Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Gesù, fra Dante ed i Papi - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Gesù, fra Dante ed i Papi

Domenica pasquale, ed il blog si adegua, offrendo ai suoi lettori una dotta puntata della sua rubrica culturale: fra Gesù – noblesse oblige -, Dante e qualche Papa, di quelli buoni e di quelli meno buoni. Domenica prossima, a Zeus piacendo, si riprende a scrivere di altro, compresa la rubrichetta manzoniana.

YEHOSHUA BEN YOSEF, UN AUTENTICO ROMPICAPO STORIOGRAFICO

Yehoshua ben Yosef, alias Gesù: che formidabile rompicapo storiografico! E più trascorre il tempo, più passano i secoli, più il rompicapo si fa arduo, pressoché inestricabile da dipanare: dal punto di vista prettamente storiografico, ovviamente, perché dal punto di vista delle Fede, nulla quaestio, e non solo perché oggi è la Pasqua di Resurrezione (sulla cui dinamica intrinseca – anche su quella – bisogna che la Ratio lasci spazio completo alla Fides, come è giusto che sia: purché non si pretenda – come ogni tanto qualche Messori della situazione si ostina ancora a fare – di armonizzare entrambe le cose).

Bisogna rassegnarci: dal punto di vista storiografico, neanche le novità degli ultimi decenni – sbandierate ai quattro venti – hanno portato alcunché di sostanziale, ci scrive lo storico (antichista) spagnolo Fernando Bermejo-Rubio, nel suo “L’invenzione di Gesù di Nazareth” (Bollati Boringhieri, 702 pagine, 32 euro); né il cosiddetto “Vangelo di Giuda”, né il presunto ossario di Giacomo, né la tomba di Talpiot od altro ancora, insomma, fanno progredire di una singola virgola la autentica conoscenza storica della figura storica in questione. C’è chi dice e scrive che, in fin dei conti, noi sappiamo più di Gesù, che di personaggi come Alessandro Magno (è la singolare tesi del Parish Sanders, in “Gesù, la verità storica”, edito da Mondadori), ma pare proprio che, a livello archeologico ed epigrafico (nonché di Storia militare), con Alessandro il Magno la ricerca sia decisamente più dotata di documentazione. Senza neanche bisogno di ricorrere alla divisione fra ciò che è apocrifo, e ciò che non lo è.

C’è poi un’altra questione, cruciale, a livello esegetico, nel rapporto fra Gesù ed i suoi discepoli (tema ripreso da Paolo Mieli, nella recensione al libro dello storico spagnolo, sul Corriere della sera del 2 marzo, pagg. 36-37), ed è quello del fraintendimento, da parte dei suoi stessi seguaci più stretti, delle parole e del messaggio profetico del Nazareno; in questo caso, c’è la fonte evangelica (non certo apocrifa) a soccorrerci: nel Vangelo di Marco i discepoli sono presentati plurime volte “come un gruppo che non capisce ciò che il maestro è, dice e fa”; Gesù in persona, di fatto, lo conferma, accusandoli di non riuscire a penetrare il suo messaggio a cagione del loro “cuore indurito”. Il problema dell’eventuale travisamento – sostenuto da molti analisti di grande spessore, fra i quali Mircea Eliade – è di non poca importanza, insomma.

Per concludere su questo aspetto, infine, va sempre ricordata una circostanza biografica fondamentale e fondante, per una ricostruzione storica della figura di Yehoshua ben Yosef: per circa due terzi della sua vita (da intorno ai 10 anni, fino all’ultimissima parte del suo percorso terreno), noi non sappiamo praticamente niente di niente, se stiamo ai Vangeli accettati dalla Chiesa (i sinottici, più Giovanni). Aspetto che, ben lungi dall’essere una novità, qualche problemuccio comunque continua a porlo…

PAPA FRANCESCO, PAOLO VI E L’ALIGHIERI (CON MANFREDI DI SVEVIA)

Abbiamo scritto di Gesù, come era di obbligo data la ricorrenza pasquale; vediamo a questo punto di aggiungere qualcosa sul rapporto fra Dante ed il papato, e fra il papato e l’Alighieri, dato il settecentesimo anniversario della morte del Sommo.

Sarà per un mai superato senso di colpa verso l’operato di loro illustri predecessori, dall’Alighieri scaraventati all’Inferno (Canto XIX), nel cuore delle Malebolge (Niccolò III, quello a testa all’ingiù con il quale parlano Dante e Virgilio, poi Bonifacio VIII – ancora vivente, illo tempore -, nonché Clemente V, autore del Vasconum obbrobrium, avendo portato il Papato in Avignone), fatto è che più di un Papa si è dilettato, negli ultimi decenni, a scrivere intorno all’Alighieri ed alla Commedia.

