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La domenica del villaggio: De Bosis, Monteoliveto, ansia

Eccoci al consueto appuntamento cultural-domenicale del blog (martedì sera, a Zeus piacendo, pubblicheremo il pezzo politologico sulle Elezioni in pieno svolgimento in queste ore: pregasi dunque riservare i commenti sulla tornata elettorale al pezzo in questione, mi raccomando); si parte, dunque, ricordando la figura di un autentico eroe, che l’Italia ha penosamente dimenticato: Lauro De Bosis; dipoi, una considerazione sul chiostro grande dell’abbazia di Monteoliveto, di grande attualità; per avviarci alla conclusione, la ormai abituale rubrica “Pubblicità-regresso”, questa volta destinata all’ansia degli Italiani…

LAURO DE BOSIS: L’EROE DIMENTICATO

Esattamente 90 anni or sono, il 3 ottobre 1931, Lauro De Bosis si inabissava nel Mar Tirreno, di ritorno dall’ardito volo sulla Roma fascistissima, che era stata da lui stesso inondata di volantini antimussoliniani, fatti piovere dall’alto (oggi, con i social, è tutto più facile): un gesto che rovesciava di segno, risemantizzandolo, il volo dannunziano su Vienna di 13 anni prima (D’Annunzio, peraltro, era molto amico del padre di Lauro). Gaetano Salvemini, esule americano antifascista come in parte lo stesso aviatore, parlò, con piena ragione, di “raggio di sole, in un cielo tempestoso”.

De Bosis, tanto per cominciare, era un intellettuale straordinariamente eclettico, di stampo quasi rinascimentale: di formazione scientifica (come Primo Levi), laureato infatti in Chimica, era divenuto, fra le altre cose, un raffinato traduttore dal Greco di tragedie classiche (con la traduzione dell'”Antigone”, nel 1927, fece capire bene cosa pensasse delle Leggi fascistissime); aveva poi insegnato ad Harvard Letteratura italiana. Trentenne, con una carriera ben avviata nonché con una passionale storia d’amore in pieno corso con l’attrice americana Ruth Draper – insomma con molto da perdere, per capirsi -, decise di compiere questo “folle volo”, che aveva preconizzato in una sua opera, “Icaro”: ed il suo antagonista era il Minosse di allora, Benito Mussolini. Finì come era lui stesso quasi certo che sarebbe finita: con la morte, della quale De Bosis era consapevole.

Crediamo però che sarebbe poco lieto di sapere  di essere caduto nel dimenticatoio nazionale, se non per qualche sparuto simulacro, come il busto a lui dedicato sul Gianicolo, vicino a quello dei garibaldini; d’altra parte – lo abbiamo scritto tante volte, ma mai abbastanza – De Bosis era un povero liberale, risorgimentalmente monarchico, dunque chi se lo fila oggi? In Italia, se uno non ha fatto parte di nessuna delle due Chiese (quella cattolica e quella comunista), non scatta l’apparato post mortem a portarne avanti la memoria. Dura, sed lex.

In ogni caso, sia ben chiaro: beato è il Paese che non ha bisogno di eroi, certo; ma davvero disgraziato quello che, quando un eroe ce l’ha realmente davanti, lo destina all’oblìo…

 

MONTEOLIVETO E LA CANCEL CULTURE

Monteoliveto è sempre Monteoliveto, e la Lauretana per giungervi anche, con il suo luziano “mareggiare morto”, che è un autentico valore aggiunto paesaggistico: e se è un po’ che uno non ci passa, il valore raddoppia o triplica; dopo un agosto fatto di Sacro speco e di Santa Scolastica, per lo scrivente in qualche modo si chiude il cerchio, con i Benedettini (molto più apprezzandi dei Francescani, ma il discorso ci porterebbe lontano)…

All’interno dell’abbazia, poi, pur avendolo visto non si sa quante volte, non è forse sempre un piacere sommo tuffarsi nel ciclo (agiografico, certo) dedicato a San Benedetto? Anche perché, ogni volta, lo si vede con occhi mutati, dato il contesto culturale via via dominante.

Ed eccoci subito arrivare al sodo: il ciclo – iniziato dal Signorelli, che poi se ne andò ad Orvieto per creare il suo capolavoro (la cappella di San Brizio); concluso poi dal sommo Sodoma, fra il 1505 ed il 1508 –  snocciola alcuni passaggi considerati cruciali della biografia del demiurgo dei Benedettini, qui nel ramo degli Olivetani; guardateli tutti, gli affreschi, e noterete che la presenza femminile è ridotta solo a sette sgualdrine (tutte inserite nella stessa opera, una con fanciullo al seguito), quelle cioé che il rivale di Benedetto, Florenzo – dopo avere provato ad avvelenarlo – ad un certo punto gli mandò incontro, per mettere Benedetto ed i suoi alla prova. Uniche presenze femminili, dunque, sette “male femmine”, come recita la significativa didascalia ad hoc: come la mettiamo, allora, con la cancel culture? Ci sarebbe da eliminare tutti gli affreschi, vista la loro sfacciata misoginia,  a volere rispettare i dogmi della nuova Inquisizione; che si fa, di grazia?

