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La domenica del villaggio: De Maistre,Noce,Caravaggio

Questa domenica, per concludere in beltade questo febbraio, rubrica davvero particolarmente ricca di spunti; all’insegna del pluralismo, e per non farsi mancare alcunché, scriviamo di due personaggi che più differenti non si potrebbero trovare: Joseph de Maistre e Teresa Noce, esponenti importanti – in tempi diversi – delle due grandi Chiese (quella cattolica e quella comunista); dipoi, la rubrica manzoniana, con Caravaggio a fare prezioso capolino. Stimolanti Ps per chiudere, as usual.

DE MAISTRE, L’ELOGIO DEL BOIA E LA DENIGRAZIONE DEGLI SCIENZIATI

Il 26 febbraio del 1821, moriva il campione assoluto della reazione anti-illuminista, l’antirivoluzionario (francese, ma non solo) quasi per antomasia: il conte savoiardo Joseph de Maistre. Per lui (classe 1754), un passaggio giovanile da laico e massone, poi, in età matura, il tandem trono-altare diventa ciò cui uno Stato dovrebbe tendere, financo con una predilezione per i “re cristianissimi” del Medioevo; insieme a Lamennais (un abate), fu propugnatore delle testi “ultramontane”, e si oppose a tutto ciò che c’era di avvicinabile al verbo rivoluzionario. Il suo anniversario – passato quasi inosservato, si crede soprattutto per mera ignoranza dell’importanza del personaggio – ci consente di fare un paio di riflessioni sul conte: che è quanto di più lontano dalla maggior parte delle nostre idee, ma indubbiamente un suo fascino – quasi sinistro, potremmo dire – non può non esercitarlo.

Con le sue “Considerazioni sulla Francia” (1796), in primo luogo, de Maistre è, insieme al Burke, uno dei più efficaci critici di svariati aspetti della Rivoluzione: certo, la sua pars construens è del tutto inaccettabile (si spera) per chiunque, con il suo celebre, controrivoluzionario “elogio del boia”. Temporalista arciconvinto, arriva a chiedere, anticipando Pio IX di più di metà secolo, che la Chiesa crei al più presto il dogma della infallibità pontificia, quintessenza di ogni, aberrante, temporalismo teocratico.

Il de Maistre, in secondo luogo, è di straordinaria attualità, per la perdurante polemica fra Scienza e Politica, come messo lucidamente in evidenza da Vincenzo Barone sull’odierno Domenicale del Sole 24 ore (pagina 9); Barone mette insieme, nella foga contro il potere (strapotere?) degli scienziati, de Maistre ed un filosofo come Giorgio Agamben, con il suo recente “A che punto siamo? L’epidemia come politica”, uscito per Quodlibet; in effetti, certi passaggi di Agamben, ed il pensiero esposto dal conte savoiardo in quello che è considerato il suo capolavoro (“Le serate di San Pietroburgo”, pubblicato dal figlio poco dopo la morte del padre), sono pregnanti: “Non abbiamo saputo tenere gli scienziati al loro posto…hanno le scienze naturali per divertirsi, di che cosa dovrebbero lamentarsi?”, denunciava due secoli or sono de Maistre. Aggiungendo però che, messi dietro o sotto gli scienziati, lui avrebbe messo, davanti o sopra, “i prelati, i nobili, i grandi ufficiali dello Stato”.

