Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Lagioia, Gertrude, Dogali - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Lagioia, Gertrude, Dogali

Eccoci al consueto appuntamento cultural-domenicale del blog, in questo giorno di gennaio terminale, con gli abituali tre argomenti: si parte dalla recensione dell’ultimo libro dello scrittore ed animatore culturale Nicola Lagioia (“La città dei vivi”); poi, nel suo anniversario (26 gennaio), si ricorda una strage dimenticata, quella di Dogali, primo insuccesso italiano in terra d’Africa; dipoi, as usual, rubrica sui “Promessi sposi”, con la monaca di Monza (Capitolo X).

UN LIBRO, UN PUGNO NELLO STOMACO

Marzo 2016, periferia romana: due figli della Roma-bene (uno a livello economico, figlio di noto ristoratore; l’altro figlio di esponente dell’intellighentsia culturale) attirano, verosimilmente per una marchetta (150 euro), un giovane che sembra uscito da una sorta di “Accattone” del XXI secolo, figlio di venditori ambulanti; i due sono strafatti di alcol (vodka), cocaina e psicofarmaci, da due giorni non fanno che farsi. Il malcapitato viene torturato, seviziato, massacrato; uno dei due assassini, Marco Prato, prova il suicidio poco dopo, in un albergo. Lo effettuerà in seguito, in carcere; l’altro, Manuel Foffo – il figlio del ristoratore -, con il rito abbreviato, si è preso 30 anni. Non sapeva neanche come si chiamasse, la persona che aveva violentato nell’accezione più ampia e variegata del termine.

Walter Siti ha opportunamente scritto che “la Letteratura, a differenza del cattivo giornalismo, non conosce mostri; il “mostro” è consolatorio, significa che noi umani non saremo mai così, e invece in questo libro tutto è umano”. In questo caso, più che ad Auschwitz, davvero si invera la “banalità del Male” (in terra di Polonia, tutto era organizzato sin nei minimi particolari, drammaticamente): si massacra per pura noia, per sballo, per vedere che succede a fare soffrire un altro essere umano, per fare qualcosa di diverso dalla solita routine, insomma…

Questa è la vicenda, purtroppo autenticissima, narrata da Nicola Lagioia, che già avevamo assai apprezzato ne “La ferocia”, premio Strega del 2015 (l’autore è anche Direttore del Salone del Libro di Torino, e conduce la rassegna stampa culturale di Radio tre Rai); per  scrivere “La città dei vivi” (Einaudi, 2020; pagg. 470, 22 euro), l’autore ha fatto un lavoro di scavo giornalistico, con i faldoni dell’inchiesta, e tante testimonianze di vari personaggi a vario titolo coinvolti. Il tutto, dato che Lagioia è uno scrittore e non un semplice cronista di giudiziaria, con digressioni varie, nonché con la scenografia di Roma, sempre ben presente (città morta, abitata da vivi, per lo scrittore): cupa, livida, notturna e senza speranza. Una città del Male eterno, potremmo chiosare.

Convinti come siamo che la malvagità umana vada sempre, ove possibile, esplorata e scandagliata, a noi il libro è piaciuto moltissimo: un esempio di non fiction novel di altissimo profilo; su Repubblica, Carlo Bonini ha scritto di “un’esperienza di lettura estrema”, nell’incipit della sua recensione; poi, certo, i difetti si possono trovare, ci mancherebbe: il titolo, per esempio, ci sembra ben poco azzeccato; soprattutto, alcune digressioni personali sono poco funzionali, in particolare quella in cui Lagioia fa outing sui difficili momenti attraversati da lui stesso da adolescente ed oltre, con sbornie a raffica (l’autoreferenzialità dell’intellettuale italiano, insomma, ogni tanto fa capolino). Ma ce ne fossero, di libri così, ce ne fossero: ne basterebbero due o tre all’anno, e saremmo già felici…

DOGALI, UNA STRAGE DIMENTICATA

Solo qualche lapide in qualche paese (più volte abbiamo citato quella di Rapolano terme, in tal senso), oltre al rituale monumento romano, ricorda il massacro di Dogali, che anticipò di nove anni la tregenda di Adua (chiedete, anche ad un non giovane, di entrambe, e godetevi con amarezza l’ignoranza diffusa del passato patrio): correva dunque l’anno 1887, in terra di Abissinia. Per essere precisi – ed ecco il motivo della ricorrenza, fresca fresca -, era il 26 gennaio. Se qualcuno ne ha trovato qualche eco in qualche giornale, ci faccia sapere: lo ringraziamo subito.

