Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Artemisia, Papas, Leopardi (e 2 Ps) - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Artemisia, Papas, Leopardi (e 2 Ps)

Ad una settimana dal voto, torniamo con la nostra rubrichetta cultural-domenicale, in attesa di vedere come andrà a finire (chiunque vinca, avrà la strada assai in salita: ne riparleremo); per ora, via con le due Artemisie, con Irene Papas che ci ha lasciato (Godard speriamo di trovare il modo di recuperarlo, prima o poi), e con un certo Giacomo Leopardi…

 

LE DUE ARTEMISIE (ED IL BECCAFUMI)

In settimana, si è inaugurata la benemerita mostra sull’Arte senese, dal Basso Medio evo al Novecento: con esposizione di parte delle immense – circa 30mila opere! – collezioni del Monte dei Paschi di Siena, accumulate nei secoli (ora non è stato poco il mantenerle, eh); ovviamente se ne scriverà ancora, dopo esserci tornati con la dovuta calma.

Fra i vari capolavori illustrati da Laura Bonelli durante il vernissage, oltre allo straordinario Sodoma (unica opera presente del vercellese: l’Allegoria dell’Amor celeste, 1504) e a tanto altro ancora, ci hanno colpito i tre dipinti del Beccafumi, tutti centrati su figure femminili: Artemisia, Cleopatra e Giuditta, con l’immancabile spada sguainata sulla destra e la testa del decollato Oloferne sulla sinistra (e poi si dice che le donne, quando ammazzano, avvelenano e basta…).

Artemisia ci ha incuriositi in modo speciale, con il suo nutrirsi delle ceneri dell’appena scomparso marito; si è fatto, allora, un piccolo giro di domande ai presenti (tutte persone di grande cultura, magari storici dell’Arte), e nessuno ci ha saputo dire con esattezza il perché di questa rappresentazione della donna con le ceneri: chiedevamo non per mettere in difficoltà, ma perché davvero eravamo i primi a non ricordare nel dettaglio questa figura dell’antichità.

Lo scrivente, per esempio, la confondeva con Artemisia I, l’unica donna che, agli ordini di Serse, guidava una parte della marina militare persiana durante la seconda invasione della Grecia, combattendo financo a Salamina (480 a.C.): ma era del tutto evidente che non potesse essere quella Artemisia del Beccafumi. La quale, infatti, era invece Artemisia II – vissuta un secolo abbondante dopo, morta intorno al 350 -, esempio di moglie, anzi vedova, inconsolabile per la morte del marito Mausolo: in onore del quale, fece erigere lo straordinario Mausoleo di Alicarnasso (Asia minore, ci insegnavano al Liceo: Turchia, insomma), una delle sette meraviglie del mondo antico.

Artemisia II, povera lei, era così drammaticamente inconsolabile, da cibarsi – secondo una versione ripresa nel Rinascimento, e fatta propria fra gli altri anche dal Beccafumi – delle ceneri del marito.

Due Artemisie, due figure di donne diametralmente opposte: perché – ricordiamocelo sempre – l’espressione nomen omen è davvero una grande, sempiterna bischerata…

 

IRENE PAPAS: IL MEDITERRANEO IN VOLTO

Nella settimana che ha visto andarsene anche Jean-Luc Godard (per suicidio assistito, ultranovantenne), noi ci occupiamo però in modo peculiare di una attrice indimenticabile, per almeno un paio di generazione di frequentatori di cinema e di piccolo schermo: Irene Papas, la quale ci ha lasciato, alla veneranda età di 96 anni (come Queen Elizabeth II, toh).

Nata nel 1926 in un villaggio del Peloponneso, ha avuto una carriera lunghissima: in Europa – Italia in particolare -, ma anche in America; è stata – solo l’Alzheimer può farlo dimenticare – una credibilissima Penelope, allorquando – nel 1968, a 42 anni – fu la protagonista femminile dell’Odissea televisiva (“sceneggiato”, si usava dire allora): per amore di lei lei, il bosniaco Bekim Fehmiu-Odisseo tornava, fra mille perigli, ad Itaca, lasciandosi alle spalle una sfilza di amori on the road (Circe, Nausicaa, Calipso et aliae).

