
    Ma se uno preferisce l agiografo Tito Livio (che Ottaviano non a caso coccolava),alle considerazioni di Tacito o magari alla maggiore obbiettività di Polibio (che essendo vissuto più di un secolo prima di teutoburgo non ha potuto darci descrizione del periodo imperiale),de gustibus
    Resta casomai da considerare che i romani ,la loro pace ,non richiesta la esportavano, spesso,senza interpellare prima i pacificati.
    Stile usa.
    Se poi si vuol parlare di civiltà pare che prima di entrare a contatto con gli etruschi,i romani fossero un coacervo di allevatori dediti all’abigeato e al ratto della femmine.
    Pare , si dice e mormora che senza il contributo Delle culture etrusca e poi
    Greca ,i romani non abbiano autonomamente prodotto granché a livello culturale.
    Sempre stile USA

    Ma forse mi sbaglio

    • Paolo Panzieri scrive:

      A proposito di “stile USA” consiglio il bellissimo libro di Edward K. Luttwak La Grande Strategia dell’Impero Romano.
      In questo testo del 1976 il futuro consigliere di Ronald Reagan analizza la difesa del limes da parte dei Romani, con un occhio alla guerra fredda dei sui tempi ed alla Nato.
      Più di un parallelo ….
      Più recentemente ha pubblicato il sequel sull’impero Bizantino, aprendo uno spiraglio su quel mondo praticamente dimenticato dalla scuola italiana e non solo.

  6. Secondo Tacito ,così si esprimeva Galaco ,capo dei caledoni su l impero
    Romano:
    Loro bramano possedere con eguale smania ricchezze e miseria ,rubano ,massacrano rapinano e con falso nome lo chiamano impero
    Fanno il deserto e lo chiamano pace.
    Così ,tanto per riportare come era visto l impero da chi, era costretto
    A confrontarsi con l imperialismo Romano.
    Cari professori senesi/senio romani ,saluti dal facchino etrusco/,ligure

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