Da 5 anni, la Rubattino aveva ceduto al Regno di Italia la baia di Assab, ed era ormai chiaro come il nostro “posto al sole” – sponsorizzati in chiave antifrancese dall’Inghilterra – sarebbe stato in zona (prima della succitata disfatta di Adua, almeno); fu il Governo Depretis – la Sinistra storica – a volere questa escalation nel Corno d’Africa: ancora lo iato fra Sinistra e colonialismo era ben più sfumato di quanto sarebbe diventato in seguito, nella seconda metà del Novecento.

Il giorno prima, c’era stato un violento scontro intorno al forte italiano di Saati, ed il tenente colonnello Tommaso De Cristoforis, con i suoi fluenti mustacci d’ordinanza, guidava un contingente italiano verso Saati, quando all’improvviso, all’altezza di Dogali, le truppe del ras Alula si abbatterono sui malcapitati italiani, sterminandoli quasi tutti: su circa 500 uomini, 413 morirono (tra cui De Cristoforis), 86 furono feriti o mutilati. Il Battaglia (nel suo classico “La prima guerra d’Africa”, Einaudi 1958), riporta la versione di un sopravvissuto, che conferma l’effetto sorpresa, devastante, delle truppe autoctone: “Ras Alula diede il segnale dell’attacco facendo battere i tamburi, e tutta l’armata abissinese, formata da circa settemila uomini fra cavalieri e pedoni, volò all’assalto. Si sentì un urlo, un rumore spaventoso, prodotto dai gridi dei combattenti, dallo sparare dei moschetti, dall’urrà dei nostri bravi soldati che opponevano tutte le loro forze per respingere l’assalto, poi poco a poco il rumore si fece meno assordante e poi debole e poi cessò affatto”.

La quiete dopo la tempesta si portò dietro le polemiche, in Italia: lo stesso ras Alula pare non si capacitasse del fatto che i nostri, neanche quando soverchiati, si fossero ritirati. Cosa sarebbe stato meglio fare? Ognuno ha la sua risposta; di certo, il valore ed il dramma di questi soldati-contadini dimenticati da tutti ci devono inorgoglire.

Quando si parla del Bene dell’Italia (e quanti, a sproposito, in questi tempi ne parlano!), partiamo da chi – anche per un ideale opinabilissimo – a questo Bene ha sacrificato la vita. Mandati allo sbaraglio nel Corno d’Africa, in quel 26 gennaio 1887, queste centinaia di giovani italiani: come, meno di un anno or sono, i tanti lasciati in balìa di se stessi a fronteggiare, a mani nude, una devastante pandemia…

 

PROMESSI SPOSI 4.0, CAPITOLO X: MANZONI, IL SESSUOFOBICO

Eccoci, ci siamo: è il momento di Gertrude, alias Virginia de Leyva, ovvero la universalmente nota “monaca di Monza”; su di lei – vittima archetipica della violenza subdolamente implicita della famiglia, in particolare del padre; esempio più che classico di monacazione coatta – diciamo che c’è ben poco da aggiungere, dunque preferiamo concentrarci soprattutto su di un aspetto della forma mentis manzoniana, ovviamente collegatissimo alla vicenda di Gertrude ed al Capitolo in questione.