Ma è in “A ciascuno il suo” – tratto da Sciascia, diretta da un magistrale Elio Petri nel 1967 – che ci piace di più ricordarla; in quel film, la Papas dà corpo ed anima ad una figura di donna piena di sfaccettature: ambigua e sfacciata fino alla fine, capace di illudere il professore, l’intellettuale interpretato da Gian Maria Volontè – facendogli perdere la testa, e forse, in parte, perdendola lei stessa -, per poi però tornare subito all’ovile della realpolitik relazionale dell’alta borghesia sicula, sposando – dopo non lunga vedovanza – proprio chi gli aveva fatto ammazzare il marito, ed anche il possibile nuovo marito, vale a dire il professore. La faccia da tronfio trionfatore di Gabriele Ferzetti – forse alla sua migliore interpretazione -, mentre sale le scale della chiesa il giorno del matrimonio con l’avvenente vedova (coronando il suo magistrale capolavoro di potere e prestigio sociale, nonché di assoluta impunità), è lo sguardo che ci comunica come il Male – salvo qualche lodevolissima eccezione – prevalga sui sentimenti più genuini e sinceri.

Ci sono attrici brave, le quali davanti alla cinepresa interpretano sostanzialmente se stesse: Stefania Sandrelli è la capofila di questo gruppo; ci sono poi interpreti, le quali invece danno vita a personaggi memorabili, lavorando di scavo: la Papas – con il suo “volto antico, di Grecia e di Mediterraneo, di radici che affondano nel tempo” (Roberto Escobar scripsit) – è senz’altro una di queste: l’intensità messa in scena in “Zorba il greco”, in “Cristo si è fermato a Eboli”, nell’appena citato “A ciascuno il suo”, non la potremo mai dimenticare…

 

SAVE LEOPARDI, PLEASE!

Sì, certo: il caro-bollette è un po’ più cogente, lo ammettiamo; e se Putin tirerà una bomba atomica (tattica, eh), poi, sarà parecchio, parecchio peggio, e per tutti; visto però che siamo all’interno di una rubrichetta culturale, fateci lanciare questo – ovviamente inascoltato – grido di dolore, pur meno interessante per le sorti dell’Italietta in cui viviamo: salviamo Leopardi dalla iper commercializzazione – con inevitabile banalizzazione alla D’Avenia annessa – cui il povero recanatese è sottoposto da una decina di anni.

Finalmente scriviamo di un pezzo che il filosofo Ermanno Bencivenga – del quale si possono criticare le posizioni sui vaccini, ci mancherebbe – ha magistralmente dedicato alla attuale deriva di Recanati, divenuta ormai una sorta di “Leopardiland” (in questo caso, il copyright è dello scrivente): “Recanati non ha ancora finito di farsi beffe del povero Leopardi”, è il titolo (La Verità, 23 agosto, pagina 19).

Come già avevamo sottolineato illo tempore in questo blog ed in interventi pubblici, la cittadina marchigiana è da anni diventata una sorta di “leopardificio”; e se non troviamo niente di male nel fatto, per esempio, che la toponomastica sia riferita a versi o a titoli di componimenti dell’illustre recanatese (anzi, la troviamo cosa buona e giusta), ci pare insopportabile che si debba, per esempio, pagare un biglietto per accedere al colle de “L’infinito”. Non certo a caso, fino all’inizio di questo revival consumistico di Leopardi – contro il quale il grido di dolore di Bencivenga è del tutto inascoltato: dove sono i “leopardisti professionisti”, di grazia? -, si accedeva liberamente al succitato colle. Nessun biglietto da pagare.

“…il giovane infelice riciclato come favoloso (citazione de “Il giovane favoloso”, film di Martone del 2014, Ndr) è strumentalizzato a fini commerciali e venduto come oggetto di consumo”, scrive Bencivenga.

