Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Russia, altezza, Manzoni (e 3 Ps) - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Russia, altezza, Manzoni (e 3 Ps)

Eccoci al consueto appuntamento con la rubrica cultural-domenicale del blog; si parte dall’attualità, con i fatti russi del fine settimana, letti in chiave (anche) storica; dipoi, qualche dato sull’altezza media degli italiani (e non solo), in prospettiva diacronica: non cresciamo più, nemmeno in altezza; per la ormai classica rubrica manzoniana, siamo arrivati al Capitolo IX.

Tre Ps di varia natura, infine, per concludere in bellezza (si fa per dire).

 

LA STORIA CHE SI RIPETE: DALLA GERMANIA ALLA RUSSIA

Washington ha appena smesso di bruciare (per ora), ed ecco che inizia Mosca, con le manifestazioni di ieri (non solo nella Capitale, peraltro), a sostegno del blogger Aleksey Navalny, il quale, da queste colonne, abbiamo sostenuto sin da quando iniziò la sua attività ( in occasione di una purtroppo breve permanenza tra Mosca e San Pietroburgo, nel 2012, avemmo il modo di verificare come la propaganda putiniana – tesa a farne una quinta colonna delle potenze straniere – su di lui aveva presa perfino su persone di buon livello culturale, a dimostrazione del fatto che la Cultura non immunizza, automaticamente, dal credere in baggianate…).

Come scritto in occasione della morte di Giorgio Galli circa un mese or sono, lo scrivente si è riletto un pamphlet che ci permettiamo di raccomandare (essendo della Kaos, nel 1998, si può ordinare): “In difesa del comunismo, nella storia del XX secolo”, del grande politologo (mai stato comunista, anzi) italiano; tiro fuori questo testo, perchè in esso giustamente si dà ampio spazio al viaggio sul “vagone piombato” che la Germania, che era in guerra contro la Russia, all’inizio del 1917 organizzò per fare tornare nella sua Patria Lenin. Colpo magistrale, dal punto di vista germanico, fortemente sponsorizzato dal Generale Ludendorff: se Lenin fosse andato al potere (come sarebbe accaduto nell’ottobre successivo), i tedeschi sapevano bene che la Russia sarebbe uscita dalla Grande Guerra, permettendo al secondo Reich di dislocare le truppe allocate sul Fronte orientale verso quello occidentale: andò tutto secondo germanico copione, ed infatti all’inizio del 1918 la Germania era data per vincente. Lenin, tecnicamente, è stato dunque un traditore della sua Patria, per palese intelligenza con il nemico, con l’aggravante di un nemico con il quale la Russia era in pieno conflitto.

Ciò ricordato, pare che Putin – che ormai non finge neanche più di essere democratico, anzi rivendica esplicitamente la superiorità del suo modello autocratico, versus quello liberale e democratico, da lui considerato in pieno declino (che abbia problemi seri, nulla quaestio, ma non può essere il più corrotto fra i leader mondiali, a dircelo) – stia usando contro Navalny gli stessi argomenti anti-Lenin del 1917. Ed il dissidente anti-Putin, per chi non lo ricordasse, dopo il clamoroso avvelenamento dello scorso 20 agosto, è stato curato in Germania, ove ha trascorso la convalescenza (Putin, nella torrenziale conferenza stampa di fine anno, ebbe l’ardire di sostenere che, se lui avesse voluto uccidere Navalny, non avrebbe fallito: arroganza che è difficile riscontrare, a livello verbale almeno, nel XXI secolo).

Con l’unica differenza – rispetto al Lenin nel 1917 -, forse non marginalissima, che Navalny dalla Germania sarebbe voluto arrivare in una Russia da rendere decente, democratica e almeno un po’ meno corrotta ed autoritaria; Lenin, da par suo, voleva altre cosette (chiedete ai marinai di Kronstadt, fra gli altri: dedicato a chi sostiene la favoletta del Lenin “democratico” e dello Stalin degenerato).