Manzoni, oltre ad essere agorafobico e a soffrire di altre stranezze su cui torneremo, in questo frangente (non il primo, non l’ultimo) mostra a tutti i lettori il suo essere decisamente sessuofobico; nessun personaggio può attrarre più morbosa curiosità della monaca di Monza, ed è un precipuo merito manzoniano l’avere proceduto, nel tratteggiarne la complessa vicenda amorosa con lo scellerato Egidio, per sottrazione, senza indulgere in alcun modo nella morbosità (nel “Fermo e Lucia”, la vicenda era più dettagliata, questo va ricordato). Ma una cosa è la cautela, un’altra è la mancanza di alcun, seppur minimo, accenno alla carnalità, tutta quanta lasciata all’immaginazione: di Gertrude, non si ricorda un singolo bacio, dato o preso, con Egidio (le uniche “labbra” citate nel Capitolo X, sono della povera conversa di cui sotto); non si ha in mente una carezza, data o ricevuta: sarebbe stato uno scendere verso l'”abisso” del feuilletton, il farlo (ricordiamo che “I misteri di Parigi” di Sue sono coevi alla terza edizione del capolavoro manzoniano)? Nelle pellicole dei più puritani fra i registi americani, le sequenze dell’intimità fra due personaggi vedono una censura sull’atto sessuale, ma il prima ed il dopo ci sono sempre; il taglio manzoniano, invece, prevede l’autocensura totale: del prima, del durante, del dopo. Solo gli effetti psicologici della vicenda, sono descritti.

Certo, poi, scrivendo delle indagini infruttuose per cercare la conversa, scomparsa perché sapeva della tresca (massacrata da Egidio), si arriva alla frase “Forse se ne sarebbe potuto sapere di più, se, in vece di cercare lontano, si fosse scavato vicino”. E qui, sessuofobico ed agorafobico quanto si voglia, il grande romanziere continua a mostrare autentiche perle: perle di una scrittura davvero superiore…

Ps 1 70 anni di Phil Collins, giusto ieri: tanti auguri all’autore, fra le tante canzoni di notevole pregio, della meravigliosa “In the air tonight”, tutta in crescendo; beh, non sarà all’altezza dei trappers odierni, certo, ma insomma…

Ps 2 In settimana, un disabile (in carrozzella, per capirsi) di Porto Recanati è entrato a riscaldarsi (visto come è, giorni della merla) in un locale di pizza al taglio, consumando indoor; due solerti agenti in borghese lo hanno multato di 400 euroni; benissimo così, finalmente law and order anche in Italia (nella patria leopardiana). Sempre più convinti che il Covid-19 ci abbia reso migliori.

 

28 Commenti su La domenica del villaggio: Lagioia, Gertrude, Dogali

  1. Il resiliente scrive:

    1) Con il massacro del Circeo ci si era appigliati a tematiche sociali e politiche. Qui siamo oltre, siamo ai “volenterosi carnefici” del nulla. Siamo alla violenza in purezza di American Psycho.

    2) Smartphone & divano letto il nostro libro e moschetto.
    Oggi come allora italiano perfetto

    • Eretico scrive:

      Caro “resiliente”, due stimolanti considerazioni, davvero.

      “Smartphone e divano letto il nostro libro e moschetto” la utilizzerò, eh: citando chi merita il copyright, ovviamente!

      Buona settimana a tutti, l’eretico

  2. Vedo sempre più nero scrive:

    Riguardo al Ps2: in queste sere di pandemia, specialmente il fine settimana, quanti aperitivi anticipati, quanti assembramenti con mascherine abbassate ed abbracci come se tutto fosse normale senza che nessuna guardia facesse notare la cosa. La maggioranza erano giovani che non potendo fare lo stupido happy hour delle 20 anticipavano. Ovviamente ogni tanto passava la pattuglia dei vigili urbani purtroppo indifferente, ma non sempre. Mentre guardavo lo spettacolo è passata una signora che mangiava un pezzo di pizza in Banchi di Sotto, era sola e distante dalla gente, ma troppo vicina alla pizzeria tanto che una coppia di guardie comunali che passava l’ha rimproverata ed invitata ad andare in un posto più lontano. Non ho capito la coerenza del fatto, oppure si, chi controlla spesso è forte con i deboli e debole con i forti. Collego tutto con i gioiosi assembramenti di Roma, Milano, Firenze ecc.. Molti si erano anticipati con l’odierna assegnazione della zona gialla. Non ne usciremo mai dalla pandemia se non cambiamo atteggiamento, se ci viene concesso un dito ci prendiamo il braccio. E anche chi controlla dovrebbe essere imparziale.

  3. Enea scrive:

    A proposito del dibattito tra miozzo( cts) e decaro( anci)… chiedo a chi avesse competenze al riguardo: di chi è la responsabilità degli assembramenti di WE? Chi dovrebbe intervenire? Sindaco? Prefetto? Questore? Arcivescovo? Rettore?….?