Chicca finale, con un suggerimento annesso; quando andate, salite fino alla biblioteca, e recatevi nella stanza espositiva delle pitture, c’è roba notevole; siamo rimasti colpiti massimamente – in fondo, a destra, della sala – da un meraviglioso “Omero” (non cieco) di Pier Francesco Mola (XVII secolo), detto il Ticinese (legato al Guercino); un po’ caravaggesco, un po’ iperrealista, con delle rughe che sembrano fotografiche. Da vedere assolutamente ed il prima possibile, date retta allo scrivente.

 

UN POPOLO DI ANSIOSI ED INSONNI

Per la rubrichetta “Pubblicità-regresso”, oggi ci occupiamo di Salute, di ansia in particolare; con la pandemia del Covid, e con tutti gli annessi ed i connessi, sappiamo che lo stato d’ansia, già in ebollizione, di molta parte delle italiche genti è aumentato, in modo vertiginoso.

Ecco che prodotti farmacologici vari vengono pubblicizzati, per cercare di contrastare questo problema; fra i vari, abbiamo scelto – per la perseveranza pubblicitaria, non per altro – il “Laila”, la cui pubblicizzazione troviamo nelle prime pagine dei maggiori quotidiani (adesso ho davanti quella del Corriere della sera di giovedì scorso, giusto per dirne una), ad occhio e croce da mesi e mesi.

La pubblicità di questo prodotto agisce, sulla psiche del potenziale acquirente, in modo assai sofisticato (semplicemente furbesco?): se al consumatore si desse del depresso e dell’iperansioso, quello magari, permaloso, si sentirebbe offeso, e non ne farebbe di niente. No, invece ci si va cauti assai, felpati all’ennesima potenza: “ansia lieve e sonno disturbato? Puoi provare Laila”, ergo spararti queste “capsule molli” all’olio essenziale di lavanda (ma la lavanda non era contro le tarme, di grazia?). Per gli ansiosi, dunque: ma lievi, eh, sia ben chiaro.

Noi lo pensiamo da anni: se ci fosse una situazione da Seconda guerra mondiale, con bombardamenti a tappeto sui centri urbani, a parità di bombe e di rifugi con il 1940-1945, oggi i morti sarebbero molti, molti di più. Perché lo spicinio che ci sarebbe nel correre in modo ansiogeno verso il rifugio, produrrebbe più morti che non le bombe medesime. Quanto alla lavanda, temiamo non saprebbe diminuire di molto il numero delle vittime…

4 Commenti su La domenica del villaggio: De Bosis, Monteoliveto, ansia

  1. Il resiliente scrive:

    La comparazione pandemia (parainfluenzale) guerra è andata di molto forte nella comunità per giustificare le mancate carriere.
    Per carità le sensibilità cambiano nel tempo ma sarebbe comunque opportuno evitare certe forzature

    • Eretico scrive:

      Caro “resiliente”,
      se ho capito bene (forse no), tu mi critichi, pur assai garbatamente, per avere accostato la Second world war alla pandemia ancora in corso: se così è, dovresti sapere – da lettore attento quale sei – che questa comparazione, abusata oltre oltre ogni limite, io l’ho sempre criticata, anche con esplicita durezza.
      Per capirsi ancora meglio, io – se messo a scelta – sono “contento” di avere attraversato la pandemia (sperando di non fare la fine del povero Tozzi, che si buscò la Spagnola in uscita, eh), invece che la Guerra mondiale: e credo proprio che questo dovrebbe valere anche per un anziano valligiano della Val Brembana (ove come si sa all’inizio il Covid ha flagellato in modo devastante), perché altrimenti siamo davvero del tutto appiattiti sul presente.

      L’eretico

      • Il resiliente scrive:

        In verità voleva essere una considerazione generale (non espressa troppo bene…) sulla drammatizzazione ansiogena della realtà. Per quello che ho potuto leggere sul blog in questi mesi non mi sembra il tuo caso.
        Un saluto

  2. Dittatore sanitario scrive:

    Mi tarpo le ali per rispetto delle ferree direttive ereticali, non scrivendo niente sulle elezioni (se stasera non c’è il pezzo, violo il diktat), e mi limito a fare i complimenti per la considerazione sull’ansia. Siamo davvero diventati un popolo di ansiosi in modo patologico, e la trasmettiamo ai figli: la tempesta perfetta!

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