Paolo VI, per esempio: il quale non disconosceva le dantesche “aspre rampogne per istituzioni ecclesiastiche e per persone che della Chiesa furono ministri e rappresentanti”, ma al contempo si rallegrava del fatto che “tali fieri suoi atteggiamenti non abbiano mai scosso la sua ferma fede cattolica e la sua filiale affezione alla Chiesa”. Con il suo consueto pragmatismo illuminato, Paolo VI salvava dunque il salvabile del messaggio religioso dantesco, senza negare l’evidenza del Canto XIX dell’Inferno, e non solo di quello.

La Lettera apostolica di Papa Francesco “Candor lucis aeternae” (Splendore della luce eterna), nella sintesi che ne offre Gianfranco Ravasi (sul Domenicale del Sole 24 ore del 28 marzo, a pagina 3), invece, sdirazza un pochino sul politicamente corretto delle tre donne che operano per la salvezza di Dante: la Madonna, ovviamente; Beatrice (poteva forse mancare?), ed anche Santa Lucia (d’altro canto, anche Gesù risorto, non viene forse veduto per primo da una donna?).

Tra parentesi, siamo sicuri che l’Alighieri possa essere considerato un esempio di valorizzazione della figura femminile? In attesa di leggere l’ultima fatica – prima della scomparsa – di Marco Santagata, esprimo, crocianamente, i miei igienici dubbi, in attesa di tornare sul complesso argomento

Papa Francesco, però, si dilunga anche sulla straordinaria figura di Manfredi di Svevia, morto a Benevento (1266), facendo di fatto crollare il potere ghibellino in larga parte d’Italia (Siena compresa, in attesa della fatal Colle); esempio più alto, ed anche antimeritocratico, del Perdono cristiano. Ascoltiamolo, nel celebre passaggio purgatoriale (Canto III):

“Orribil furon i peccati miei; ma la bontà infinità ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei”.

Ed è assolutamente chiaro, che qui si entra in un autentico ginepraio – come anticipato sopra – antimeritocratico, dal punto di vista delle azioni e delle opere, tale da rischiare di fare debordare qualcuno verso luterani lidi: se uno può peccare senza tema per tutta la vita, e poi, pentendosi in articulo mortis, tutto viene condonato, che senso ha vivere rettamente la quotidianità, di grazia? Sarebbe come non avere mai pagato le tasse, e poi vedere arrivare, all’improvviso, un super condono: per quello, però, basta stare sulla terra, senza bisogno di ascendere sul monte purgatoriale…

Ps Ne riparleremo, ma per intanto è stata apprezzata la mappa interattiva sui luoghi tozziani curata dal professor Riccardo Castellana, in occasione degli eventi per il centenario della morte dello scrittore senese (vedasi anche il pezzo di Giulia Maestrini sul Corriere fiorentino di venerdì scorso, pagina 12). Tozzi sarà ovviamente ben presente, all’interno degli incontri che stiamo cercando di organizzare, per l’estate, fra la Fortezza medicea e le Logge del Papa.

 

16 Commenti su La domenica del villaggio: Gesù, fra Dante ed i Papi

  1. Mandrake scrive:

    Caro Eretico, ormai il dubbio si fa davvero amletico (per restare sul letterario): questo blog è meglio dal punto di vista culturale, o era meglio prima, con il pungente e documentatissimo giornalismo di inchiesta sulle cose senesi? “Ai posteri l’ardua sentenza”, come direbbe l’amato Manzoni. Di certo, parlandone con alcuni “compagni di merende” mentre camminavamo questo pomeriggio, resta incomprensibile come la città non abbia trovato il modo ed il tempo di premiare chi prima le ha insegnato il giornalismo di inchiesta (che tutt’ora è inesistente a Siena), e ora si spende con questa solerzia a livello di diffusione della cultura. Misteri della nostra città, non c’è altra spiegazione.

  2. alberto bruttini detto "il Cacaccia" scrive:

    x Mandrake

    Quando un giovane Cesare Brandi fu chiamato a Roma a dirigere l’Istituto del Restauro così rispose ad una delle prime domande di un giornalista del Messaggero che gli chiedeva sulla situazione della cultura a Siena:”Il Monte dei paschi ed il Palio hanno affossato Siena”.

