Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Baglioni, Irgun, conversione - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Baglioni, Irgun, conversione

Appuntamento cultural-domenicale del blog, con la consueta formula: due argomenti forti (Israele, con un capitolo poco noto della sua Historia; i 70 anni di Claudio Baglioni), guarniti dalla ormai rodatissima rubrica manzoniana.

UN ANNIVERSARIO DI SANGUE

Due giorni fa, ricorreva l’anniversario della fondazione dello Stato di Israele (14 maggio 1948): un anniversario di sangue, come la cronaca drammaticamente ci comunica anche oggi. Data la veste domenical-culturale, e su sollecitazione anche di un lettore che vorrebbe sapere qualcosa in più della polveriera mediorientale, per mancanza di spazio ci limiteremo a fare conoscere una cosa poco nota, se non ai cultori della materia: l’esistenza di una organizzazione paramilitare sionistica (per gli Inglesi, terroristica) chiamata Irgun, attivissima nella Palestina pre 1948. Menachem Begin – poi Prime Minister di Israele fra il 1977 ed il 1983, nonché Premio Nobel per la Pace grazie agli accordi di Camp David con l’Egitto – ne fu uno degli animatori principali. Da terrorista, per qualcuno, a premio Nobel per la Pace.

Questo, giusto per ricordare che – a fronte del fatto che in queste ore abbiamo visto islamici sfilare in Germania contro Israele: a cosa può arrivare una democrazia! -, anche Israele, subito prima di diventare tale (vale a dire l’unica democrazia nella regione in questione), ha avuto un gruppo che, mutatis mutandis, era paragonabile alla Brigate Al Quds, vale a dire all’ala paramilitare di Hamas (crediamo che, per vari motivi, nessun esponente di spicco delle Brigate Al quds otterrà mai un Nobel).

Insomma, il crogiuolo mediorientale è davvero tale, e quello che sta accadendo in queste ore assomiglia molto ad una vendetta iraniana, un anno abbondante dopo, contro Israele, per l’uccisione (3 gennaio 2020) del Generale Suleimani: una vendetta per interposta Nazione (anzi, organizzazione, cioé Hamas per conto di Teheran), come va assai di moda da qualche anno.

Forse, invece di chiarire le idee al nostro lettore, gliele abbiamo invece ancora più confuse, ma Israele e zone limitrofe sono davvero un po’ come con i Balcani; sosteneva Churchill, che producono più Storia di quanta se ne possa consumare…

BAGLIONI NE FA 70

Claudio Baglioni, dunque, ne fa settanta: una volta tanto – anche se non è certo la prima volta -, si fa un bilancio di qualcuno, che non sia ancora entrato nell’Ade. Bene così.

Piaccia o no – questo è sano realismo, niente più -, Claudio Baglioni fa parte della cultura canora, musicale italiana; come più volte scritto, è lo stesso Pasolini ad ammonirci sul fatto che il tempo della nostra vita è scandito più dai motivi delle canzonette, che dal contenuto della maggior parte dei libri, ad esempio.

Prendiamo spunto da un bel pezzo di Leo Turrini sulla Nazione di oggi, per venire a sapere cose che ignoravamo del tutto (per esempio, che Ennio Morricone considerasse Baglioni un eccellente arrangiatore), oppure che, pur già ben sapendole, è stato piacevole rileggere: Baglioni come prototipo del cantante che parlava di sentimenti, in un tempo – i Settanta – nel quale imperava l’impegno politico.

Con ben incistata la consueta dose di italicissima ipocrisia, la quale non risparmiava davvero alcuno: in alcuni covi di terroristi rossi, furono trovati Lp o musicassette di Lucio Battisti (considerato ufficialmente fascista, o giù di lì), e financo di Baglioni (ascrivibile all’area democristiana, sic).

Con gli anni, finita la musica impegnata (ora è ripresa alla grande, no? C’è il Fedez nazionale, nevvero?), il buon Claudio nazionale è stato rivalutato, in particolare da Fabio Fazio (Antonio Ricci ancora non gliela perdona, lui che, a Baglioni, tirerebbe ancora una molotov).

