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La domenica del villaggio: Napoleone, Visconti, il sarto

Eccoci al consueto appuntamento con la rubrica cultural-domenicale del blog; due argomenti forti (Napoleone e la Cultura, in previsione del big event di martedì alle Logge del Papa), più la rubrichetta manzoniana (Capitolo XXIV, per la precisione), e 3 Ps a guarnire il tutto.

NAPOLEONE E LA CULTURA

Che Napoleone Bonaparte fosse un dittatore, ma un dittatore sui generis, lo dimostra anche il suo profilo culturale: non solo aveva una cultura forgiata sui classici (basterebbe visitare, senza neanche andare in Francia, il Museo napoleonico di Roma, e vedere di quali libri si nutrisse), ma questi stessi classici (Marco Aurelio, Tacito, Senofonte, Livio, Cicerone et multi alii) li prendeva a quotidiano fondamento per creare ed alimentare il mito di se stesso.

Il Bonaparte era un autentico assettato di dantesca “canoscenza”, su questo non c’è dubbio alcuno: i ricordi scolastici (di quando la scuola insegnava i contenuti, invece delle sulfuree e demenziali “competenze”) porteranno molti lettori alla celebre stele di Rosetta, con la quale inizia tout court l’Egittologia (scoperta nel 1799, decifrata nel 1822 da Champollion, bruciando sul tempo gli Inglesi che peraltro avevano, ormai da 20 anni, ripreso l’Egitto). Ma ben pochi sanno come fosse composta la spedizione napoleonica in Egitto (1798), dal punto di vista culturale: la Commissione delle Scienze e delle Arti (simbiosi di umanesimo e materie scientifiche, magari in Italia avesse mai attecchito) vedeva fianco a fianco 167 savants, di età media intorno ai 25 anni, previa selezione e non mera cooptazione italian style…e soprattutto: nell’Ottocento o in seguito, abbiamo l’esempio di altri condottieri – dittatori, invasori, prevaricatori – che abbiano invaso una terra, portandosi dietro quasi duecento studiosi per conoscerla e per farla conoscere meglio?

Già sento mugugnare: “Napoleone predatore d’Arte, razziatore di pitture!”; certo, il Bonaparte fece grande il Louvre, portando dalla Campagna d’Italia – versione 1 ed anche 2 – la bellezza di 506 dipinti, in larga parte di provenienza dello Stato della Chiesa (opere finanziata con il mecenatismo vaticano, cioè con cosa, di grazia?). A parte il fatto che circa la metà delle opere (248), dopo il 1815, ritornarono da dove erano partite, con un convoglio che partì da Parigi con 41 carri e 200 cavalli da tiro, resta un fatto: Napoleone predatore d’Arte, sì; predatore per la sua gloria personale, ma anche per l’esposizione pubblica al Louvre. Non come un Goring qualsiasi, per abbellire le sue ville private, insomma.

Per alcuni, sarà lo stesso: un furto, è un furto; per noi, partendo dal presupposto che in guerra si fa questo ed altro, invece, non è proprio la medesima cosa.

E tornando, in conclusione, al Museo napoleonico di Roma (in cui adesso è allestita una temporanea sulla permanenza di N. a Sant’Elena), lasciateci fare questa non scontata considerazione comparativa: esiste un Museo per Hitler o per Carlo V, per dire di due che l’Urbe l’hanno invasa, in loco? No, che si sappia: a dimostrazione che il Nostro fu certo un dittatore, ma un dittatore assai particolare, in cui è davvero difficile separare il Bene dal Male…

 

“MORTE A VENEZIA”: TADZIO, 50 ANNI DOPO

Sono trascorsi ormai 50 anni da quel Festival di Cannes, nel quale Luchino Visconti presentò uno dei suoi ultimi film, quel “Morte a Venezia” che – riprendendo abbastanza fedelmente il romanzo breve di Thomas Mann – narrava il cupio dissolvi di un maturo musicista (nel libro, scrittore), perdutamente invaghitosi dell’adolescente, efebico, Tadzio; il tutto, in una Venezia sempre affascinante, ma seriamente ammorbata dal colera, che porterà a rapida consunzione il protagonista stesso, interpretato da un Dirk Bogarde semplicemente monumentale, capace di alternare tutta la gamma possibile ed immaginabile di registri attoriali.