    Il Monte non c’è più, il Palio chissà se e quando ci risarà ma la diffusione della cultura è ben lontana dal dare un segno di vita.

  3. Vesuvio scrive:

    Quest’anno ho avuto l’opportunità di partecipare alla Letio Divina sul Vangelo di Marco, che si sta tenendo settimanalmente nella Parrocchia a cui appartengo ed è stato letto e commentato anche il discorso ai discepoli fatto da Gesù nel cap. 7 del succitato Vangelo. Vorrei, perciò, condividere alcune riflessioni fondamentali in merito al rimprovero che Gesù rivolge ai suoi discepoli: “Così neanche voi siete capaci di comprendere?…”
    I discepoli dovrebbero comprendere, Gesù vorrebbe che i suoi fossero già capaci di cogliere almeno le cose che cadono sotto i loro occhi, ma ciò che Gesù dice e ciò che fa rimane velato per la loro mente, i discepoli non riescono ad entrare nella verità delle cose in quanto non hanno ancora ricevuto la luce dello Spirito Santo, evento che si verifica cinquanta giorni dopo la resurrezione ( Pentecoste).
    Dire poi che Gesù sarebbe da considerare un “cattivo maestro “ perché non era in grado di farsi capire dai suoi discepoli, come ho letto nella recensione di Mieli, mi sembra oltremodo approssimativo, infatti, voler paragonare l’insegnamento di Gesù a quello di un qualunque docente di una qualsivoglia disciplina, è fuori da ogni argomentazione. Gesù con il suo insegnamento sollecitava un cambio di mentalità, chiedeva di entrare in una logica diversa, di modificare la prospettiva con cui guardare alle scelte.

  4. Francesco da Grosseto scrive:

    Quanto al tema del fraintendimento dei discepoli, c’è una interessante teoria ripresa da Aldo Ficarra che storico di professione non è, ma non per questo risulta approssimativo nell’esegesi, secondo cui per evitare l’intervento del Sinedrio timoroso della parvente autonomia concessa dai Romani ad Israele, lo stesso Cristo nel suo agire doveva evitare di pronunciarsi e dichiararsi apertamente Messia, per non incorrere nell’accusa di sedizione dell’ordine pubblico, fino al compimento della Profezia.
    Per fare questo parla per parabole anche con gli Apostoli ed i discepoli più intimi, ma deve spesso constatare che non sempre essi capiscono il perchè di questo suo modo di fare ed anzi lo accusano di reticenza ed indecisione, da qui le reciproche incomprensioni. E’ quindi l’elemento taumaturgico, secondo Ficarra, ad essere l’unico linguaggio intelligibile e di immediata ed universale comprensione per affermarsi come Messia che Gesù usa e su cui non c’è da parte di coloro che gli sono vicini nessun tipo di contestazione e rimostranza, come gli stessi Vangeli attestano, ma che lo porterà alla condanna a morte a causa dello straripante e pericoloso successo tra le folle che il Sinedrio vede come una pericolosa minaccia per la sopravvivenza di Israele.

    • Eretico scrive:

      Caro Francesco, grazie davvero per il tuo contributo, sul quale c’è da meditare (il primo che fa la battuta su Ficarra e Picone, lo incenerisco). Ciao, e salutaci Grosseto!

      Grazie anche a “Vesuvio”: comunque la si pensi, certo è che Gesù non possa essere considerato in modo paritetico rispetto ad un docente, questo è certo!

      Ad Alberto, infine: grazie per la segnalazione su Cesare Brandi, la quale – in chiave senese – non può non fare riflettere; tra l’altro, è una frase che, praticamente identica, ho sentito anche da almeno un paio di altri intellettuali senesi, oggi purtroppo scomparsi. Frasi che, però, credo non pronunciassero in eventi pubblici…

      L’eretico

  5. Tempi duri pe’ la cultura senese, ma piu’ duri assai da quando l antica e nobile istituzione cittadina, sita nella sapienziale via,onore e vanto della cittade, cadde in mano al noto gestore di noto blog.
    Ma non disperate sanesi, tutto tornera’ come pria, i lalli correranno ancora, il monte tornera’ a svettare, la cultura sanese tornera’ n mano a quei che justamente or manifestan il loro sdegno contro recenti pessime derive, timonate da chi voi ben sapete, che con l iscusa di menar cultura al popolo,l’ abbassa e degrada ,svilendola oltrognidire.
    Il tristo timoniere or timona l aratro distruendo sapienzialmente consolidate colture .
    Ma’ abbiate fede , presto torneranno a fiorir fiori e fiorini tutto iantorno.
    L eresie e l eretici non prevalebunt.
    Scrisselo perinsino il profetante evangelista,boanerghico,miroblita in quel
    di Patmo.
    Non dubitatene.