Mettiamola così: a chi abbia la prostata ingrossata, Baglioni può anche piacere, ormai. Non è più tempo di anacronistiche contrapposizioni (noi continuiamo a preferire De Gregori, De Andrè, Dalla, Venditti, Guccini et alii, ma poco importa); Baglioni ricorda il tempo perduto, e rispetto a ciò che i giovani ascoltano oggi, è davvero un gigante.  Tanti auguri, dunque…

 

“PROMESSI SPOSI 4.0”, CAPITOLO XXI: LA CONVERSIONE DELL’INNOMINATO

Il Capitolo XXI del capolavoro manzoniano è incentrato su due eventi, entrambi a sfondo religioso ma, al contempo, del tutto funzionali alla diegesi del romanzo: la decisione di Lucia, che si trova nel “castellaccio” dell’Innominato, di fare un voto alla Vergine, implorandole la sua liberazione (una decisione di cui riparleremo, ma che già possiamo definire un “voto unilaterale”, che impegna anche il povero Renzo contra eius voluntatem), e soprattutto è il Capitolo della celebre conversione dell’Innominato: tanto grande nel Male, quanto grandioso nel Bene.

Ovviamente, è questo passaggio, quello che si intende – all’insegna come sempre della brevitas bloggeristica – un minimo approfondire; dicendo che la sua conversione, in qualche modo stimolata dall’incontro con Lucia, segue la notte in cui l’uomo pensa, e più che seriamente, al suicidio. L’Innominato ha una pistola in mano, è pronto alla autosoppressione; ci ripensa, l’istinto di conservazione prevale. C’è, sì, una vaga idea di possibile aldilà (“Quell’altra vita di cui mi hanno parlato quand’ero ragazzo”, potrebbe esserci, e “che fo io? perché morire?”), ma non è il suo primo pensiero. La prima cosa cui pensa l’Innominato, non ha alcunché di religioso, ma attiene a qualcosa di molto, molto terreno: lui immagina il suo corpo, ormai senza vita, in preda dei suoi nemici e, ancor di più, dei falsi amici.

“S’immaginava con raccapriccio il suo cadavere sformato, immobile in balìa del più vile sopravvissuto; la sorpresa, la confusione nel castello, il giorno dopo…immaginava i discorsi che se ne sarebber fatti lì, d’intorno, lontano; la gioia de’ suoi nemici”.

Eh sì, il non dare soddisfazione ai nemici: anche quello – per lo straordinario indagatore dell’animo umano che è il Manzoni – può essere un valido motivo per non autosopprimersi…

Ps Per la prima volta da sette mesi circa, in Italia oggi siamo scesi sotto i 100 morti per Covid: la scelta del “rischio ragionato” voluta da Draghi, pare essere sulla buona strada (Crisanti, in serata su Retequattro, ha ovviamente ghiacciato tutti). Wait and see…

14 Commenti su La domenica del villaggio: Baglioni, Irgun, conversione

  1. Paolo Panzieri scrive:

    Forse non tutti sanno che per uno strano scherzo del destino il primo aereo da caccia della Heyl Ha’Avir nel 1948 fu il Messerschmitt Bf 109, progettato e costruito in migliaia di esemplari proprio dalla odiata Germania nazista.
    In verità si trattava di un modello prodotto in Cecoslovacchia dalla ditta Avia con la sigla S-199, che montava il motore Junkers Jumo in luogo dell’originale Damiler-Benz non più disponibile.
    In Cecoslovacchia era soprannominato “Mezek” mulo, probabilmente perché avevano di meglio (gli Spitfires ex RAF), in Israele invece ebbe il nome molto più evocativo di “Sakeen”, coltello.
    D’altra parte era il massimo che erano riusciti a reperire.
    Questo perché si trattava proprio di una organizzazione sostanzialmente clandestina, costretta a procurarsi i materiali come e dove poteva, talvolta perfino al mercato nero.
    Gli egiziani, invece, volavano sugli Spitfires donati in gran numero dagli inglesi.
    Eppure gli israeliani ebbero la meglio e conquistarono l’indipendenza, dando inizio a tutta questa lunga teoria di guerre e guerriglie praticamente mai interrotte.
    Se volessi proseguire con un po’ storia di Israele, che è interessantissima ed assai poco conosciuta, ti potrei anche dare una mano.
    Soprattutto da un punto di vista aeronautico, che da sempre è la mia passione, ma anche attraverso un paio di amici con i medesimi interessi che vivono laggiù.