    • Eretico scrive:

      Buona domanda, caro Enea: di certo, avere l’impossibilità di fare, per esempio, conferenze e presentazioni – con gente di solito molto, molto disciplinata, a presenziare -, a fronte degli sbrachi aperitivali (anticipati di orario),con coma etilico annesso, fa incazzare molto, e mi scuso per il francesismo: ne riparleremo, tanto a breve si torna indietro anche dalla gialla, tranquilli…

      L’eretico

      • Vedo sempre più nero scrive:

        Dalle notizie locali sui giornali, sembra che poi qualche cosa sia stata fatta negli assembramenti nel Centro Storico. Qualche multa è stata fatta e qualche ubriaco fuori orario è stato ammonito per il futuro. Come si dice? Dura lex sed lex. Se facciamo i bravi resteremo gialli, ma ancora la meta è lontana, se ancora vediamo gli ammassi di Milano, Roma, Firenze e di altre grandi città. Poveri ragazzi, va bene, è un anno, ma con i telefonini si sono visti lo stesso e poi ora le scuole sono riaperte. Il sacrificio c’è, ma non solo per loro. Pensino ad approfittare della semi reclusione per leggere qualche buon libro lasciando spenti i vari telefonini e televisori. Un anno, una generazione, a cui fortunatamente non appartengo, ne ha fatti cinque con fame e paura di non arrivare al giorno dopo. Vediamo di rimettere le cose al giusto posto.

    • Paolo Panzieri scrive:

      Caro Enea,

      innanzi tutto vediamo cosa sarebbe mai cotesto, ormai tristemente famoso, “assembramento”; questi i significati da vocabolari:

      1. raggruppamento di persone con intenzioni ostili, sospette o sconosciute: fare, proibire, sciogliere un a.; generic., affollamento, folla.
      2. arc. adunanza di soldati pronti per il combattimento; moltitudine di armati.

      Siccome, come diceva qualcuno (di quelli asseritamente giusti), le parole sono importanti, forse bisognerebbe parlare più propriamente piuttosto di “affollamento”.

      In ogni caso la competenza a far rispettare le prescrizioni in materia saranno – comi regola – le forze dell’ordine (Carabinieri, Polizia, VVUU), ognuna alle dipendenze della rispettiva autorità.

      Di certo, come purtroppo succede allo stadio e durante le manifestazioni, il problema vero è che più sono le persone coinvolte, meno sarà possibile (o forse meglio impossibile) farle rispettare in concreto.

      Vi ricordate le grida Manzoniane?

      Sulle capacità in proposito della cultura (Rettore) o della religione (Arcivescovo), pur tenendo entrambe nella massima considerazione, sinceramente non saprei dirti.
      Non nutro, però, grandi speranze in proposito.

  4. A.C scrive:

    Sul PS2, dobbiamo stare tranquilli… d’altronde lo fanno per noi, leggersi il comunicato del PD regione marche per credere, a quale punto si sta spingendo la politica italica dovrebbe destare più di qualche preoccupazione, ma gli italici continuano beatamente a ronfare e a sperare!!

  5. Era messo male il tu’ grande romanziere, mamma focosa vispa giramondo e trombaiola ,babbo putativo strabecco , che gni fece gira’ tutti i collegi religiosi possibili e immaginabili, dove probabilmente, viste le molestie subite ,sviluppo’ sessuofobia,appoi pretacci giansenisti a inculcargli predeterminismo
    e spes nella grazia divina.
    Un cocktail micidiale, a vent anni , mente ormai compromessa da tali vicende , s’ imparigio’dalla madre, che, mortogli l ultimo amante lo richiamo’ a se’ in francia.
    Man nella mano con mammina sua torno’ ‘n itaglia ,ove n simbiosi con la menopausizzata spenta e contrita genitrice ,dopo poch anni fe’ ritorno in grembo a s.madre una cat.ap. romana.
    L escatologia manzota ha una sua spiegazione.
    Sullo stile del tristamente noto romanzo, niente da dire, solo a firenze poteva trovare una lingua viva ,precisa, ineccepibile ,evocativa, parlata sia dal popolo che dagli intellettuali, si noti bene , c ha messo mano dentro il suo romanzo piu’ la sua governante fiorentina Emilia Luti ,che non le frequentazioni con Vessieux Capponi et alia.