Che dire? Di fronte al grande rimescolamento odierno cagionato dal “maladetto Covid”, trovandosi i preti a braccetto con gli scienziati, quantomeno non si può resistere alla curiosità di chiedersi cosa penserebbe, il campione dei reazionari, a cotal proposito…

TERESA NOCE, “NOME DI BATTAGLIA ESTELLA”

Le attuali polemiche delle donne progressiste, che si lamentano del maschilismo della dirigenza zingarettiana, hanno ragione di essere in sé, ma non più di tanto a fronte della historia dello stesso Partito di origine; il quale annoverava un Enrico Berlinguer, il quale sosteneva essere Maria Goretti il suo esempio di modello femminile. E se andiamo a scalare, nel tempo, peggio che mai…

La biografia di Teresa Noce, luminosissima figura del comunismo italiano (per questo blog, un nume tutelare: fu, con Concetto Marchesi, l’unico deputato del Pci a votare contro il recepimento dei Patti Lateranensi in Costituzione), dimostra proprio questo, come e più del noto esempio di Nilde Iotti, la cui relazione adulterina con il Migliore assunse toni da crociata all’interno del Pci d’antan.

Grazie ad una biografia della storica Anna Tonelli (“Nome di battaglia Estella”, Le Monnier, pagg. 155, euro 13), veniamo dunque a sapere che la Noce, dopo avere svolto ogni tipo di lavoro (era rimasta orfana di madre – vittima della Spagnola -, e del fratello), approdata al Pci torinese negli anni Venti (poco ruggenti, nella sua Torino), viene arrestata nel 1923; va a Mosca alla scuola leninista, poi l’andirivieni fra Francia ed Italia, per poi approdare nella Spagna insanguinata dal franchista Alzamiento; in tutto ciò, in perfetta simbiosi di pubblico e privato, si innamora di una figura già di primissimo piano nel panorama del Comunismo italiano, Luigi Longo, con il quale, dopo il matrimonio, avrà tre figli. Durante la Seconda guerra mondiale, la Noce si farà un po’ di “vacanza” in un paio di campi di concentramento, Rieucros e Ravensbruck (descritti nella sua autobiografia “Rivoluzionaria professionale”, edita nel 1974). Nell’immediato dopoguerra, sarà la primissima firmataria della Legge sulla maternità (che non era – come si evince – un valore solo dei conservatori, dei tradizionalisti e bacchettoni). Con questo curriculum vitae, per il quale il Partito le avrebbe dovuto fare erigere un monumento di marmo carrarino davanti ad ogni sezione, nel settembre del  1954 Teresa Noce viene espulsa dal Pci! Motivo, di grazia?

Del tutto personale, familiare, sentimentale: Longo, il marito, ha ottenuto il divorzio a San Marino (senza neanche dirglielo: la Noce lo viene a sapere dalle colonne de Il corriere della sera…), lei ci resta malino; il bacchettonissimo Pci non ne voleva sapere di siffatti scandali, ma se c’era da schierarsi, si schierava con il maschio; morale: il Partito si stringe intorno a Longo, e confeziona l’espulsione della donna che aveva dedicato la sua vita alla causa. La quale vivrà altri 25 anni, scrivendo libri e dedicandosi all’attività sindacale (morirà nel 1980): ma la damnatio memoriae, sin da quel 1954, inizierà a lavorare per espungerla dal Pantheon di riferimento. Una storia da tenere bene a mente, per il passato e per il presente.

 

PROMESSI SPOSI 4.0, CAPITOLO XIV: UN’OSTERIA CARAVAGGESCA

Eccoci arrivati al Capitolo XIV del capolavoro manzoniano, quello in cui Renzo inizia davvero a mettersi nei guai; salvatosi il povero Vicario di provvisione con le modalità descritte nella seconda parte del Capitolo XIII (arrivo del Ferrer, autentico deus ex machina), la folla si disperde, e del “vecchio malvissuto” – una sorta di Caronte in versione manzoniana – si perdono le tracce; Renzo va a rifocillarsi in un’osteria (Milano era in zona gialla…), ove si ubriaca in modo indegno, diventando lo zimbello degli altri avventori e ponendo le basi per il tentativo di arresto che subirà a breve.

Vediamo come viene descritto, l’interno dell’osteria della Luna piena (con quella successiva di Gorgonzola, senz’altro la più importante del romanzo):”Due lumi a mano, pendenti da due pertiche attaccate alla trave del palco, vi spandevano una mezza luce. Molta gente era seduta, non però in ozio, su due panche, di qua e di là d’una tavola stretta e lunga…a intervalli, carte voltate e rivoltate, dadi buttati e raccolti. Fiaschi e bicchieri per tutto”.