    • Gp scrive:

      Mi sono sempre piaciuti gli aerei, in particolare i caccia della seconda guerra. Ho sempre ammirato l’eroismo dei piloti di caccia della seconda guerra mondiale, soprattutto tedeschi, russi, Italiani. Hanno difeso a prezzo della vita i civili e le città dai feroci bombardamenti nemici, spesso in drammatica inferiorità tecnica o numerica. Però mi risulta che il Bf109 non fosse poi così inferiore allo Spitfire, se la giocavano ed a livello tecnico varie versioni ed aggiornamenti dell’uno e dell’altro erano via via superiori a fasi alterne. La fortuna dell’aviazione alleata è stata la supremazia numerica più che tecnica.

      • Paolo Panzieri scrive:

        E’ un piacere approfondire l’argomento. Hai perfettamente ragione.
        Lo Spitfire era un po’ più maneggevole ed il Bf. 109 un pcchino più performante, però, alla fine, in pratica si equivalevano.
        Ciò evidentemente poteva valere tra modelli coevi ed originali.
        Nella fattispecie, intanto le cellule reperite in Cecoslovacchia del Bf.109 erano del tipo “G” (Gustav), mentre l’ultima versione di produzione fu la “K” (Kurfürst), ma il problema maggiore degli S.199 era soprattutto l’unità motrice.
        Infatti, in mancanza del Daimler-Benz (2.000 HP), le officine Avia avevano montato lo Junkers Jumo (1.300 HP), meno potente e non destinato ai caccia.
        Per questo al S.119 fu affibbiato il nomignolo “Mezek”, mulo.
        Non un purosangue, quindi, ma un ibrido con scarse caratteristiche generali di volo.
        Gli Spitfires egiziani Mk. IX, invece, anch’essi non di ultimissimo modello, con il loro RR Merlin originale (1.600 HP) e la loro leggendaria maneggevolezza sulla carta erano di molto superiori.
        L’abilità dei piloti israeliani, però, fece la differenza.
        Prima dell’avvento dell’elettronica il “manico” poteva valere molto.

  2. Mandrake scrive:

    Molto interessante la digressione su Baglioni. Sono d’accordo sul fatto che rispetto all’oggi, anche Baglioni è un gigante, e sarà stato lodato in modo sperticato da Morricone: però Baglioni resta sempre Baglioni, mi raccomando!

    • Vedo nero e basta scrive:

      Concordo, Baglioni, un po’ lagnoso agli esordi, poi maturato e migliorato, rispetto al panorama musicale attuale è un gigante. Purtroppo.

  3. Il resiliente scrive:

    I primi a rifiutare la logica due popoli due stati furono proprio gli arabi respingendo il piano di partizione del 47. Ma per fare questi accordi è necessario che nelle parti coinvolte ci sia una percezione di equilibrio costi/benefici. Non c’era allora come non c’è oggi.

    Allo stato attuale quella palestinese è sostanzialmente una causa persa e resiste solo come strumento geopolitico conto terzi. L’ obiettivo dell’ Iran è trovare un accordo con Usa per eliminare le sanzioni economiche e salvare la teocrazia. Su Erdogan tutto si può dire tranne che sia strullo… Un conto è fare il duro in Siria, Libia, Nagorno o fare la voce grossa coi pavidi europei.La superiorità israeliana in campo militare (per quanto non ufficiale, il possesso dell’atomica è quasi certo), tecnologico e di intelligence è schiacciante e la determinazione ad agire è scontata. Molto più utile un ruolo da intermediario (ha già chiamato il Papa…) da scambiare con il consenso degli israeliani ad una maggiore influenza turca nel Mediterraneo orientale(a scapito degli europei).

  4. Vedo nero e basta scrive:

    Sbaglierò, ma com’è he ora che c’è il buon Biden al posto del diavolo Trump è ricominciato il conflitto in Israele? Forse gli USA bipartisan mandano soldi ad ambedue le parti? I Clinton hanno sempre avuto ottimi rapporti con gli sceicci dell’Arabia Saudita, sospettati di finanziare l’ISIS e da altri canali americano arrivano soldi all’Israele. Non è che il cattivo Trump in un certo modo ostacolava tutti questi taffici? Fantapolitica, ma i fatti sono fatti e pieni di interrogativi. Ovviamente il convitato di pietra è, come sempre, l’ente inutile dell’ONU.

  5. Lorenzo Mistretta scrive:

    Caro Eretico,

    Questa puntata sul Capitolo XXI (uno dei migliori fra i migliori, se si puo’ dir cosi’) dei Promessi sposi, ha suscitato in me molta ispirazione. Te ne ringrazio.

