Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Moro, Polanski, scuola (e Ps a lutto) - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Moro, Polanski, scuola (e Ps a lutto)

- 11/03/18

Dopo la inevitabile pausa per il voto del 4 marzo, ritorna la rubrica cultural-domenicale del blog, ricca come e più del solito, dovendo smaltire il materiale di domenica scorsa; si parte con una rievocazione del giorno del rapimento di Aldo Moro e della strage della scorta, in occasione dei 40 anni dall’evento; poi la recensione dell’ultimo film del sempre notevole Roman Polanski; dipoi, la consueta rubrica scolastica, sempre al Caso-Moro dedicata: chi leggerà, bene capirà il perché di questa scelta.

Per concludere con qualche suggerimento culturale per la settimana ineunte, e con Ps listati a lutto, con coccodrilli meritatissimi per un grande storico italo-francese (Pierre Milza), e per una figura di intellettuale straordinaria sotto vari aspetti (a partire dalla longevità!): Gillo Dorfles.

Buona lettura a tutti, dunque!

LA NOTTE DELLA REPUBBLICA: IL CASO-MORO

Letteralmente non possibile, il sintetizzare tutto ciò che si avrebbe da scrivere sul Caso-Moro, alla vigilia di questo 16 marzo che rappresenta il quarantennale del tragico evento; ci limiteremo, quindi, a sole due considerazioni, oggi che il distacco da quel giorno lo porta ormai ad essere in via di uscita dalla cronaca, per entrare di diritto nella Storia dell’Italia repubblicana, di cui rappresenta certo uno dei passaggi più funesti (il più funesto?).

Parafrasando Gobetti, il Caso-Moro è davvero una (seconda) autobiografia della nostra Italia (la prima essendo – come ben risaputo – il ventennio mussoliniano); prima considerazione: la fermezza. Scelta giusta, legittima, sacrosanta: per motivi di principio, perché i terroristi non vanno mai legittimati politicamente; ancora più sacrosanta, perché c’erano cinque servitori dello Stato (Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi), il cui sangue – al netto della retorica – non poteva avere un peso specifico minore di quello del Presidente della Democrazia cristiana. Fermezza, però, sarebbe dovuta essere per tutti, quantomeno all’interno del medesimo contesto eversivo: invece il Caso-Cirillo (il dc campano rapito nell’aprile del 1981), fece capire tre anni dopo che la coerenza non è virtù italica, per così dire. Per qualche democristiano si poteva trattare, per altri no.

In secondo luogo, l’inefficienza platealizzata, con covi non così introvabili, eppur non trovati; ed anche in questo caso, il 1981 fu l’anno della cartina di tornasole: rapimento del generale USA James Lee Dozier (17 dicembre 1981); in quel caso – con un “aiutino” targato Washington, certo: ma quello c’era stato anche per trovare Moro, se è per questo -, l’ostaggio stars and stripes tornò a casa. Sano e salvo.

Miguel Gotor – che prima che politico, è un valido storico, che si è a lungo occupato del dramma in questione, in particolare con “Il memoriale della Repubblica”, per Einaudi – ricorda giovedì, sul Fatto, che Aldo Moro, nelle ore precedenti alla sua uccisione, era convinto che sarebbe stato liberato, di lì a poco.

Ai tanti misteri, anche questo si aggiunga…

IL BUON,VECCHIO ROMAN NON TRADISCE MAI…

“Quello che non so di lei” è l’ultima fatica dell’ultra-ottantenne Roman Polanski: un regista, una garanzia; uno che ormai – e nel senso migliore del termine, sia chiaro – va avanti con il suo pilota automatico, dispensando autentiche lezioni di regia.

Il film in questione – tratto da un romanzo di Delphine de Vigan – narra dell’implacabile crescendo di un’amicizia sin troppo intensa (ma non nel senso furbescamente suggerito dalle immagini del lancio: non aspettatevi scene di omoerotismo) fra una scrittrice, baciata da un clamoroso ed improvviso successo, in crisi però di ispirazione per il nuovo libro (una Emmanuelle Seigner, moglie del regista, che si vorrebbe cercare di imbruttire, visto il ruolo interpretato: con scarsi risultati, peraltro…), ed una giovane ghost-writer (la magnetica Eva Green), la quale si insinua, con una progressione inarrestabile, nella vita personale e familiare della scrittrice di successo, fino alla quasi sostituzione di lei.