Manzoni scrive, ma non ci sovviene forse il Caravaggio, con le sue taverne (quelle in cui si metteva sovente nei guai)? Non ci viene in mente un’opera come “I bari”, fra le altre? Quando l’autore scrive di quella “mezza luce” dell’interno-osteria, non si può non andare a Caravaggio. Sul rapporto fra Manzoni ed il pictor praestantissimus, si veda lo studio di Daniela Brogi “Un romanzo per gli occhi – Manzoni, Caravaggio e la fabbrica del realismo”, 2018.

Attenzione, però, a non cadere in insidiosissimo anacronismo: Caravaggio muore nel 1610 (18 anni prima del tempo della narrazione), quindi l’autore de “I promessi sposi” lo avrebbe potuto benissimo conoscere e citare. Peccato che, nell’Ottocento, colui che forse è oggi la superstar fra i pittori italiani – insieme a Michelangelo, Raffaello e a Leonardo, certo –  fosse pressochè sconosciuto al pubblico dei non specialisti; fu l’allora giovanissimo, futuro critico d’Arte, Roberto Longhi, con la sua tesi di laurea del 1911 (“Interpretazione di Caravaggio”), a farne nascere l’attuale fama, come ricorda a chiarissime lettere Philippe Daverio nel delizioso volumetto edito dal Corriere della sera sul Caravaggio. Ergo, Manzoni non cita Caravaggio, ma – per le consuete, misteriose, vie dell’ispirazione – è come se lo facesse…

 

Ps 1 Giovanni Cherubini, il grande storico del Medio evo, collaboratore di Ernesto Sestan, ci ha lasciato in settimana; classe 1936, dagli anni Settanta viveva a Bagno a Ripoli. La sua opera fondamentale resta “L’Italia rurale del basso Medioevo”, uscita per Laterza (ma, certo, oggi sarebbe utile prendere in mano anche “Le città italiane dell’età di Dante”); ha fatto parte, fra le altre, dell’Accademia degli Intronati. Da storico sociale, ha sempre tenuto presente la grande lezione – purtroppo oggi, anche questa, quasi caduta nel dimenticatoio – che la Historia non può, e non deve, essere scissa dallo studio della Geografia. Insieme a Franco Cardini, a metà dei Settanta ha pubblicato uno dei migliuori manuali per le Superiori, per Sansoni.

Ps 2 Lawrence Ferlinghetti, alla venerandissima età di 101 anni, se ne è andato. Demiurgo della Beat generation letteraria, poeta anch’egli, scopritore di Kerouac e Ginsberg, la sua libreria di San Francisco, la mitica City lights, è stata, e pare sia tutt’ora, il modello di come dovrebbe essere una libreria: non solo un luogo ove i libri sono in vendita, ma anche ove essi sono in discussione, sottoposti al commento dei lettori.

 

 

23 Commenti su La domenica del villaggio: De Maistre,Noce,Caravaggio

  1. Marco Burroni scrive:

    Interessante il personaggio di Teresa Noce, che non conoscevo: e interessanti i tuoi pensieri sul conservatorismo ed il bigottismo del PCI, e qui e’ necessario sfatare il grosso equivoco che vede il PCI da sempre campione del progressismo e dei diritti civili e sociali.

    In realta’ al PCI ed ai suoi dirigenti negli anni ’40 e ’50 dei diritti civili interessava ben poco; era dell’economia che ci si doveva preoccupare, dei diritti dei lavoratori, dell’abolizione della proprieta’ privata e della costruzione di una societa’ comunista, certe cose – il divorzio ad esempio- erano anzi viste come mollezze borghesi, come qualcosa che indeboliva la famiglia e la societa’.