  6. UNO DI STROVE scrive:

    Ho letto il libro di Lagioia, e concordo in pieno con la recensione dell’Eretico: vicenda devastante, e gran libro, che sarebbe stato anche migliore senza gli innesti personali ed autoreferenziali. Che ce ne frega se per qualche anno anche l’autore era fragile ed etilista? Poteva riservare l’outing per una futura autobiografia (a patto di trovare qualcuno interessato a leggerla).

  7. Io Raffa a volte mi chiedo, ma te il militare l hai fatto?
    No perche’ queste sviolinate sul valore dei soldati italici e questi timidi accenni all’ idiota incompetenza di chi li comanda e all irresponsabilita’ di merdosi politici e vomitevoli regnanti che li mandano al massacro ,pare a volte che esca fuori da chi del e nel esercito itagliano poco ha sperimentato e punto c’e’ stato.
    Queste chiuse alla deamicis, ( altra cacata d omo, peggio se possibile del manzoni) questo ” ci devono inorgoglire” son roba da mettersi le mani nei capelli.
    Dogali nasce da saati , a saati alula con 20 000 abissini chiese agli italiani( 700 soldati) di evacuare il forte, prima di attaccarlo.
    I dementi al comando di S.M. ( gen. Gene’) rifiutarono d evacuare e , mandarono invece una colonna di rinforzo di poche centinaia di uomini, che per arrivare a saati dovette attraversare un terreno impervio e poco conosciuto, presidiato appunto da 20.000 abissini che conoscendo palmo palmo quel terreno , era prevedibile che fossero in grado di scegliere posto e momento piu’ opportuno per un imboscata.
    Quel forte (saati) fu’ poi comunque evacuato.
    Ma il meglio viene dopo, i nostri graaaandi politici, scelsero negli anni a seguire di appoggiare l ascesa al potere di menelik a scapito di Giovanni IV, bene meno di 10 anni dopo tale scelta, con menelik al potere avemmo l amba alagi, altra catastrofica sconfitta con 2000 morti su 2300 truppe impiegate,anche li di fronte a 30.000 abissini , fu’ ordinato alle truppe
    da generali idioti e inetti di non ritirarsi.
    Poi gran finale , adua 18 000 contro 120.000 , 18 000 genialmente divisi in quattro colonne per attaccare un nemico 6 volte superiore di numero, totale
    7000 morti e 3000 prigionieri.

    Si parte da dogali 1887 per arrivare ad adua.
    Nel 1886 usciva cuore di quella merda sfranta n terra del tuo caro deamicis.
    Un profluvio di cazzate patriottarde guerraiole, dalle vedette lombarde ai tamburini sardi fino all eroico quadrato di Custoza.
    Bravo Raffa, fagli leggere queste immonde boiate ai tuoi allievi, mi raccomando deamicis e manzoni, poi lamentati se i ragazzi a tali melmose brodaglie preferiscono l ipod il fiasco la bamba e i social, seguitamo a creare generazioni d idioti, poi mi raccomando, caschiamo dal pero e inorridiamo quando i frutti della scellerata semenza piantata dai programmi scuolitaglioti maturano.
    Chi fa’ leggere ai giovani cuore e manzoni invece di Lussu ,Erich Remark ,Eric Blair,
    non ha diritto di lamentarsi.
    A meno che non sia nato o cresciuto a sienina, in quel caso ha diritto alle attenuanti .
    Lo stile letterario, ecco te insegnagli quello ai ragazzi, ao comunicano a slogan, non vanno oltre gli 80 caratteri letti o scritti e te vai dietro a valorizzare i vuoti gusci stilistici di manzoni?
    Coi gusci vuoti o pieni di merda retorico deamicisiana , se non di rassegnato determinismo divin provvidenziale manzonota, pensi di interessare i giovani?
    Poro te.

    • ps. Tra l altro Lussu come stile narrativo, manzoni e deamicis li sotterra entrambi.