  6. Orribil furon li peccati suoi
    Volse cavare giogo d ignoranza
    Alle vaccine et ai sanesi buoi

    Dentro la stalla n via della sapienza
    Da buio di ragion volse fa’ giorno
    Somma pretesa et somm’ arroganza

    Di narrazion Tozziana sommo scorno
    Ei volse dirazzar tal tradizione
    E indignazione suscito’ all i(a)ntorno

    Di nave cultural ebbe l timone
    Nave che rischia di fragner la chiglia
    Se vien diretta n mala direzione

    Pel qual motivo gran bollor di coglia
    Venne ad un erudito gran dottore
    Che percioistesso si cavo’ la voglia

    Di fare svaporare tal bollore
    Non con un abbondante sciacquatura
    Ma con messaggio del qual si fe’ latore

    Lo fece pe’ difender la cultura
    O meglio pe’ tenella al posto suo
    Lungi da i popol di cervice dura

    E riferimenti so’ totarmente casuali,
    Ma invito i cacaccia a ndovina’ ( e a cita’ esattamente) da qual sonetto
    trassi spunto, Bruttini non mi deludere.

    • alberto bruttini detto "il Cacaccia" scrive:

      Biondo era e bello e di gentile aspetto…

      • no Bruttini, forse i Panzieri c era arrivato , visto l sonetto profano che cita.
        I mio era un riferimento a Dante si, ma da maiano
        Quando sonettando di topa rispose a Durante e al suo vitanovesco aulico e sognante

        CIASCUN’ALMA PRESA E GENTIL CORE
        NEL CUI COSPETTO VEN LO DIR PRESENTE,
        IN CIÒ CHE MI RESCRIVAN SUO PARVENTE,
        SALUTE IN LOR SEGNOR, CIOÈ AMORE.

        GIÀ ERAN QUASI CHE ATTERZATE L’ORE
        DEL TEMPO CHE ONNE STELLA N’È LUCENTE,
        QUANDO M’APPARVE AMOR SUBITAMENTE,
        CUI ESSENZA MEMBRAR MI DÀ ORRORE.

        ALLEGRO MI SEMBRAVA AMOR TENENDO
        MEO CORE IN MANO, E NE LE BRACCIA AVEA
        MADONNA INVOLTA IN UN DRAPPO DORMENDO.

        POI LA SVEGLIAVA, E D’ESTO CORE ARDENDO
        LEI PAVENTOSA UMILMENTE PASCEA:
        APPRESSO GIR LO NE VEDEA PIANGENDO.” (DANTE)

        Con il suo terragno sonetto

        “DI CIÒ CHE STATO SEI DIMANDATORE,
        GUARDANDO, TI RISPONDO BREVEMENTE,
        AMICO MEO DI POCO CONOSCENTE,
        MOSTRANDOTI DEL VER LO SUO SENTORE.

        AL TUO MISTIER COSÌ SON PARLATORE:
        SE SAN TI TRUOVI E FERMO DE LA MENTE,
        CHE LAVI LA TUA COGLIA LARGAMENTE,
        A CIÒ CHE STINGA E PASSI LO VAPORE

        LO QUAL TI FA FAVOLEGGIAR LOQUENDO;
        E SE GRAVATO SEI D’INFERTÀ REA,
        SOL C’HAI FARNETICATO, SAPPIE, INTENDO.

        COSÌ RISCRITTO EL MEO PARER TI RENDO;
        NÉ CANGIO MAI D’ESTA SENTENZA MEA,
        FIN CHE TUA ACQUA AL MEDICO NO STENDO.”(Dante…da maiano)

  7. Dicette par,si narra, Cicerone
    Che leggi che sian folli alla veduta
    Son il segnale d una condizione
    Ovvero che sia presso alla caduta
    Citta’ governo stato oppur nazione
    Quando la legge logica ha perduta

    Pero’..television allor non v era
    E Ciceron ci mira e poi..dispera

    La logica oggigiorno e’ una chimera
    Bestia guardata con sommo spavento
    Chi l usa passa da matto billera

    Come se i’ billo scioccolant’ al vento
    Invece che nascosto sott’ un panno
    Fosse mostrato con l,intendimento