    La metamorfosi avverra’ solo dopo gli anni ’70 quando, abbandonate le utopie rivoluzionarie da una parte e mutata la societa’ in seguito al ’68 dall’altra, il PCI ( e poi il PDS ed il PD) diventera’ obtorto collo “paladino” dei diritti civili.

    E per finire come non citare questi gustosi reperti d’epoca?
    youtube.com/watch?v=2i8c-JMqsT4
    youtube.com/watch?v=Fd0uYqRE5vU
    Citazioni aneddotiche certo ma in qualche modo indicatrici degli umori conservatori della base del partito.

  2. Mandrake 2 scrive:

    Torno a scrivere dopo un po’ che non frequentavo il blog, e devo dire che lo trovo in ottima forma. Il parallelo fra de Maistre e la polemica di Agamben è veramente attuale. Per come la penso io, credo che non si possa essere d’accordo con il conte savoiardo, ma che nello stesso tempo si debba porre un argine critico allo strapotere degli scienziati. Certo che se, come vuole qualcuno, mettessero un altro bel lockdown di due mesi, poi l’abbinamento fra il caldo e i vaccini metterebbe ko il virus: ce lo possiamo permettere, soprattutto quando a pagare sono solo alcuni?

    • Filippo scrive:

      Lo “Strapotere degli scienziati” è una delle balle più grosse fra quelle raccontate a destra (soprattutto) e a
      manca nell’ultimo anno, e fa solo vergogna insinuarlo. Erano scienziati anche quelli che ha seguito il buon David Quammen, che da anni avvisavano del rischio di una pandemia globale. Nessuno ha dato loro ascolto. Bello strapotere. La realtà è che un tecnico può dire che se vogliamo debellare il virus dobbiamo mettere in atto un lockdown pesante. Ci piace, non ci piace, è irrilevante. Mettere la possibilità sul piatto e decidere se farlo o no è compito della politica, ma siccome i politici non hanno né cognizione né coraggio, delegano ai tecnici la decisione (il balletto sulle zone rosse per non inimicarsi commercianti e ristoratori, due delle categorie economiche più antisociali tra quelle popolari, è osceno) Da qui l’illusione dello strapotere della scienza, che è solo debolezza della politica.

      • A.C scrive:

        Balla? E’ una evidente realtà semmai, a reti ( e a pagine di giornale) unificate! La ricetta del lockdown pesante (mica visto come una soluzione da tutti poi..) mi pare l’abbiamo già attuata, a te no? i SETTANTA giorni di lockdown totale, e per totale è intesa anche l’assoluta segregazione degli italici nelle 4 mura domestiche, cosa sono stati per lei? Un passatempo ricreativo?
        Ritornando ai cari virologi, non solo trovano uno spazio sradicato ormai da limiti di influenza, ma hanno beatamente detto tutto e il contrario di tutto in un anno di pandemia, non sto a rimembrare le loro contraddizioni, potrei linkare di tutto e di più…
        Il potere della scienze esattamente come il potere istituzionale degli organi politici ha bisogno di limiti ben marcati; sà il mio medico (e molti altri), spesso osserva che il trattamento chimico di molti capi di abbigliamento: formaldeide, ammine aromatiche ecc… si trova sui vestiti in forme notevolmente superiori al dovuto anche oltre i 60 mg, e può causare il cancro. Ora, si cambia il metodo di produzione? o si fà una bella leggina che ci impone di vestirci come fantozzi nell’eden? Il lockdown totale equivale alla seconda soluzione.
        Ps: se lei crede che un governo, di qualsiasi colore (per chi ancora ci crede) si ponga scrupoli per chi lavora, mi permetta ma ha bisogno di fare un ripasso..