      Nessun ragazzo s annoierebbe a leggere “marcia su’ roma e dintorni”
      e faresti un viaggio e due, tre ,quattro servizi, storia (vera)sociologia antropologia e letteratura, invece delle cagate moralistiche, immaginifico pseudostoriche di manzoni, che rumenta elegiache
      stronzate su’ san carlo , omettendo da quale famigliola sia sortito fuori,visto che farlo manderebbe a puttane le sue ninna nanne divin provvidenziali.
      O invece dello stucchevole suscitalagrime piemontese.
      Ma bada se un insegnante degno di tal nome ,deve subire passivo e supino scelte di testi funzionali a mandar le teste al ammasso ,dopo aver fatto prolassare testicoli e ovaie.
      Ma poi il massimo e’ di voler e volersi raccontare , che l osservanza dei dogmi didattico ministeriali , possa servir ad altro che non a formare pecoroni rimbecilliti e annoiati,o meglio rimbecilliti proprio dalla noia.

      Bada ,cura i tuoi citti.
      Giorgio Manganelli/Carmelo Bene
      Dopo d averli massacrati con deamicis, fagli ascoltare queste robine a tu’ bimbini del cecco, vedrai che non s annoieranno .

      https://youtu.be/S6AprP8q3TI

      Senno’ , noia ,imbrancamento ,palio robur contrada gotti mens(poco)sana e tutto quel che Tozzianamente ne consegue.
      Che poi ho paura che neanche quello gni fai leggere.
      Di la verita’, confessa.
      Ai peggio coglioni ignoranti vaccini, briachi da stadio e palazzetti gli fate anche le commemorazioni quando tiran i carzino, tanto pe’ promuovere l esempi locali ai quali far ispirare i vostri citti.

      Poi giu’ a chiama’ le guardie perche’ gli mettano il fermo,quando seguendo
      l esempi che gli fornite ,girellan briachi a svomita’ inperognidove.

      • Vedo sempre più nero scrive:

        Caro Manunta stavolta l’hai fatta fuori dal vaso. Non puoi attaccare l’Eretico se gli viene imposto un programma. Sono convinto che di sicuro fuori del programma ha segnalato questi libri sopracitati ai suoi alunni a cominciare da “Un anno sull’altopiano” di Lussu. Il Manzoni è stato un grande scrittore e poeta, è inutile criticarlo. I tempi erano quelli, periodo dei baciapile e rivoluzionari, sospetto che anche lui alla favoletta della Provvidenza ci credesse poco. I vari drammi familiari l’hanno condizionato. Una sua figlia e nipote sono morte a Siena. Ma i suoi lavori esteticamente sono perfetti e poi nel suo capolavoro parla di fatti storici reali che inducono al loro approfondimento. Poi pensa con lo scrivere in toscano, si parlava così non solo a Firenze, ha fatto opera di alfabetizzazione ad un popolo diviso da mille dialetti. De Amicis è un altro discorso per me il libro “Cuore” è buono forse per pareggiare le gambe di un tavolino. Libro melenso, ipocrita e falso. Tra l’altro il buon (sig) De Amicis, amante dei postriboli e vino, intratteneva la povera moglie con ceffoni e pedate; anche con i figli non ci andava leggero uno addirittura si suicidò e l’altro preferì allontanarsi dal padre per vivere isolato in montagna. Purtroppo venne indegnamente eletto nel 1903 a socio dell’Accademia della Crusca. Faceva l’uomo di sinistra, ma era molto inserito nell’ambiente di allora, un ante buonista. https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/08/04/de-amicis-altro-che-cuore-quello.html Riguardo Dogali e simili nulla da eccepire, ottima analisi. Te lo dice uno che l’ha fatto il militare, prima a spegnere gli incendi sulle pendici del Vesuvio e poi, nella Folgore, a soccorrere i terremotati nel Friuli. Un po’ di esperienza insomma ce l’ho avuta. Ora che purtroppo hanno levato la leva militare, un anno di servizio civile obbligatorio, maschi e femmine, nella propria città non farebbe certo male.