Lenin-Navalny, dunque; la Historia cosa ci insegna, fra le tantissime cose? Che i “buoni” quasi sempre non prevalgono, essendo (Machiavelli docet) “profeti disarmati”, destinati quindi alla “ruina”; mentre i “cattivi”, da par loro, spesso ce la fanno…

L’ITALIA NON CRESCE

“L’Italia non cresce più”: quante volte abbiamo sentito dire dagli economisti e dai sociologi, nonchè dai politici, questa amara verità? Bene, oggi sappiamo che l’Italia ha smesso di crescere anche dal punto di vista dell’altezza! Chi frequenta certi libri, indubbiamente non da lettura davanti al caminetto (beato chi ce l’ha, peraltro), sa che la crescita della statura è correlata alla crescita complessiva (economica, igienico-sanitaria, culturale in senso lato) di una popolazione: il differenziale fra i popoli più alti e quelli più bassi – al netto della questione genetica – è di circa 20 cm; con popolazioni che, nel mondo, negli ultimi anni sono drasticamente diminuite (Stati dell’Africa sub-sahariana, oppure il martoriato Yemen – scoperto per l’Italia da Pasolini illo tempore – del quale mai si dice).

Veniamo a noi, ordunque; in Italia, il grande balzo in avanti si è avuto soprattutto fra il giolittiano decollo industriale di inizio Novecento ed il boom economico, con conseguente onda lunga: gli italici maschioni sono passati dai miserandi 163 centimetri dell’Unità d’Italia (1861), ai 177 del 1996 (ultimo dato disponibile, secondo il bel contributo di Emanuela Scarpellini, sulla Lettura del Corriere della sera del 17 gennaio, pagg. 12-13); quante al gentil sesso, 164,6 cm, per loro (320° posto al mondo – dal 550°, eh -, con le lettoni al top del top).

Ora, per l’appunto, “si nota un certo rallentamento della crescita”, come accade anche negli States, prototipo del Paese occidentale; abbiamo probabilmente raggiunto la soglia limite. Facciamocene una ragione, sperando certo di non arretrare troppo. D’altra parte, si intuisce che, per l’altezza, un limite ci debba pur essere, no? Non è come per la stupidità, che è sempre in continua, esponenziale, crescita…

PROMESSI SPOSI 4.0, CAPITOLO IX: BARCAIOLI E BARROCCIAI

Il Capitolo IX del capolavoro manzoniano, insieme al X, costituiscono in analessi il cosiddetto “romanzo nel romanzo”: la vicenda, complessa e tormentata, di Gertrude, la famosa monaca di Monza, al cui cospetto le fuggiasche Agnese e Lucia arrivano, in cerca di concreto aiuto per sfuggire al birbone don Rodrigo. Di Gertrude si scriverà domenica prossima (certo dispiace tralasciare dei passaggi dell’odierno Capitolo, in particolare la descrizione del suo aspetto esteriore: classico, e mirabile, esempio di come l’aspetto esterno – la “cura secolaresca” del vestire, la ciocchetta di capelli neri che fuoriesce – ci mostri l’interiorità del personaggio, con la sua bellezza “sfiorita, sbattuta, scomposta”).

Noi però spendiamo due paroline sulla primissima parte del Capitolo, allorquando, dopo l’addio ai monti, Renzo, Agnese e Lucia arrivano, traghettati da un anonimo ma efficiente barcaiolo, sulla terraferma: “L’urtar che fece la barca contro la proda”, tanto per capirsi; Renzo vuole pagare il succitato barcaiolo, dandogli “una parte de’ quattrinelli che aveva indosso” (una “giusta mercede” di Leone XIII ante litteram, potremmo chiosare). Il barcaiolo rifiuta recisamente, ritirando la mano, “quasi con ribrezzo”, allorquando Renzo mostra di volerlo pagare. “Siam quaggiù per aiutarci l’uno con l’altro”, dice il barcaiolo; anche il barrocciaio, il quale entra in scena subito dopo, non vorrà farsi pagare: “aveva in mira un’altra ricompensa, più lontana, ma più abbondante”.