    Condivido senza la menoma riserva tutto cio’ che hai scritto in merito.

    Desidero solo soggiungere tre o quattro brevi commenti su alcuni passi di questo capitolo.

    A chi mi leggerà, chiedo scusa per la lunghezza del mio testo, la quale risulta non dalla mia prolissità, ma dal fatto che ho scelto di riprodurre i passi commentati al fine di agevolare la lettura, poiché non sempre chi legge ha il romanzo a portata di mano.

    I – Dialogo fra il Nibbio e l’innominato (sull’andamento del rapimento di Lucia) :

    – Innominato (assai irrequieto) : Ebbene ?
    – Nibbio : Tutto a un puntino, l’avviso a tempo, la donna a tempo, nessuno sul luogo, un urlo solo, nessuno comparso, il cocchiere pronto, i cavalli bravi, nessun incontro, ma…
    – Innominato : Ma ché ?
    – Nibbio : Ma… dico il vero, che avrei avuto più piacere che l’ordine fosse stato di darle una schioppettata nella schiena, senza sentirla parlare, senza vederla in viso.
    – Innominato : Cosa ? Cosa ? che vuoi dire ?
    – Nibbio : Voglio dire che tutto quel tempo, tutto quel tempo… M’ha fatto troppa compassione.
    – Innominato : Compassione ! Che sai tu di compassione ? Cos’è la compassione ?
    – Nibbio : Non l’ho mai capito cosi’ bene come questa volta : è una storia la compassione un poco come la paura : se uno la lascia prender possesso, non è più uomo.
    – Innominato : Sentiamo un po’ come ha fatto costei per moverti a compassione.
    – Nibbio : O signore illustrissimo ! tanto tempo…! piangere, pregare, e far cert’occhi, e diventar bianca bianca come morta, e poi singhiozzare, e pregar di nuovo, e certe parole…
    – Innominato (pensa) : Non la voglio in casa costei — Sono stato una bestia a impegnarmi — Un qualche demonio ha costei dalla sua — Un qualche demonio, o… un qualche angelo che la protegge… Compassione al Nibbio !

    COMMENTO : la compassione provata dal Nibbio accresce sostanzialmente il turbamento dell’innominato. Si capisce che sta per succedere qualcosa di grande.

    II – Preghiera di Lucia all’innominato :

    “Oh Signore ! pretendere ! Cosa posso pretendere io meschina, se non che lei mi usi misericordia ? Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia ! Mi lasci andare ; per carità, mi lasci andare ! Non torna conto a uno che un giorno deve morire di far patir tanto una povera creatura. Oh, lei che puo’ comandare, dica che mi lascino andare ! M’hanno portata qui per forza. Mi mandi con questa donna a ***, dov’è mia madre. Oh Vergine santissima ! mia madre ! mia madre, per carità, mia madre ! Forse non è lontanna di qui… ho veduto i miei monti ! Perché lei mi fa patire ? Mi faccia condurre in una chiesa. Preghero’ per lei, tutta la mia vita. Cosa le costa dire una parola ? Oh, ecco, vedo che si move a compassione : dica una parola, la dica. Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia !…”

    COMMENTO : in questo passo, mi pare vi sia un riferimento esplicito alle parole del centurione romano di Cafarnao, quando questi chiese à Gesù di guarire il suo fedel servo paralizzato e sofferente : “Signore, io non sono degno di riceverti sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola ed egli sarà guarito (Matteo, 8.8). Questa supplica è poi stata scelta dalla Chiesa (cattolica — e rammentiamoci che il Manzoni si era convertito al cattolicesimo) per essere pronunziata al momento del ricevimento dell’eucaristia, che è sommo sacramento della liturgia cattolica. Ma il Manzoni usa questa preghiera in un modo particolare. Lucia l’indirizza all’inominato dicendogli, in sostanza : “dite soltanto una parola e io saro’ salvata in questa vita terrena, mentre voi sarete salvato nella vita eterna.” Qui, sembra non sia propriamente Lucia a pregare, ma una santa, oppure lo Spirito santo.