Ah, visto che ci siamo: per saperne un po’ di più sul rapporto fra Giacomo Leopardi e le donne – senza fini commerciali di alcun tipo, sic -, l’appuntamento è con lo scrivente, martedì alle 18 al bastione San Domenico della Fortezza…

 

Ps 1 Taiwan, oggi: terremoto 7,2 scala Richter – adesso pare ridotto a 6,9 -, gestito con efficienza e senza morti (sembra sia crollato un palazzo, eh); in terra d’Abruzzo, per un 6,o Richter (ergo, scossa parecchio più bassa che a Formosa), nel 2009 si scatenò l’Inferno, e fu una strage: basta saperlo, tutto qui…

Ps 2 Ieri, ad Agrigento, al microfono del ficcante Luca Sappino (La 7), Giuseppe Conte ha esortato Matteo Renzi ad andare al sud, a parlare contro il reddito di cittadinanza come è aduso fare, “senza scorta”: al di là di tutto, espressione censurabile e gravissima, a maggior ragione se proveniente da un ex Premier, che a suo tempo era solito fare il pacificatore; il senatore di Rignano l’ha definito “un linguaggio trumpiano”.

Amaramente, ci vuole davvero il leader dei 5stelle, per arrivare a farti parteggiare per Renzi…

14 Commenti su La domenica del villaggio: Artemisia, Papas, Leopardi (e 2 Ps)

  1. Hannibal scrive:

    La scena in cui Volontè sta per baciare Irene Papas in A ciascuno il suo, mentre cercano i documenti del marito morto, secondo me è il massimo possibile della sensualità portata sul grande schermo…

  2. MANDRAKE scrive:

    Conte davvero sconcertante, niente da aggiungere. Sì, un linguaggio trumpiano, compreso il minimizzare dopo.

  3. UN AMMIRATORE DA TEMPI NON SOSPETTI scrive:

    Grazie, caro Eretico, per averci regalato il consueto spazio culturale anche alla vigilia del voto così importante e infuocato (interessante la duplice figura di Artemisia). Domani farò di tutto per essere presente alla tua conferenza su Leopardi: ho parlato con persone che le hanno seguite all’Università popolare e sono rimaste molto favorevolmente sorprese.
    Posso dire una cosa off topic? Con tutto il rispetto per la figura, e comprendendo in modo credo pieno l’importanza storica dell’evento, posso dire che l’overdose dei funerali di Elisabetta II mi avrebbe anche stancato?

    • Vedo nero e basta scrive:

      Sulla morte di Eliasabetta II concordo pienamente. Una persona che in pratica non ha fatto nulla di importante tranne di fare l’unico suo mestiere cioè di rappresentanza di una nazione con un impero che non esiste più. Consideriamo la pessima figura nella storia della povera Lady Diana, con il matrimonio fallimentare con suo figlio Carlo ha reso infelici due persone. Odiava Camilla e poi ha dovuto riconoscere che era l’unica persona adatta per suo figlio. Quest’ultima è l’unica vincitrice e con merito.

      • Anonimo scrive:

        Queste sono solo ‘sciocchezze’… non si conosce l’opinione della defunta sul genocidio dei Maumau o sulle sanguinise repressioni delke manifestazioni in Irlanda… tanto oer fare due esempi

  4. Giovanni scrive:

    Mha!
    La sua avversione, eretico, vs Giuseppi è ormai arcinota…Ma stavolta egli si riferiva ad una affermazione di Matt da rignano, che dichiarò apertis verbis che la sua scorta sarebbe stata la gente del sud!
    Solo un giornale ha riportato il richiamo, gli altri hanno strumentalizzato, e favorito grancasse di risonanza!
    Lantipatia viscerale non dovrebbe far dimenticare la documentazione

    • Eretico scrive:

      Caro Giovanni,
      ti dò piena ragione: l’autoproclamato “avvocato del popolo” mi sta sonoramente sugli zibidei, te lo confermo in pienissimo, e mi pare che questa sua ulteriore, ennesima, trasformazione, adesso nelle vesti del descamisado ad uso e consumo delle folle plaudenti (a ciò che dice, ma soprattutto all’assegno che arriva a fine mese) mi rafforza ulteriormente in cotal senso.