Solidarietà, concreta, fra umili, mutuo soccorso fra i poco abbienti: non è solo buon cattolicesimo lombardo, della miglior qualità; è quella solidarietà presente anche fra anarchici e socialisti che – un trentennio dopo l’uscita del romanzo – creavano, in ogni città, società di mutuo soccorso fra operai ed artigiani. I poveri che aiutano gli altri poveri, dunque; senza farla tanto lunga: cosa è rimasto, di tutto ciò, nel XXI secolo?

Ps 1 In settimana – nella settimana del centenario del Partito comunista d’Italia -, ci ha lasciato Emanuele Macaluso: 96 anni pieni (il segreto della sua longevità? Camminare tanto, e sempre). Collaboratore, non servo, di Togliatti; accanto a Di Vittorio nelle lotte contadine della sua Sicilia; garantista di ferro (con qualche scivolone, ma non sottilizziamoci), lo vogliamo ricordare anche per un altro motivo: da Direttore de L’Unità, nel dicembre del 1983 sdoganò George Orwell ed il suo straordinariamente distopico “1984”. Era un testo tabù, per la Sinistra comunista, come ricordato da Simonetta Fiori sul Venerdì di Repubblica (stroncato da Togliatti su Rinascita); grazie a Macaluso, non lo fu più.

Ps 2 23 gennaio 1944, ore 12, Siena: gli Alleati (americani) bombardano – ovviamente per errore, come spesso drammaticamente accadeva – la quattrocentesca Basilica dell’Osservanza; ci furono morti, e il luogo sacro venne letteralmente devastato, sventrato. L’episodio più tragico, di una città che sentiva se stessa come lontana dal fuoco.

Ps 3 Giornata della Memoria: i Savoia chiedono perdono per le infami Leggi razziali. Meglio tardissimo (dal 1938!), che mai, e va bene lo stesso anche se a farlo è Emanuele Filiberto (il materiale umano sabaudo è questo, ormai). Vari eventi da seguire, purtroppo tutti on line; fra i tantissimi, segnalo il film “Il viaggio più lungo” (a disposizione, sul sito dell’associazione Figli della Shoah). Solo se proprio non se ne può fare a meno, si può leggere “Tana libera tutti”: straordinaria la vicenda di Sami Modiano, ma purtroppo ci resta indigesto l’autore, un certo Walter Veltroni.

25 Commenti su La domenica del villaggio: Russia, altezza, Manzoni (e 3 Ps)

  1. Quello di Via delle Vergini scrive:

    Dopo molto tempo ritorno a scrivere (per problemi miei, sono rimasto indietro con le rubriche, cercherò di rimediare). Ottimo il pezzo domenicale, anche perchè lega (uso questo termine non a caso) l’attualità con la Historia, come dice l’Eretico. Mi pongo questa domanda: io sto con Salvini quando attacca il Governo Conte bis per la sua vicinanza alla Cina, ma non dimentichiamoci della simpatia, più volte rivendicata, fra Salvini e Putin.
    Sulla Giornata della Memoria, mi ricordo il 27 gennaio dell’anno scorso un incontro veramente notevole del Presidente-Eretico in Comunale sull’antisemitismo nella Storia: quest’anno mi mancherà, accidenti al Covid!

  2. Il resiliente scrive:

    Il dubbio è che figure come Putin o Erdogan non avrebbero potuto consolidare il loro potere negli anni senza godere di un consenso maggioritario nella popolazione.
    In certe comunità concetti come nazionalismo, kemalismo, zarismo potrebbero avere ancora un peso.
    Come se a Costantinopoli o a Mosca fosse rimasta viva un’dea di seconda o terza Roma.
    Per quanto, con lo scorrere degli anni, il loro potere sia degenerato, è ipotizzabile che la loro affermazione sia effetto e non causa.