        • Filippo scrive:

          Il mio consiglio è di leggere bene prima di rispondere. Prendiamo il caso che fai dell’abbigliamento: il compito delle istituzioni scientifiche (la scienza e gli scienziati non vuol dire niente) è studiare e dire quali sono i rischi dell’uso di capi di abbigliamento trattati come dici. Poi, sono le istituzioni politiche a dover dire quali sono le misure da mettere in atto (cambiare modelli produttivi oppure vietare determinati tipi di vestiti). Se invece le istituzioni politiche chiedono a quelle scientifiche cosa fare, stanno delegando ad altri una funzione che invece spetta a loro svolgere. Quanto agli scienziati che si espongono sui media, il punto rimane quello della debolezza della politica: molte forze politiche sono solo banderuole che ruotano opportunisticamente in base all’ultima dichiarazione del Bassetti o del Galli di turno. Il problema principale è questo, non le interviste e nemmeno le discordanze, che sono connaturate alle questioni scientifiche.

  3. Yama figlio di Mefisto scrive:

    Off topic. Notizie del presidente Mattarella? O siamo nell’Urss ai tempi di Andropov?

  4. Vedo sempre più nero scrive:

    Questione Chiesa-scienziati, sono per i secondi, però con la riserva che questi non si sentano sempre infallibili, tanto da sentirsi al di sopra delle persone comuni e non soggetti a poteri occulti. La Chiesa dovrebbe essere superiore in quanto la morale dovrebbe essere sopra a tutti, ma molti prelati da sempre sono stati più lupi che bravi pastori di anime. Nell’attualità, gli scienziati, i virologi, se rispettassero la morale cristiana non farebbero la figura di ciarlatani che stanno facendo in questo periodo. In particolare: su “LA NAZIONE” di oggi c’è un articolo in cui si parla dell’unico virologo che nel luglio scorso disse di non abbassare la guardia perché il covid poteva mutare e quindi doveva essere continuamente monitorato; venne tacciato e messo in croce da quelli che ora pontificano e parlano delle mutazioni del virus. In tutto questo ancora non ho sentito qualcuno di loro scusarsi e anche parlare dell’assoluto divieto di fumo. Tutte misure di precauzione, ma se non eliminiamo la causa principale di attacco ai polmoni (e non solo) è come lasciare aperta la porta principale di una città assediata. Non vorrei che dietro ci siano gli interessi delle multinazionali che col tabacco ci ricavano molti profitti, poi se poi si trova il vaccino saranno altri soldi perché alla fine anche questo non sarà più gratis, si rischia di vaccinarsi tutti gli anni e quindi produzione e guadagni per chi li fabbrica. Non mi convincono le buone intenzioni delle varie case farmaceutiche, carità pelosa, la morale si piega al bieco interesse. Tornando, giustamente, al De Maistre, considerando i suoi pensieri abbastanza arretrati, direbbe che il covid sarebbe una punizione divina per una società troppo libertina; avrebbe anche ragione per certi versi, ma non esageriamo, non buttiamo il bambino con l’acqua sporca.

  5. Paolo Panzieri scrive:

    Speriamo si porti via anche le primule e tutti quei banchi colle ruote …
    Arcuri è fuori.
    Viva Arcuri!

  6. manunta scrive:

    Off record, il commissario mimmo arcuri, ci lascia.
    Non per dimissioni spontanee ma per dismissione.
    Avra’ comunque il suo bel daffare per spiegare ai pm ,come sia possibile che abbia avuto 1200 tra chiamate e sms con un mediatore d affari( affaroni ovvero miliardi di € di materiale sanitario) che dichiarava di non conoscere.

    https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/26303750/quarta-repubblica-mediatore-mario-benotti-sms-domenico-arucri-dice-non-conoscermi.html

    Singolare la scelta di draghi per sostituirlo, non ha pescato come sarebbe stato logico pensare un dirigente del ministero della sanita’, o chesso’ un esperto di protezione civile, o magari uno scienziato, no no no
    e’ andato a scegliere all interno di “altro” ministero, o meglio all interno dello stato maggiore alle dipendenze del ministero difesa.