    III – Il voto di Lucia :

    [Mentre ella pregava] “Tutt’a un tratto, le passo’ per la mente un altro pensiero ; che la sua orazione sarebbe stata più accetta e più certamente esaudita, quando, nella sua desolazione, facesse anche qualche offerta. Si ricordo’ di quello che aveva di più caro, o che di più caro aveva avuto ; giacché, in quel momento, l’animo suo non poteva sentire altra affezione che di spavento, né concepire altro desiderio che della liberazione ; se ne ricordo’, e risolvette subito di farne un sacrifizio. S’alzo’, e si mise in ginocchio, e tenendo giunte al petto le mani, dalle quali pendeva la corona, alzo’ il viso e le pupille al cielo, e disse : “o Vergine santissima ! Voi, a cui mi sono raccomandata tante volte, e che tante volte m’avete consolata ! Voi che avete patito tanti dolori, e siete ora tanto gloriosa, e avete fatti tanti miracoli per i poveri tribolati ; aiutatemi ! fatemi uscire da questo pericolo, fatemi tornar salva con mia madre, Madre del Signore ; e fo voto di rimaner vergine ; rinunzio per sempre a quel mio poveretto, per non essere mai d’altri che vostra.””

    COMMENTO : è vero, si tratta d’un “voto unilaterale”, che impegna anche il povero Renzo. Ma è un voto “sacrifiziale”. Facendo questo voto, Lucia è consapevole di sacrificare “quello che aveva di più caro, o che di più caro aveva avuto”. Certo, si puo’ avvertire in questo voto un sentimento egoistico. Pero’, noi (lettori) dobbiamo pur considerare che codesto voto è stato formulato non del tutto liberamente, ma mentre Lucia era in uno stato di assoluta costrizione a causa dell’estrema violenza che pativa e, dunque, che esso non poteva essere affatto impegnativo.

    IV – Il dubbio invade l’innominato (dopo l’idea del suicidio):

    “E assorto in queste contemplazioni tormentose, andava alzando e riabbassando, con una forza convulsiva del pollice, il cane della pistola ; quando gli baleno’ in mente un’altro pensiero. — Se quell’altra vita di cui m’hanno parlato quand’ero ragazzo, di cui parlano sempre, come se fosse cosa sicura ; se quella vita non c’è, se è un’invenzione de’ preti ; che fo io ? perché morire ? cosa importa quello che ho fatto ? cosa importa ? è una pazzia la mia… e se c’è quest’altra vita… !”

    COMMENTO : in questo passo, pare ovvio che vi sia un riferimento alla cosiddetta “scommessa” di Blaise Pascal (nato il 23 giugno 1623, e deceduto il 19 agosto 1662), il quale la sviluppo’ ne “I Pensieri”. Ricordiamoci brevemente che il ragionamento di Pascal consiste nel affermare e dimostrare (in mode razionale) che, tra credere o non credere in Dio, a l’essere umano conviene sempre scegliere di credere in Dio, poiché se Dio esiste, si ottiene la salvezza per l’eternità, mentre, se Dio non esiste, non si perde nulla. Visto che la vicenda dei Promessi sposi si svolge nel 1628, si capisce che non puo’ essere l’innominato a riferirsi alla scommessa di Pascal (questi aveva allora solamente 5 anni), ma il Manzoni se medesimo che, sicuramente, aveva letto “I Pensieri” (e in francese, poiché egli era un ottimo francofono — si pensi alla sua magistrale “Lettre à M. Chauvet”, che scrisse in un francese impeccabile).

    • Lorenzo Mistretta scrive:

      ERRATUM : “sacrificale” e non “sacrifiziale”. Chi lesse voglia pur perdonare questo inadeguato gallicismo.

  6. Marco Burroni scrive:

    Secondo me i tentativi di analisi dei recenti fatti di Israele peccano gravemente di scarsa conoscenza e considerazione della realta’ locale.

    E se invece di fumose analisi geopolitiche si guardasse alla situazione socio-economica di Israele? Si vedrebbe un paese economicamente e tecnologicamente avanzato in cui esiste una minoranza di etnia araba tenuta in condizioni di minorita’ – quasi in condizioni di apartheid – che in territori occupati illegalmente ed i cui spazi vitali vengono via via ristretti a favore di nuovi insediamenti di coloni ebrei.

    In queste condizioni e’ tanto strano che lo sfratto di alcune famiglie arabe da un quartiere centrale di Gerusalemme (e a pochi giorni dall’anniversario della nakba) abbia creato disordini ? Ormai i palestinesi sono talmente disperati che qualsiasi scintilla e’ capace di fare esplodere rabbia e furore… anche senza Putin o Biden o Erdogan a soffiare sul fuoco.