“La Lettura” del Corriere della sera, con Stefania Ulivi, è andata a intervistare Bjorn Andrésen, l’allora 16enne che interpretò l’efebico Tadsio: un’intervista che ha fatto emergere come l’adolescente svedese fu devastato dall’improvviso successo dovuto al film. Divenuto non solo genericamente popolare, ma suo malgrado icona gay (“Bellezza perfetta”, per Luchino Visconti, uno che aveva lanciato un certo Alain Delon, fra gli altri), nel tempo Andrésen fu travolto dall’alcolismo, più svariati problemi familiari; oggi è un 66enne che fa il musicista; il suo piano sarebbe diventare “un incrocio fra Beethoven e i Beatles”, dice con un filo – si spera – di autoironia.

A lui, è dedicato financo un documentario, che verrà presentato alla benemerita Mostra internazionale del cinema di Pesaro, in programma tra il 19 ed il 26 giugno (“The most beautiful boy in the world”, di Kristina Lindstrom e Kristian Petri).

Richiesto di un giudizio su Luchino Visconti, l’ex efebo risponde con estrema cautela, si capisce che la reticenza agisce su di lui; in ogni caso, fra le altre cose, dice questo:

“sapevo che Visconti era comunista,  e i comunisti si preoccupano dei più deboli e più piccoli.  Io ero entrambe le cose. Mi interrogo sulla moralità di lasciare un sedicenne in balia di tutto quello. Con il senno di poi, non credo fosse giusto”.

Morale? I comunisti non mangiavano gli adolescenti, ma – secondo l’ex Tadzio – agivano in modo immorale verso di loro (qualcosa di simile sta emergendo in talune famiglie della caviar gauche francese, come testimoniato anche dal Venerdì di Repubblica di questa settimana): il privato è pubblico, no? Forse, meglio lasciar perdere…

“PROMESSI SPOSI 4.0”, CAPITOLO XXIV: IL SARTO

Capitolo piuttosto interlocutorio, senza acuti manzoniani di rilievo, il XXIV; entra comunque in scena, con pia famigliola annessa, la figura del sarto, che ospita Lucia ed Agnese, e che riceve la visita all’uopo del Cardinale Borromeo, il quale lo ringrazia per la sua disponibilità all’ospitalità.

Il sarto, dunque: personaggio senz’altro positivo, gran lavoratore e dotato di autentica moralità cristiana, come si vede nel momento in cui manda la figlia a portare cibo e vino alla povera vedova vicina di casa, raccomandandole però di non farsi vedere, all’insegna del “è meglio essere cristiani senza dirlo, che dirlo senza esserlo”.

Una punturina di veleno manzoniano, però, arriva comunque, persino sul povero sarto tutto casa, chiesa, lavoro e libri: pur avendo letto solo una manciata di volumi, e non di alto valore, il sarto è bonariamente preso in giro perché un po’ si atteggia a mezzo intellettuale.

Al Gran lombardo – diciamocela tutta -, pare davvero non andare bene alcuno, dal punto di vista della prestanza intellettuale: don Ferrante – come vedremo – è l’erudito che elucubra in modo astratto, nefasto all’ennesimo grado; don Abbondio e l’Azzeccagarbugli usano il Latinorum come arma contro la povera gente (leggasi Renzo), gli altri sono analfabeti o quasi: l’unico che, anche in questo caso, si salva, è il Cardinale Borromeo. Ti pareva…

 

Ps 1 Abbiamo dunque spezzate le reni ai Turchi, con un roboante 3 a zero; grande scorno del neottomano Erdogan: bene, anzi benissimo, così; mercoledì ci auguriamo di bissare il tutto con la Svizzera; una domanda: è un Campionato europeo, no? Perché le prime due partite si giocano con squadre le quali, con l’Unione europea, non hanno proprio niente a che fare, di grazia?

Ps 2 Si riparte con gli eventi en plein air, se Zeus vuole (pare che anche il dottor Galli abbia dato il beneplacito): settimana ricchissima, e non sarà l’unica.