    Ha scelto il bon draghi ,un generale di corpo d armata tale Figliuolo, le cui competenze sono:

    Comandante del I Reggimento di artiglieria da montagna di Fossano negli anni 2004-2005, dal settembre 2009 all’ottobre 2010 ricopre l’incarico di Vice Comandante della Brigata “TAURINENSE” per assumerne, senza soluzione di continuità, il Comando sino all’ottobre 2011.
    Ricopre quindi, sino al 5 novembre 2018, l’incarico di Capo Ufficio Generale del Capo di Stato Maggiore della Difesa, in un momento di fondamentale trasformazione delle Forze Armate in chiave interforze. Dal 7 novembre 2018 è Comandante Logistico dell’Esercito.

    Di rilievo l’esperienza internazionale quale Comandante del Contingente nazionale in Afghanistan, nell’ambito dell’operazione ISAF (ottobre 2004 – febbraio 2005) e quella diciannovesimo Comandante delle Forze NATO in Kosovo (settembre 2014 – agosto 2015), nella stessa area di crisi balcanica che lo aveva già visto impegnato agli inizi degli anni 2000, quale Comandante della Task Force “Istrice” in Goradzevac e, precedentemente, nel ’99, nell’ambito dell’organizzazione logistica del Comando NATO-SFOR in Sarajevo.

    Tratte dal sito min.difesa

    Ovvero un esperto in operazioni di polizia militare e il responsabile della struttura logistica dell esercito.

    Fate voi.

    • Vedo sempre più nero scrive:

      Ringraziamo quei cervelloni che non hanno rispettato le distanze e spesso senza la mascherina a Milano, Roma, Napoli, Firenze, Siena, ecc..

    • Holden Caulfield scrive:

      Un colpo di stato?

    • Anonimo scrive:

      Strano e inappropriato che per provare a fare andare in porto una campagna di vaccinazione di massa sia stato scelto un esperto in logistica. Io avrei preso un manager di aziende a partecipazione pubblica.

      • manunta scrive:

        Ma ceerto, ovviamente il fatto che sia esperto di logistica si, ma logistica militare e’ un particolare irrilevante.
        A lei buonuomo ,risulta che in europa altri paesi abbian deciso di affidare
        la campagna vaccinale ad un militare ?
        La struttura della protezione civile non dava sufficiente affidabilita?
        La scelta di un comandante di truppe alpine ,serve a meglio garantire l arrivo dei vaccini nei borghi montani e collinari?
        Per ,come scrive lei ” mandare in porto ” la campagna vaccinale, non sarebbe stato meglio chesso’ il comandante del reg. San Marco o un bell ammiraglione?

        Quanto poi al poro cecato vedo nero, te nini faresti bene a rileggerti
        Esopo/fedro, sembri la rana ( bollita ) che dopo essersi lamentata del re travicello , si ritrovo’ lo sguittone ( colubro viridiflavus) nello stagno.

        • Anonimo scrive:

          Inaudito, non lo fa nessuno, che l’esercito si occupi di fare la guerra, la distribuzione la facciano le poste!
          https://www.vtg.admin.ch/it/attualita/coronavirus/vaccinazione.html
          https://it.euronews.com/2020/12/13/usa-la-logistica-dell-esercito-per-distribuire-il-vaccino-dei-record

          • manunta scrive:

            Inaudito appunto, io le chiedo se in EUROPA, altri paesi han scelto un generale per coordinare la camoagna vaccinale.
            E lei in preda a labirintite neurale e confusione geografica mi risponde da autentico babbaleo
            linkando che negli usa lo hanno fatto.
            Come suggerito dal Raffa la invito a ripassarsi la geografia.

          • Anonimo scrive:

            Beh? La Svizzera è troppo lontana? Troppo guerrafondaia? Troppo capitalista? Troppo ricca? Trasferita in Europa da poco? Attendo argute rime per illuminare il mio limitato orizzonte.