    • Paolo Panzieri scrive:

      L’analisi generale è ineccepibile.
      Il casus belli – converrai – risibile.
      I razzi e l’intifada – guarda caso – compaiono sempre e soltanto quando l’inquilino della casa bianca è debole in politica estera o comunque tentenna nel suo appoggio ad Israele.
      Cercano il martirio per sè ed i loro figli (e questa è la cosa più abominevole), è vero, ma mai a caso.
      L’obbiettivo è sempre politico: l’opinione pubblica occidentale.
      Del resto è notorio che gli USA hanno perso la guerra del Vietnam in TV e non sul campo di battaglia …
      Devo dire che da ragazzo condividevo a pieno la causa palestinese.
      A distanza di anni, però, non la vedo più così.
      Qualunque ideologia o religione sacrifichi la vita umana (anche una sola singola vita) al reich del millennio, al sol dell’avvenire o alla jihad, per me è criminale. Punto e basta.
      Israele può peccare e pecca talvolta di eccesso di legittima difesa, ma se la controparte teorizza la sua distruzione totale, converrai che è quanto meno difficile stabilirne i limiti esatti.
      Come auspicare, poi, una anche soltanto eventuale, ulteriore shoah?
      Una cosa veramente da vergognarsi.
      Speriamo solo piuttosto che gli Ayatollah, ovvero coloro che tirano sempre i fili di Hamas, non ottengano (grazie soprattutto ad Obama, ma anche a noi europei) la bomba nucleare, perché in quel caso il problema mediorientale (e forse non solo quello) sarà risolto per sempre.
      Peace’nd love.

      • Marco Burroni scrive:

        Il casus belli sara’ risibile per te, ma per gente che da un secolo ormai si vede sottrarre a poco a poco la possibilita’ di vivere sulla loro terra lo sfratto illegittimo di 3 famiglie nel centro di Gerusalemme e’ un sopruso inaccettabile. E guarda che questa rivolta e’ diversa da quelle del passato, gli arabi israeliani e quelli dei territori occupati la pensano allo stesso modo, ti linko una notizia che, guarda caso, e’ passata inosservata sui media occidentali, troppo presi dal mostrare spettacolari esplosioni ( di case palesinesi,ovvio!) e da supercazzole geopolitiche

        https://www.timesofisrael.com/arabs-strike-across-israel-as-palestinians-declare-day-of-rage/

        https://www.haaretz.com/middle-east-news/palestinians/.premium-israel-s-oppression-managed-to-unite-palestinians-on-both-sides-of-the-green-line-1.9818313

        Un’ultimo appunto: anch’io da ragazzo tifavo per la Juventus e poi ho smesso… pero’ la realta’ e’ immensamente piu’ complessa del calcio e schierarsi per l’uno o per l’altro non ha senso e anzi serve solo a semplificare la realta’.

        Nessuno si augura ovviamente una nuova Shoah ma d’altra parte mi pare un atteggiamento vergognoso e vigliacco tacere il fatto che dalla sua nascita ( e anche prima a dire il vero) lo stato di Israele ha fatto di tutto – e in maniera spesso molto violenta- per allontanare la popolazione palestinese da terre in cui aveva vissuto per secoli. E affermare questa semplice realta’ non fa di me un antisemita ne un sostenitore del terrorismo arabo.

        • Paolo Panzieri scrive:

          Mai tifato Juventus, ma il paragone spiega l’approccio militante.
          Finché Hamas troverà o penserà di trovare un’eco simile ad una tifoseria nell’opinione pubblica occidentale e soprattutto una sponda oltre oceano, questa faida purtroppo non finirà mai e ci saranno ancora troppe morti inutili.
          Sinceramente non so se chi tiene per qualcuno che teorizza e cerca di mettere in pratica la distruzione di Israele e degli ebrei ancora nel XXI secolo sia antisemita, ma certamente tutti gli antisemiti, compresi i neonazisti, oggi sono tutti dalla parte di Hamas.
          Personalmente, a scanso di equivoci, con questi terroristi mai.
          W il Milan, se gioca bene.

  7. Marianna scrive:

    Oggi esiste una “Generazione Gaza”. Una terza generazione palestinese nata e vissuta con il Muro e i Checkpoint, non legata a partiti e istituzioni, che si ribella al razzismo, all’oppressione e alla politica di annessione della destra israeliana ma contemporaneamente rifiuta Hamas.
    Nella stampa italiana non trova molto spazio, ma invece è importante conoscerla e tenerne conto.

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