Domani, presentazione del libro di Andrea Ceccherini e Katiuscia Vaselli “La notte non finisce mai – Viaggio intorno al mostro di Firenze” (ore 18, in Fortezza); martedì (ore 18, Logge del Papa), lectio magistralis dello scrivente su Napoleone, come sopra; mercoledì, ci si esibisce da Cane e gatto (stavolta non ci ferma nessuno), con la dantesca Brigata spendereccia a farla da protagonista; infine, giovedì si torna in Fortezza (ore 18), con “La politica è donna”, l’autobiografia di Tommasina Materozzi. Save the dates!

Ps 3 Dopo avere ascoltato Di Maio urlare dal balcone di avere abolito la povertà, dopo avere visto Salvini perdersi fra rosari internazionali, dopo avere visto trattare Fedez come un intellettuale invece che preso a calcetti nel sedere, , pensavamo di avere subìto il peggio che un umano potesse subire; ma a tal Michael Packard, pescatore di Cape cod, è toccato subire ben di peggio: è stato infatti fagocitato da una balena – lunga 15 metri e pesante circa 30 tonnellate -, incredibile dictu! Come il profeta Giona, poi però ne è anche uscito, pressoché illeso: quindi, tutto sommato, gli è andata meglio che a noi…

13 Commenti su La domenica del villaggio: Napoleone, Visconti, il sarto

  1. Il resiliente scrive:

    Le figure dittatoriali spesso emergono come effetto di sentimenti o ideali forti e condivisi dal “basso”.

    Mentre Hitler è conseguenza della rabbia repressa e della voglia di rivincita, Napoleone è figlio del “Liberté, Egalité, Fraternité”.

    A lui il merito ( ma anche la sua fortuna) di aver mascherato una politica imperialistica dietro a principi universali e positivi che avrebbero rivoluzionato per sempre la storia del nostro mondo occidentale.

    Più che i turchi in campo fanno impressione i cartelloni pubblicitari in cinese.

    Per fortuna, mentre Beppe chiede asilo all’ambasciatore, Marione vuole revisionare la via della seta.

    Chi lascia strada vecchia per quella nuova …

    • Paolo Panzieri scrive:

      Sono d’accordo sull’analisi napoleonica, ma l’analogia con Hitler – per me – si ferma al fatto che entrambi hanno perso la loro sfida di conquista combattendo in Russia col generale inverno.
      Anche in questo, però, Napoleone, nonostante avesse solo cavalli e non panzer, almeno Mosca la prese … non gli bastò, ma la prese.
      Sul campo di battaglia, infatti, il Corso era un genio (consiglio in proposito i saggi di David Chandler), mentre l’ex imbianchino pretendeva soltanto di esserlo, con conseguenze perlopiù disastrose.

      Comunque, all’aspetto culturale, sviscerato al meglio dal nostro padrone di casa, ne aggiungerei un’altro ugualmente importante: quello giuridico.
      Forse non tutti sanno che in Francia ancora oggi, pur con i dovuti aggiustamenti, è in vigore il Code civil des français o Code Napoléon.
      Soltanto Giustiniano è riuscito a tramandare un sistema di leggi così importante da essere capace di sfidare l’evolversi della storia in questo modo.

      Se mi fosse sfuggito qualcosa, però, penso che il nostro amico (manzoniano) Lorenzo, che segue il Blog da oltre le Alpi, potrebbe integrare da par suo …

      • Lorenzo Mistretta scrive:

        Essendomi si’ gentilmente suggerito di dare un parere da oltralpe, sarei scortese se mi tirassi indietro. Benché non sia un ottimo conoscitore del Bonaparte e che mi paia che l’essenziale sia stato detto dall’Eretico e da te, Paolo, mi provo di buon grado all’esercizio.