  3. Uno di passaggio scrive:

    Ebbene confesso: credo alle baggianate di Putin. Perché uso la banale pratica della proprietà transitiva, se A è uguale a C è C è uguale a B anche A sarà uguale a
    B. Putin diffonde notizie false, i democratici US le stigmatizzano i vigili del traffico a Bruxelles e Berlino verbalizzano l’accertamento(da qual pulpito) Putin chiude il cerchio e con il verbale ci si pulisce il culo la mattina dopo il caffè e la sigaretta. A questo punto si procede alla scelta di parte in base all’estetica dei colori della maglia. Un mio caro amico parteggiava per la Sampdoria io per Putin e grande madre Russia, vuoi mettere poi musicalmente parlando la solennità:Государственный гимн Российской Федерации, Gosudárstvennyj gimn Rossíjskoj Federácii

  4. Hannibal scrive:

    Trovo sempre più stimolante la rubrica manzoniana, non solo perchè “l’urtar che fece la barca sulla proda” mi fa tornare ai tempi della scuola, ma perchè trovo eccellente la capacità di attualizzazione dell’Eretico. Oggi il barcaiolo ed il barrocciaio non solo si farebbero pagare da un Renzo qualunque (probabilmente al nero), ma cercherebbero di tirare sul prezzo. Il solidarismo esiste sempre, ma fra poveri è soprattutto guerra: e grazie al contesto in cui ci troviamo, andrà sempre peggio. In questo caso, che ci sia il Conte ter o venga un altro, poco cambierà…

  5. Francesco da Grosseto scrive:

    “Solidarietà, concreta, fra umili, mutuo soccorso fra i poco abbienti: non è solo buon cattolicesimo lombardo, della miglior qualità; è quella solidarietà presente anche fra anarchici e socialisti che – un trentennio dopo l’uscita del romanzo – creavano, in ogni città, società di mutuo soccorso fra operai ed artigiani. I poveri che aiutano gli altri poveri, dunque; senza farla tanto lunga: cosa è rimasto, di tutto ciò, nel XXI secolo?”
    Risposta: i capponi di Renzo

  6. Hannibal scrive:

    Caro Francesco grossetano, scusami, ma davvero non ho capito il senso del tuo intervento: che vuol dire il finale?

  7. Francesco da Grosseto scrive:

    Riguardo alla domanda relativamente alla solidarietà tra poveri, citando un episodio del noto romanzo manzoniano oggetto di analisi in questo blog, ho dato una risposta e cioè che le classi meno abbienti nel XXI secolo fanno come i capponi di Renzo: invece di fare fronte comune nelle difficoltà si accapigliano l’una con l’altra vanificando tutta la loro tradizione solidaristica otto/novecentesca. Mi scuso per la cripticità del mio precedente intervento.

  8. Ps 1) Testo tabu? Bellina questa, da l idea di quali perenni bimbi minchia col cervello all ammasso siano stati i comunisti osservanti italici.
    I grandi intellettuali faro e guida delle masse, decisero che , la fattoria degli animali, omaggio ala catalogna, 1984, erano testi pericolosi, da mettere all indice, testi che il compagno Ercoli, nota latrina ambulante,bollo’ come noioso ciarpame scritto da un poliziotto coloniale.
    Addirittura Calvino che all inizio da fiero intellettuale comunista ,seguendo il caro palmiro di orwell scrisse:
    «libellista di second’ordine», affetto da «uno dei mali più tristi e triti della nostra epoca: l’anticomunismo».
    Per poi anni dopo (una volta uscito dal partito dopo i fatti d ungheria 1957)correggere il tiro con:„[Su George Orwell] Che si sia tardato ad ascoltarlo e comprenderlo non fa che provare quant’era in avanti rispetto alla coscienza dei tempi.“ —

    Ps. a me della morte del “compagno” macaluso m importa una bella sega,vista oltretutto l eta’ raggiunta.
    Il 21/ 1/1950 moriva Eric Blair, miliziano del poum in spagna,sfuggito ai franchisti e alla caccia di togliatti e vidali.
    Autore di 1984

    Pps e sempre vada in culo manzoni.