        • Vedo sempre più nero scrive:

          Non so, caro Manunta, cosa vuole dire, ma stavolta mi sembra che pecchi di ingenuità. Il mio commento era sarcastico, non sono assolutamente contento di avere un generale a coordinare i vaccini, ma con tanti cervelloni senza mascherine, dottoroni che dopo avere sbagliato ogni previsione sul virus ed ancora pontificano cosa si doveva aspettare? Siamo un paese con la “p” minuscola, purtroppo. Anche l’UE non mi sembra all’altezza della situazione. Gli unici contenti sono i nostri politici che hanno le loro poltroncine, i loro piccioncino. Nel pollaio di Roma è arrivato Draghi e si è sollevata una nube di piume tanto chiasso e poi è tutto calmo come prima. Quelli che veramente mi fanno pena sono quei settori che col turismo e lo spettacolo ci campavano, i liberi professionisti, le partite IVA, insomma ci siamo capiti. Quando parlano di ristori mi viene la nausea perché non ci credo assolutamente, forse i loro nipoti li avranno. Chiudo non voglio dire altro. Manunta io la stimo per i suoi interventi che spesso ci prendono, ma dovrebbe essere più umile e non pensare sempre male dei senesi, c’è molto di peggio ed anche vicino alla sua Città (con la c maiuscola).

      • manunta scrive:

        Caro saggio illuminato ano nimo

        Datosi che c avemo l ex capo dii sbiri Gabrielli a fa’ er consijere der presidente der consijo
        e er generale d’ aarpini a fa’ er capo der CTS, me tocca ditte che a sto punto:

        Mannamo affanculo sta’ democrazia
        Pe’ fa’ funziona’ sta nazione de tonti
        Parebbe che n unico modo ce sia

        Pijamo un banchiere che sa’ fa’ li conti
        Che tanto so’ quelli a cosa mportante
        Se pe l emergenze bisogna sta pronti

        Ce vo’ n generale a fa’ er comandante
        Se a palazzo chigi ce vo n consijere
        Er capo dii sbiri sta pronto all istante

        De draghi so’ queste le bbone maniere
        E tutta la stampa in coro lo loda
        Er drago o sa’ fa’ er su porco mestiere

        Ar popolo intanto li ner sottocoda
        Je c entra ‘n un vecchio novissimo modo
        Je c entra e pare che puro ce goda

        Daje ano nimo famoselo approda’ ner porto.

  7. MARIO ASCHERI scrive:

    ottimo! non solo Cherubini (nessuno di Siena era presente al funerale) ma la questione Agamben..bravissimo! Carico in FB…io tento inutilmente di far tironfare il criterio della priorità ai malati per i vaccini…scritto anche a Eugenio naturalmente…media del tutto disinteressati al problema!

    • manunta scrive:

      Professore se la mi fa’ un osservazioni di’ genere
      e mi tocca poi danne spiegazione…sicche’:

      Se di senesi non c era nessuno
      La cosa torna poiche’ cherubini
      E’ sempre stato pe’ davvero uno

      Che storia fece di quei contadini
      Che genti vane cervelli ristretti
      Consideran de poveri meschini

      Genti bacate dall animi gretti
      Genti spocchiose di cervice dura
      Dimentichi di come i lorenzetti

      E i cherubini stimavan la natura
      Veniva da Bibbiena n casentino
      Scrisse la storia dell agricortura

      Narro’ come la man del contadino
      Lega le genti ai loro territorio
      Omo verace e di cervello fino

      • manunta scrive:

        Storia dell agricortura italiana , opera in 5 volumi ideata da i Cherubini
        Accademia de’ Georgofili.
        Aggratise in pdf.

        http://www.georgofili.it/contenuti/news/5976

        Da li aprite il link e potrete AGGRATISE scaricare non solo i 5 volumi, ma anche i numeri della rivista di storia dell agricoltura e i vari quaderni della rivista, che trattano diversi argomenti.

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