        1/ Il primo insegnamento che ricevetti riguardo a Bonaparte [o “bona parte” ?] risale all’infanzia (5 o 6 anni) ed era contenuto nella celebre stringata battuta : “Non tutti i francesi sono ladri, ma Bonaparte [o “bona parte” ?] si’.”, la quale veniva spesso pronunciata durante le nostre riunioni familiari. Certe volte capivo che essa si riferiva ad un singolo personaggio da me affatto sconosciuto, ma che doveva essere molto altolocato, ed altre volte, invece, a seconda del contesto della conversazione, mi accorgevo che il conto non tornava ; cioè, che di ladri non ce n’era uno solo, ma che dovevano essere plurimi e che essi erano giocoforza niente meno che “bona parte” dei francesi ! Insomma, finii per comprendere che, quando era usata oralmente (e solo in tale caso), questa battuta, originariamente foggiata per denunciare con ironia ed acrimonia i furti d’opere d’arte commessi (od istigati) da Bonaparte durante la campagna d’Italia, aveva invero un doppio senso e che, percio’, era stata proprio una bella trovata di chi per primo l’avesse coniata… La quale fa anche un po’ pensare all’esperimento mentale (di fisica quantistica) del “gatto di Schrödinger” : finché non sia chiarito (osservato) il contesto in cui essa viene pronunciata, i ladri possono essere contemporaneamente sia “Bonaparte”, sia “bona parte” dei francesi… Dubito che essi se ne siano accorti…

        2/ Kurt Suckert, geniale e talentuosissimo scrittore italiano, anzi, toscano e, per meglio dire, “pratese”, come si definiva egli stesso (ingiustamente e scioccamente trascurato in patria), il quale, a chi gli chiedeva perché aveva scelto “Malaparte” quale nome d’arte, rispondeva umoristicamente che era perché “Bonaparte” era già preso, ci ha lasciato alcune bellissime pagine su Bonaparte (e non solo) nel suo ottimo saggio intitolato “Tecnica del colpo di Stato”.

        Nei capitoli V e VI, Malaparte spiega mirabilmente come, seppur Bonaparte fosse innanzitutto un militare, per impadronirsi del potere mediante un colpo di Stato (quello del 18 Brumaio anno VIII°, cioè del 9 novembre 1799 – che invero si svolse in tre giorni), egli aveva (con Sieyès e con l’appoggio del fratello Luciano, e in base all’inganno d’una fasulla congiura giacobina) concepito un piano secondo il quale il suo avvento al potere dovesse avere tutte le apparenze della “legalità”, ma che, proprio per questo motivo, l’impresa stesse per fallire e che, alla fine, fu necessario ricorrere alla violenza (ma senza spargimento di sangue).

        Eccovi un breve passo, estratto dal capitolo V ; Malaparte scrive : “… E’ bene tener conto… che il contrasto fra la concezione classica e quella moderna d’impadronirsi del potere, si manifesta per la prima volta in Bonaparte ; che il 18 Brumaio è il primo colpo di Stato nel quale appaiono posti i problemi della moderna tattica rivoluzionaria. Gli errori, le ostinazioni, i dubbi di Bonaparte, son quelli di un uomo del diciottesimo secolo, che si trova dover risolvere problemi nuovi e delicati, affacciantisi in quella forma per la prima volta, e in cosi’ straordinaria occasione, cioè i problemi attinenti alla complessa natura dello Stato moderno. Il più grave di tali errori, quello di aver fondato il piano del 18 Brumaio sul rispetto della legalità e sul meccanismo della procedura parlamentare, rivela appunto in Bonaparte una cosi’ acuta sensibilité di certi problemi attuali dello Stato e un’inquietudine cosi’ intelligente di fronte ai pericoli della molteplicità e della fragilità dei rapporti fra lo Stato e il cittadino, che fanno di lui un uomo assolutamente moderno, un europeo del nostro tempo. Non ostante gli errori di concezione e di esecuzione, il 18 Brumaio resta un modello di colpo di Stato parlamentare : la sua attualità consiste nel fatto che, qualunque colpo di Stato parlamentare, nell’Europa moderna, non puo’ svolgersi se non con quegli errori di concezione e di esecuzione…”

        Notevole, e da meditare, il fatto che, essendo nato il 15 agosto 1769, Napoleone Bonaparte aveva allora appena un po’ più di 30 anni !