Polanski è un maestro, e dove si vede il maestro, di grazia? Nella capacità di evidenziare la profondità psicologica dei due personaggi (se c’è una vittima – e qui c’è! -, c’è anche quasi sempre un/una carnefice, cui la vittima concede colpevolmente uno spazio che mai si dovrebbe concedere); ma soprattutto, la mano del grande regista si palesa in certi passaggi, in cui la tensione raggiunge davvero l’apice, per poi sfociare “solo” in un rimando alla sequenza successiva: tensione continua, mai liberatoria fino alla fine. Come in un thriller di un maestro, per l’appunto…

L’ANGOLO DEL PROF: ANCORA MORO

Come ogni americano per quel giorno del 1963 a Dallas, ogni italiano più o meno ricorda quel 16 marzo 1978: dove si trovasse, cosa stesse facendo; per quello che mi riguarda, come non tornare dunque con la memoria a quella mattina, in cui ovviamente facevo il mio dovere di scolaretto (con il grembiulino, se ben ricordo)? Una cosa, su tutte, rimembro: alcuni genitori – non saprei davvero dire quanti, mi sia concesso – appena sentita alla radio o alla tv la notizia dell’eccidio in Via Fani, vennero a prendere i loro pargoletti. Sì, li fecero uscire da scuola, per portarseli a casa, in un desiderio evidentemente di protezione: c’era chi paventava la possibilità di un qualcosa che assomigliasse ad uno stato di assedio.

Veniamo all’oggi: come spiegare il rapimento Moro agli studenti odierni, che pensano ci si possa immolare solo per motivi religiosi? Non è facile, eppur provare si deve: facendo loro capire che la pratica politica era vissuta come totalizzante, come accade per l’appunto con il fondamentalismo religioso oggi. Ci vuole tempo e pazienza: come, d’altra parte, per superare la succitata “notte della Repubblica”.

Così come non è facile fare loro capire che Aldo Moro, quella mattina, si portava dietro anche una decina di tesi di laurea dei suoi studenti, da controllare negli intervalli dell’attività politica: sì, ormai è Storia, non può più essere cronaca dell’oggi…

Ps 1 Prima di iniziare con i coccodrilli, due appuntamenti culturali per la settimana ineunte: si parte con un altro appuntamento meritorio organizzato dall’istituto Sarrocchi in Via Pisacane 3 (rassegna “C’era una volta il Novecento”); giovedì 15 marzo, alle ore 15, il professor Franco Nardi terrà una conferenza intitolata “Vita e costume in Italia dal dopoguerra agli anni ’50”. Ingresso libero, per chiunque voglia.

Ps 2 Secondo appuntamento, questo martedì alle 17,30 nella sala storica della Biblioteca comunale: il professor Massimo Bucciantini presenta il suo “Un Galileo a Milano” (Einaudi, 2017), con Luigi Oliveto ad introdurre; dopo il suo bel libro dedicato al monumento a Giordano Bruno in Campo dei fiori (di cui scrivemmo illo tempore), Bucciantini ci offre la ricostruzione di un altro passo importante sulla via della sana laicizzazione culturale del Paese (ormai degradata a mera secolarizzazione consumistica): il memorabile spettacolo teatrale – tratto da Brecht, messo in scena a Milano da Giorgio Strehler – dedicato alla figura di Galileo Galilei. Correva l’anno 1963…

Ps 3 Ci ha lasciato lo storico contemporaneista Pierre Milza, classe 1932; un autentico ponte fra la Storia italiana e quella francese, lui figlio di un italiano – resistente sul Piave -immigrato in Francia, a Nizza (città che non può non essere ponte, a sua volta, fra Italia e Francia). Esperto di Fascismo, autore di una eccellente biografia del Duce (“Mussolini”, Carocci, 2000), e non solo. Non amava troppo Croce, ma era come lui convinto della intrinseca contemporaneità di OGNI momento storico: “solo un interesse della vita presente ci può muovere ad indagare un fatto passato”. Parole da incorniciare, da scolpire sul marmo di miglior pregio.