  9. Ode a manzoni

    T amo pio manzo ch un sentimento
    Di castrata mitezza rappresenti
    E qui a sienina da’ cittoni sento

    Quanto gni garban certi tuoi racconti
    Si bean di provvidenza i “ghibellini”
    E ad apprezzarti sempre sono pronti

    Rapiti dallo stil che lor propini
    E confortati da tua filosofia
    Poccian giulivi i bravi cittini

    A me domanda sorge,tuttavia
    Ovvero se meglio un fosse stato
    Mentre sciacquavi prosa e poesia

    Che dentro l arno tu ci fossi cascato
    Ni’ mezzo d una piena novembrina
    Che ti c avesse subito affogato

    Oppur se fontebranda di sienina
    T avessi scelto come lavatoio
    Manzo ni mezzo a mandria vaccina

  10. ooohhh 700 anni da Durante , ma te seguita co’ manzoni eeh, mi raccomando
    Fallo tutto fino n fondo, un gni cavare la poccia a’ tu cittoni ,seguita a cantagli la ninna della divina provvidenza, che n han di bisogno.
    E sete della stessa schiatta , gentuccia del nord mischiume di galli celti
    senoni boi e capoccioni longobardi, pe’ questo vi ci sete affezionati all insalubre insubre lombardo.

    • Eretico scrive:

      Caro Manunta,
      stai ben tranquillo che l’anniversario di Durante (tuo, nostro, dell’umanità, per Zeus) cercheremo di onorarlo anche a Sienina; per ora stiamo cantierando, in attesa anche dell’evoluzione del “maladetto Covid”, come l’Alighieri avrebbe vergato.

      L’eretico, e W Manzoni e W Dante (e W Leopardi)

      • Enea scrive:

        E w la potta!

      • Da un articolo di Gian luigi Corinto

        Manzoni ci ha dato un esempio di prosa sontuosa, perfetta e barocca nello stesso tempo, che negli epigoni genera mostri come la prosa aulica delle lapidi commemorative appese alle facciate di edifici segnati da eventi memorabili. Tutto è descritto con minuzia, i fatti, le persone, gli abiti, i paesaggi, i sentimenti, perfino l’orto di Renzo. La perfezione del romanzo si nasconde dietro frasi icastiche, che raccontano tutto il fatto e tutta la complessità di un personaggio: La sventurata rispose… il vaso di coccio tra quelli di ferro… questo matrimonio non sa’ da fare…

        Sembra di stare a teatro e di vedere scene e personaggi animare il quadro e i paesaggi che ha in mente l’accorto regista. Manzoni è un retore nel senso pieno del termine, sa usare e adattare la lingua alle circostanze e ai fatti narrati. È pure saggio e pio conoscitore dell’animo umano, si uomini e donne che attendono umilmente la provvida sventura per avere ricompensa di ogni sacrificio. Manzoni è stato senza dubbio integrato nella cultura italiana, nonostante le malinconie dei liceali, afflitti e straziati da professori che leggevano il Romanzo con accento siculo, veneto o barese. Ma insomma agli studenti si presentava un modello di come va il mondo. E quello rimaneva. Leopardi non ha avuto la stessa sorte istituzionale.