        3/ Concludiamo questo “minizibaldone” ricordando che sono dovuti a Napoleone Bonaparte, Primo Console di Francia :

        – il 18 gennaio 1800, la creazione della Banca di Francia, banca privata (fino alla sua nazionalizzatione da De Gaulle, nel 1946), il cui compito consisteva nel assicurare un avanzo alle finanze statali in attesa di riscossione delle imposte ;

        – il 17 gennaio 1800, l’istituzione dei prefetti (e sottoprefetti), rappresentanti dello Stato in ogni “dipartimento” (circoscrizione amministrativa creata poco dopo la rivoluzione, corrispondente alla provincia italiana) ;

        – il 19 maggio 1802, la fondazione della Legione d’onore, ordine cavalleresco mirando ad assicurare delle ricompense per merito militare o civile ;

        – il 28 marzo 1803, l’emissione del franco germinale, nuova moneta, stabile, che ebbe corso fino alla fine della prima guerra mondiale, e che era gestita dalla Banca di Francia.

        Non tutti i francesi sono geni, ma Bonaparte si’ !

        Pero’, qui si pone una nuova questione : era davvero francese questo Bonaparte ?

  2. Uno di passaggio scrive:

    Infatti è un campionato europeo,
    non europeista.

  3. Yama figlio di Mefisto scrive:

    Magari mi chiederei perché, ancora oggi esistono le nazionali di Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Capisco che il football l’hanno inventato loro, però….
    Altra assurdità, questa vera però, che sia un carrozzone a 24 squadre con realtà tecnicamente improbabili per tali palcoscenici come Macedonia del Nord e Finlandia, ma anche la Scozia attuale…. 16 squadre erano più che sufficienti e si evitava o i maggeggi, puntuali, del terzo incontro.

  4. Beppe scrive:

    Caro Professore
    leggo sempre volentieri il tuo commento sul Manzoni, ma in quello sulla visita del Borromeo al sarto non trovo menzionato quello che secondo me è un piccolo cammeo dell’umorismo manzoniano: il “si figuri” del brav’uomo in risposta ai ringraziamenti del Cardinale.
    Con stima

  5. Quello di Via delle Vergini scrive:

    Caro Eretico, altro pezzo da leggere dall’inizio alla fine, con la massima attenzione.
    Domani sarò alle Logge del Papa, ad ascoltare il “Barbero de noantri” (ti assicuro che vuole essere un complimento) , per poi giudicare se sarà stata una lectio magistralis o no…

  6. Quello di Via delle Vergini scrive:

    Autentica lectio magistralis, ora lo posso dire: parlare per 45 minuti di Napoleone senza citare una singola battaglia o guerra, non è da tutti. Come avrebbero detto Oltralpe, chapeau.
    Unico neo, non risolvibile: Logge del Papa luogo straordinario per gli eventi culturali, ma quando passa un motorino dalla poesia si passa alla prosa…

  7. Paolo Panzieri scrive:

    Confesso al Prof. Ascheri, di non aver mai amato (questo è un eufemismo eh …) Dante al Liceo, mentre invece ricordo di aver apprezzato molto al Ginnasio (all’epoca si chiamava così) i Promessi Sposi.
    Probabilmente, colpa/merito di colei/colui che dalla cattedra ce li ammanniva, ma forse anche di una mamma che, oggi si potrebbe definire, una vera fan del Manzoni …
    Riguardo a Dante le spiegazioni in chiave matematica e non poetica, che poi ho avuto modo di leggere, sia della Vita Nova che della Divina Commedia, insieme al Benigni lettore irriconoscibile in versione seriosa, mi hanno fornito un grande alibi, riguardo ai Promessi Sposi, invece, i tuoi interventi puntuali e sistemici – al contrario – devo dire che mi forniscono un grande stimolo, unitamente ad certo malcelato senso di colpa, ad una rilettura più matura.
    Non prometto niente, ma lo stimolo ci sarebbe.
    Vediamo come va quest’altra estate un po’ strana …

  8. Marco scrive:

    Un augurio di pronta guarigione al prof orlandini, le cui note campanarie giungono stonate in queste vallate( mi c’è scappata anche la rima….)

    • Eretico scrive:

      Ci uniamo: l’abbiamo visto giusto ieri, facendogli gli auguri di rapida guarigione (anche se le costoline dolgone, ipse dixit)…

      L’eretico

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