    • Eretico scrive:

      Caro Manunta, giornata di intensa scrittura, eh?!?
      In estrema sintesi (sulla libertà di insegnamento, neanche dico: sarebbe puntualizzare l’ovvio); dico solo che gli ottimi (senza alcuna ironia) Lussu, RemarQUE ed Orwell (e molti altri) puoi cercare di proporli SOLO dopo che hai fatto conoscere i famosi Classici (noterai la maiuscola), fra i quali “I promessi sposi” al massimo grado (e più lo rileggo, più mi convinco che sia un capolavoro). E – come ti ho detto più volte, ma mi tocca ripetertelo – la tua lettura del De Amicis è ferma allo stereotipo antideamicisiano (“merda retorico deamicisiana”, ma di che?), che un certo Sebastiano Timpanaro ha aggredito, a mio parere con pieno successo, decenni or sono.
      In conclusione, per farla davvero breve: se permetti, potrò insomma insegnare quel che mi pare, per Zeus? Ovvero, me lo firmi tu, il programma?

      L’eretico

      • Mi scuso bravuomo,i fatti del mondo giustoggi le dan ragione, seguiti quindi a preparar i suoi virgulti,secondo il ricettario italico.

        Gaudete et exsultate,popolo vaccino
        Viva li sposi et la provvidenza
        Manzoni avea ragione e non pochino

        Un convertito di gran competenza
        Toccato non da carlo,da bergoglio
        Ebbe l incarico dalla presidenza

        Oggi ha varcato del quirinale l soglio
        S’e’ convertito abbiate n lui fjducia
        Che metta man ni vostro portafoglio

        E’ membro d accademia pontificia
        E come membro saldo e vigoroso
        Il culo a voi cittoni vi svernicia

        Bada raffa , a i tu manzoni in versi gni farei un culo com una capanna
        piu’ largo di come gne ne fecero i padri barnabiti.
        Ma vaia eretico…… pe modo di dire.

      • Nini non fare il maestrrino che corregge , col tato ci picchi il musino ambronico, era Remark proprio come ho scritto ,erich paul remark
        Remarque era lo pseudonimo posa la matitina rossa.
        Bada sei tal quale vedo nero che pensava orwell fksse il vero nome di eric blair.
        Vaja pareja ,manzoni li forgia e poi..s accoppiano

        Ps vedo nero scusa ,ora m’e’ chiaro tutto , ti buttavi dalla torre e picchiavi sempre i capo n terra.

        • Vedo sempre più nero scrive:

          La prendo a ridere. Quei salti all’indietro nel vuoto mi hanno temprato al volo col paracadute. Ho la testa dura, ma pensante. Anche se tu non sarai d’accordo su ciò che dico. Comunque un bischero ti vuole dare un solo consiglio: ottimi i tuoi monologhi culturali che leggo sempre con piacere, ma cerca di essere più modesto e meno velenoso col prossimo a cominciare dal Nostro Eretico. Il tuo atteggiamento presuntuoso è controproducente, potresti essere ignorato da tutti in futuro. Ricorda il detto: “Io so di non sapere” di Socrate, non certo l’ultimo arrivato.

      • A codesto comunista torbo( timpanaro) difensore delle deiezioni deamicisiane,filologo ( presunto) di Leopardi

        A lui a te e ai difensori dei gloriosi autori dei classici( presunti) faccio rispondere ,appunto ,dal recanatese.