        Se qualcuno leggesse, o rileggesse la prosa di Leopardi proverebbe sorpresa, e un bel sollievo nel confronto col Manzoni. La sintassi delle opere filosofiche (prima di tutto lo Zibaldone) non è consueta, non c’è frase principale e frasi subordinate ordinate in schema rigido; dove sta il succo del discorso? nella principale o nella subordinata? Le frasi sono grappoli, appesi a tralci vigorosi, ricche di chicchi succosi di idee. Manzoni ha certezze, è apodittico, è credente, Leopardi è filosofo, ha dubbi, anzi ha certezze opposte a quelle correnti. Non crede. Pensa cose impensate e impensabili fino a che lui non le mise sulla carta, pensandole e ripensandole mentre scriveva. La prosa è errante come il pastore nel deserto. Il flusso delle parole è il flusso del pensiero, delle invenzioni ideali sulla natura, la vita, la noia, la luna, ec. (…ec., appunto come spesso usa l’autore dello Zibaldone, perché il pensiero corre oltre le parole già scritte).

        Leopardi è come un pittore astratto, Manzoni un paesaggista realista, uno che mette in chiaro sia lo sfondo che i fatti che si svolgono in primo piano. Manzoni usa la prospettiva classica, Leopardi ne fa a meno, a che gli servirebbe questa illusione ottica? La Verità, come la prospettiva pittorica, è un’illusione, anzi peggio, perché conoscere il vero significa rinunciare alle illusioni e andare dritti verso l’infelicità. Giacomo Leopardi scrivendo ci toglie il terreno da sotto i piedi. Lo sa che le parole ingannano. Si prenda un pezzo da Il dialogo della Moda e della Morte e si comprenderà il senso di questo:

        Moda. Io sono la Moda, tua sorella.

        Morte. Mia sorella?

        Moda. Sì: non ti ricordi che tutte e due siamo nate dalla Caducità?

        Morte. Che m’ho a ricordare io che sono nemica capitale della memoria.

        Moda. Ma io me ne ricordo bene; e so che l’una e l’altra tiriamo parimente a disfare e a rimutare di continuo le cose di quaggiù, benché tu vadi a questo effetto per una strada e io per un’altra.

        Per inciso, Giacomo Leopardi usa soavemente “vadi”, come il geniale duo Fantozzi-Filini. Vi pare poco al cospetto del Manzoni?

        Aggiungo io, il manzo piace assai a voi vaccine senesote, poiche’ e’ didascalico,siccome le scenette pavimentarie della vostra chiesetta, fatte a misura vostra, per guidare passo passo ,cittini doddoli imbrancati.
        Il Leo e’ d un altra categoria.
        Durante poi, non ne parliamo, a voi e’ interdetto,sete troppo pigri di cervello e scarsi d intelletto.
        Durante dissimula, troppa fatica intenderlo pe chi vole la pappina scodellata.

  11. Jerry Fletcher scrive:

    I nuovi capitani coraggiosi…ora che lo legge Burchicchio…gesuiti, chateaubriand, roba grossa!!!
    https://www.ilfoglio.it/economia/2021/01/28/news/l-uomo-della-pioggia-orcel-alla-prova-del-dossier-monte-paschi-1753834/

    • Poco mi cal d orcel meglio l orcelle
      Ovverosia grumatici o geloni
      Cespe di pleurotus ovvero quelle

      Che spuntano da’ ceppi de’ piopponi
      E d altri alberi includendo i loppi
      Monti speranze e vane illusioni

      Cullar le lascio certi citti chioppi
      Di gotti di botin bottini e fiaschi
      N aete presi tanti ma mai troppi

      Vaccin briaca par che sempre caschi
      Cercando vanamente speranzosa
      Novo mandriano pe’ su’ vecchi paschi

  12. Daria gentili scrive:

    Per sbugiardare qualcuno che mi sta parecchio, ma parecchio simpatico e che già paventa il contrario, aspetto un tuo commento sull’avviso di garanzia che ha raggiunto in data odierna il sindaco De Mossi………..

  13. Marianna scrive:

    Chi è che doveva nominare l’archeologo per controllare i lavori dentro il Santa Maria? De Mossi non lo sapeva che c’era l’obbligo di legge?
    Nella dichiarazione alla stampa il sindaco non dà alcuna spiegazione in questo senso e non parla del danno provocato ad un antico pavimento che è stato causa dell’intervento della soprintendenza.

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