    Di far capire che tutti ce l hanno
    E che volendo lo si puo’ adoprare
    Sarebbe alla morale grande i’ danno

    La logica e’ vergogna da occultare
    Si mostri nvece ragionevolezza
    Che la tv e’ brava assai a nsegnare

    Solo la gente a buco torto e lezza
    La logica continua a adoperalla
    I resto son contenti…e han la cavezza

  8. Paolo Panzieri scrive:

    Non ho mai capito perché quando si affronta il tema di Dante e delle donne si parla ovviamente sempre di Beatrice, addirittura della Madonna e pure di Santa Lucia, ma nessuno si ricorda mai della bella Petra e delle rime a lei dedicate.

    S’io avessi le belle trecce prese,
    che fatte son per me scudiscio e ferza,
    pigliandole anzi terza,
    con esse passerei vespero e squille:
    e non sarei pietoso né cortese,
    anzi farei com’orso quando scherza;
    e se Amor me ne sferza,
    io mi vendicherei di più di mille.

    Della serie 40 sfumature di (guelfo) bianco …

    Omè, perché non latra
    per me, com’io per lei, nel caldo borro?
    ché tosto griderei: «Io vi soccorro! »;
    e fare’l volentier, sì come quelli
    che ne’ biondi capelli
    ch’Amor per consumarmi increspa e dora
    metterei mano, e piacere’le allora.

    Al me too che direbbero?

    Mi spiace per gli alfieri del politically correct (di parte clericale e non), cercate altrove, e lasciate stare Dante; non fa per voi, a meno che non desideriate un posticino caldo caldo perché quello ve lo troverebbe di sicuro (Canto XXIII: VIII cerchio, VI bolgia).

  9. Daria gentili scrive:

    Off topic: come non accennare all’attuale diatriba tra il sindaco e l’ex presidentissimo della Regione, sullo stato di salute dell’ospedale senese. Oggi è intervenuto in argomento, l’ex Giovannini che si è sperticato di lodi su Rossi.
    Quale cultore della materia, mi piacerebbe conoscere l opinione dell’eretico…..se ne ha tempo e voglia
    Grazie

    • Eretico scrive:

      Cara Daria,
      troppo buona a darmi del “cultore della materia”: qualche annetto or sono, certo, i miei scooppini sanitari li ho fatti, e ti aggiungo una curiosità: a differenza di politici, montepaschini, uomini di Chiesa et ceteri, i medici interessati non hanno mai neanche provato a querelare. Curioso, no?
      Sul resto, che dire? Credo che l’operato di Rossi abbia sempre avuto un grande privilegio, rispetto ad altri suoi colleghi Presidenti, anche odierni: il godere di ottima stampa, a prescindere; cosa non da poco, direi…

      Grazie, poi, all’avvocato Panzieri per il suo intervento dantesco: certo, Dante – come detto anche nel mio video “Dante e Siena” – tutto era, fuorché politicamente corretto; io non aspetto altro che qualcuno provi a criticarlo su questo aspetto (forse qualche beota l’ha già fatto, eh).

      L’eretico

      • Non ti curar di lor svevo di tressa
        Benche’ tu sia lo so’…permalosino
        Non ti curar di loro et oltre passa

        Di titolo n han meno di pochino
        Carciofi senza sugo d accademia
        Privi di cert ingegno fiorentino

        Gentucolaglia perbenista e astemia
        Pomposamente e vanamente raglia
        Talento spregia e il piu’ doddo premia

        Di lor ,ascolta me, sbattiten coglia
        Codesta cacaiol molto corretta
        I retto co’ i cervello, appunto,sbaglia.

        Chiudo n prosa, asini ebeti d accademia e universita’, nun aete titolo pe’ parla’ di Dante, sete voti come le zucche,sapete na sega voi, di’ nobil uso
        Della lingua di’ Villani e di’ Compagni, pe’ non parla’ di come mettila giu’ mperiscritto in endecasillabo.
        Pomposi troiai andate a leggevvi l ugurgeri e ragionate di lui,
        visto che sete come lui, quello vi potrebbe anche riusci’.

    • Vedo nero e basta scrive:

      Mi sembrache anni fa l’ex-Governatore appoggiò la bella idea di mettere alle Scotte l’ambulatorio dialisi all’ultimo piano. Ottima ed efficiente idea specialmente per i malati.

  10. Vedo nero e basta scrive:

    Manunta/Burchiccio/Dante…da Maiano. Sempre lui. Il novello censore.

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