        Nel ‘Parini, ovvero della gloria” operetta morale tra le più neglette, Giacomo Leopardi disintegra l’Idra della ‘storia della letteratura’, massacra ogni ‘metodo critico’, insegna che di fronte all’opera – agli amatiodiati ‘classici’ – bisogna stare con l’ingenuità dei bimbi, l’astuzia dei puri. “In vero, io mi persuado che l’altezza della stima e della riverenza verso gli scrittori sommi, provenga comunemente… da consuetudine ciecamente abbracciata che da giudizio proprio”, scrive Leopardi, e impalca la provocazione, “Quando io leggevo i poemi di Virgilio con piena libertà di giudizio… non discoprivo in Virgilio molto maggiori virtù che nei poeti mediocri. Quasi anche mi maraviglio che la fama di Virgilio sia potuta prevalere a quella di Lucano”. Considerazione finale: “La moltitudine dei lettori… è molto più dilettata dalle bellezze grosse e patenti che dalle delicate e riposte; più dall’ardire che dalla verecondia; spesso eziandio dall’apparente che dal sostanziale; e per l’ordinario più dal mediocre che dall’ottimo”. Alla consuetudine ciecamente abbracciata – cioè, ciò che in modo abborracciato ci viene insegnato alle scuole – dobbiamo sostituire la lettura come avventura, come ventata da mondi ignoti, esplorazione polare nell’enigma, nel tremendo. Leopardi disintegra l’Idra della ‘storia della letteratura’, massacra ogni ‘metodo critico’, insegna che di fronte all’opera – agli amatiodiati ‘classici’ – bisogna stare con l’ingenuità dei bimbi, l’astuzia dei puri. “In vero, io mi persuado che l’altezza della stima e della riverenza verso gli scrittori sommi, provenga comunemente… da consuetudine ciecamente abbracciata che da giudizio proprio”, scrive Leopardi, e impalca la provocazione, “Quando io leggevo i poemi di Virgilio con piena libertà di giudizio… non discoprivo in Virgilio molto maggiori virtù che nei poeti mediocri. Quasi anche mi maraviglio che la fama di Virgilio sia potuta prevalere a quella di Lucano”. Considerazione finale: “La moltitudine dei lettori… è molto più dilettata dalle bellezze grosse e patenti che dalle delicate e riposte; più dall’ardire che dalla verecondia; spesso eziandio dall’apparente che dal sostanziale; e per l’ordinario più dal mediocre che dall’ottimo”. Alla consuetudine ciecamente abbracciata – cioè, ciò che in modo abborracciato ci viene insegnato alle scuole – dobbiamo sostituire la lettura come avventura, come ventata da mondi ignoti, esplorazione polare nell’enigma, nel tremendo.

    • Roberto scrive:

      Caro Burchiccio, devo dire che questa volta concordo in pieno.

    • Gabriele Maccianti scrive:

      Mah, io rimango strabiliato da tanta faziosità e da tanta incapacità di cogliere la complessità degli eventi. Quelli militari, poi, vanno soppesati con grande attenzione: una decisione sbagliata, presa – spesso in fretta – su dati inesatti (una mappa sbagliata, un portaordini che riferisce una situazione nel frattempo mutata), può avere esiti catastrofici. De Cristoforis commise gravissimi errori che costarono la vita a lui e a 430 uomini. Ma era con loro e con lori morì, e con dignità. Al bar, ovviamente, tutto è facile (mi vengono in mente molte dichiarazioni di parlamentari di ultimo conio).
      Di qualunque argomento si parli – anziché soppesare le vicende, marcando gli errori quando ci sono (e ci furono, ovviamente) – si fa solo un elenco vittimistico di nefandezze (sempre, sempre) commesse dagli altri. Questa è la retorica dell’antiretorica: che non è meno dannosa (da qualche tempo sospetto persino di più, guardando agli eventi contemporanei)

  8. Vedo sempre più nero scrive:

    Riguardo a Dogali. Cosa c’era da aspettarsi se ora non se ne ricorda più nessuno? Altro esempio nella nostra Siena, quanti sanno che il parco sotto la Fortezza si chiama “Parco della Rimembranza” dedicato ai senesi caduti nella Prima Guerra Mondiale? Il fatto è anche più recente della strage di Dogali. Come dicevano i nostri antichi? Chi muore per la Patria vissuto è assai. Ho molti dubbi.

  9. Paolo Panzieri scrive:

    O FORTUNA VELUT LUNA …
    Allora pare proprio che nel duello rusticano che ha visto protagonisti Conte e Renzi alla fine, dopo aver rischiato l’osso del collo, abbia vinto Renzi.
    Comunque, come potrebbero forse dire i tifosi juventini, probabilmente si è trattato di una vittoria di Pirlo.
    Infatti, anche lui, mi pare, abbia lasciato parecchio sul campo…

    Ad ogni buon conto se ci fossimo liberati davvero in un colpo di Bonafede, Speranza, Azzolina, De Micheli e Gualtieri ci sarebbe da festeggiare, se ci levassero il coprifuoco, una notte intera.
    Se poi rotolasse pure la testa di Mimmo Arcuri, commissario del niente, uomo di tutti i disastri, uno con quella vocetta che mi ricorda istantanemente qualche altra sfiorita eccellenza di Calabria, ci starebbe anche un bel triduo eucaristico di ringraziamento.

    Speriamo soltanto che alla fine sia sfatato anche l’antico adagio: “ogni peggio addietro viene”.
    Insomma speriamo di aver davvero toccato il fondo e di poter cominciare la risalita.

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