Ps 4 Sembrava fosse un autentico highlander, capace di fare sci di fondo fino ai 100 anni (!); alla fine, alla Biologia si è arreso anche Gillo Dorfles, alla venerandissima età di 107: classe 1910, aveva conosciuto Italo Svevo, suo testimone di nozze era stato Arturo Toscanini, di Lucio Fontana era stato amico. Inesausto di curiosità per i campi più disparati dello scibile umano (era laureato in Medicina e specializzato in Psichiatria), i suoi due capolavori sono “Il kitsch” (1962) e “Il disegno industriale e la sua estetica”, ma anche “Fatti e fattoidi” (1997), in cui anticipava – come era sua peculiarità sapere fare – tematiche come quella delle fake news. Essendo morto crocianamente “vivo”, sta per uscire postumo il suo ultimo libro: “La mia America”, in cui ha raccolto le sue osservazioni su alcuni usi e costumi degli States. Ecco un libro che non perderemo, e ci auguriamo non solo noi…

 

4 Commenti su La domenica del villaggio: Moro, Polanski, scuola (e Ps a lutto)

  1. Caramellato del Buti II scrive:

    Hai fatto molto bene a fare il parallelismo fra quel marzo 1978 ed il novembre 1963 per gli americani. Mi pare che il tutto si possa allargare in modo ulteriore, perché misteri ne permangono, piccoli brandelli di verità si fanno strada piano piano. Suggerisco la lettura dell’ultimo libro di Marco Damilano Un atomo di verità.

  2. Ermellina scrive:

    https://youtu.be/frR9grTDWM8
    Quattro interessanti video sull’argomento, sul canale di Byoblu (Claudio Messora)

  3. Luca Gonnelli scrive:

    Il 16 marzo 1978 venne proclamato lo sciopero generale. Per questo le scuole chiusero e i genitori vennero a prenderci. Sarebbe interessante ritrovare qualche testimonianza sulla storia di Beppe il bugiardo. Mi pare che tu ne abbia scritto in un tuo libro.

  4. Maurizio scrive:

    Caro raffaele, sul caso moro qualcosina ho letto, ma più che altro ho avuto contatti diretti con i suoi familiari. allora le cose sono 2. i loro familiari mentono, oppure la sua morte fu decretata dai nostri (amici americani). proprio così. all’epoca era semplicemente impensabile anche un avvicinamento del pc al governo. al sottoscritto, ribadisco, persona vicinissima a moro, mi ha confidato che dagli stati uniti giunsero chiarissimi messaggi che (o moro cambiava idea, o sarebbe finita). poi giustamente hai scritto che per qualcuno della dc si poté trattare, con altri no. mi dispiace, mi aspetterei un affondo più duro da parte tua, visto che da insegnante hai l’importante compito di trasmettere ai giovani i fatti il più possibile vicini alla verità storica. quando il picconatore dichiarò: ” la morte di moro era necessaria, cosa voleva dire? c’è qualche morte necessaria? quando moro scrive: il papa ha fatto un po’ pochino, oppure: il sangue ricadrà su Zaccagnini ecc. So bene che molti hanno scritto e affermano che quelle lettere furno dettate dai terroristi e non sono originali, non furono scritte da moro. ma caro raffaele, come mai i veri servitori dello stato, e no sto a fare l’elenco, sarebbe vergognoso per questo paese di corrotti e corruttori, dicevo, come mai chi ha servito adessoè sotto terra e non per morte naturale, mentre chi mafioso lo è stato, è morto perché ormai aveva cento anni? queste cose si insegnano alle scuole? a me non risulta. non basta a mio modesto avviso, quandoscrivi, in italia accade anche questo, in riferimento che qualche politico è stato salvato e altri no. proprio questo non lo accetto, occorre approfondire, sviscerare, poi ovviamente la verità in tasca non ce l’ha nessuno, ma chi come te compie una missione tanto delicata, quella dell’insegnante, deve o dovrebbe passare anche delle orea narrare i moltissimi fatti che vedono i nostri (amici d’oltre oceano coinvolti in vergognose azioni) Cermis, Calipari, moro, Nassiria, e qui mi fermo. un caro saluto. a

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