      Se il suo, poi, era un riferimento ad una (sciocca) frase di Renzi, allora bastava dirlo subito, un secondo dopo avere proferito quella scivolosissima frase sul presentarsi senza scorta…Renzi, in questo blog, credo stia simpatico a pochini, ma quando si fanno tali affermazioni, la Historia dovrebbe insegnarci qualcosa (come dovrebbe altresì fare su Padre Pio, ma qui mi rendo conto che si entrerebbe in un bel salceto)…

      L’eretico

  5. da un lettore affezionato scrive:

    Pur rendendomi conto che questa nota non ha molto a che fare con il contenuto
    del blog di oggi, la parola “toponomastica” riferita a Recanati
    mi ha stimolato una riflessione:
    ma perché a Siena, dove abbiamo strade dedicate a personaggi non so quanto illustri e noti, non esiste una via (ma non vorrei sbagliarmi) intitolata
    ad Oscar Staccioli, un artista di livello internazionale al quale la città tutta nonché qualche contrada in particolare) dovrebbe essere
    particolarmente riconoscente?
    E per questo inviterei chi non lo sapesse (o non ricordasse) di andarsi a cercarne il nome su internet per rendersi conto del calibro dell’artista sinora ignorato.

  6. da un lettore affezionato scrive:

    P.P.S.
    Non a caso il Comune commissionò proprio ad Oscar Staccioli, l’artista dal multiforme ingegno, una lapide in bronzo (posta in Piazza del Campo davanti al Palazzo Comunale) per commemorare il punto da dove Caterina (non ancora Santa) lanciava le sue prediche alla cittadinanza!

  7. Vedo nero e basta scrive:

    I primi di ottobre sarò nella terra di Giacomino, quindi non mancherò martedì al Bastione di San Domenico a sentire qualcosa sul Poeta ed esserne più edotto.

    • Eretico scrive:

      Caro Vedo nero,
      non vorrei che tu venissi martedì prossimo: la lectio leopardiana c’è stata ieri, a scanso di equivoci. Domani con Riccardo Gambelli rievocheremo il trionfo al Mundial spagnolo del 1982 (evento già programmato a luglio, ma saltato nell’unico giorno di pioggia del mese, sic).
      Quanto a Recanati, attendiamo dunque tuo piccolo reportage…

      L’eretico

  8. francescoq scrive:

    “Ps 1 Taiwan, oggi: terremoto 7,2 scala Richter – adesso pare ridotto a 6,9 -, gestito con efficienza e senza morti (sembra sia crollato un palazzo, eh); in terra d’Abruzzo, per un 6,o Richter (ergo, scossa parecchio più bassa che a Formosa), nel 2009 si scatenò l’Inferno, e fu una strage: basta saperlo, tutto qui…”

    buongiorno.

    riguardo al virgolettato vorrei chiarire un paio di cose.

    taiwan è posta su un’area sismicamente attivissima con terremoti frequenti del 6°-7° della scala richter.
    senza addentrarmi troppo nella tettonica a zolle la zona di taiwan vede la convergenza di 4 placche tettoniche ed una placca di minori dimensioni. questa zona di convergenza di queste masse enormi genera urti e scorrimenti che causano i terremoti di cui sopra.

    quindi gli edifici di taiwan sono molto recenti e costruiti con gli accorgimenti antisismici con i quali anche noi abbiamo cominciato ad edificare, con un impulso determinante grazie alla normativa del 2008 rivista nel 2018.
    inoltre, come in grandissima parte dell’asia, si costruiva in legno mentre da noi l’uso di pietre e mattoni si perde nella notte dei tempi.
    una giratina in giappone ad esempio è esemplificativa. infatti i templi più antichi sono tutti in legno e ricostruiti più volte a seguito di incendi.

    quindi paragonare il nostro edificato (gran parte con un migliaio di anni sulle spalle) con quello di taiwan è una forzatura non indifferente, trattandosi di aree con storie sismiche ed urbanistiche sostanzialmente differenti, tanto più che nel 1999 la provincia taiwanese di nantou è stata flagellata da un sisma che ha causato quasi 2500 morti.

    infine le faccio presente che il civilissimo, efficientissimo ed avanzatissimo giappone, dal punto di vista della ricerca antisismica, ha subito nel 1995 un terremoto nella zona di kobe-osaka con circa 4000 morti e le parlo di strutture costruite con i più stringenti vincoli antisismici, ovviamente riferiti all’epoca.
    tanto per saperlo…

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