Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Bologna (e Putin-Mussolini) - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Bologna (e Putin-Mussolini)

Archiviate le elezioni politiche del 25 settembre (sulle quali, ovviamente, si tornerà ad abundantiam), oggi torniamo a scrivere qualcosa di culturale; la rubrichetta cultural-domenicale del blog è dedicata al fine settimana trascorso dallo scrivente in terra di Bologna: fra le altre cose, per raccogliere il materiale necessario per l’ultimo Capitolo del mio libro su Giacomo Leopardi, ma con varie divagazioni felsinee, di alcune delle quali rendiamo volentieri partecipi i lettori…

 

IL SEGRETO DI BOLOGNA? NON SI FA MANCARE NIENTE…

Quale potrebbe essere il segreto dell’importanza diacronica di Bologna, di grazia? Bisognerebbe avere molto più spazio e tempo per cercare di giustificarlo, ci mancherebbe: la civitas si autodichiara Comune sin dal XII secolo, l’origine e l’etimologia (Felsina) sono etrusche, ergo ci sarebbe da galoppare parecchio all’indietro.

Certo, è una città che ha saputo tenere insieme l’alfa e l’omega: il comunismo ed il capitalismo (come in Cina?); la Cultura e la movida godereccia (si può dire che ci sono degli eccessi, nella Bologna attuale, e non legati alla troppa Cultura, sic?); il cattolicesimo – anche quello tradizionalista, alla Biffi – ed una intima anima paganeggiante. Un classico esempio di et et, dunque.

Non ci avevo mai pensato, ieri però ho associato per la prima volta il tutto: davanti alla basilica di San Petronio (che non è la cattedrale, si badi bene), c’è la celebre statua del Nettuno, opera del Giambologna, il quale ha creato un Nettuno con il fisico che ogni maschio vorrebbe avere; questa meravigliosa opera, è datata 1564, un anno dopo la fine del Concilio tridentino.

Se ne deduce che, nel pieno del cupo Zeitgeist post 1563, il potere bolognese (pontificio!), affidò un tema paganissimo al grande scultore di cui sopra: con il risultato che ancora oggi, posizionandoci in Piazza del Nettuno, a destra vediamo la facciata dell’edificio di culto più importante della città, dedicato al suo primo protettore (il 4 ottobre ricorre il giorno del patrono), e a sinistra non possiamo non notare, ai piedi del Dio del mare, sirene dai cui floridissimi seni zampillano incessanti spruzzi di acqua. Non proprio il teschio del memento mori controriformistico, verrebbe da dire…

 

LA PINACOTECA FELSINEA: UN LUOGO DA VISITARE

Stamattina, ho visitato i locali della Pinacoteca bolognese, in Via delle Belle Arti, inaugurata ad inizio Ottocento: entrato in loco con buone aspettative – cosa sempre rischiosa a farsi -, ne sono uscito rafforzato a livello di positività del giudizio, giacché è proprio l’attuale allestimento – che l’anno prossimo compirà i suoi primi 50 anni – ad essere davvero vincente e convincente.

Visitare la felsinea Pinacoteca, infatti, non rappresenta altro che un sommo piacere dell’anima: i capolavori – che spaziano da Giotto fino ad oltre il meraviglioso Seicento emiliano, aperto dalla grande riforma pittorica dei Carracci – sono infatti fruibili nella migliore modalità possibile; la struttura – ampia, ariosa – dell’ex convento dei Gesuiti bolognesi, certo, aiuta, ma c’è dell’altro: per esempio, il fatto che – dopo le prime sale – in quelle successive, poi, ci siano ampi divani per potersi raccogliere al meglio davanti alle opere; in più, che dire del gran finale: l’auditorium – usato ancora oggi per lezioni e conferenze -, dedicato allo storico dell’Arte Cesare Gnudi, in cui si discetta, letteralmente circondati dalle opere del Domenichino, dell’Albani, di Ludovico Carracci.

La fu romana Bononia, nel Seicento, era dopo Roma di gran lunga la più importante città del Regno papale: ed è il Seicento, infatti, il cosiddetto “secolo d’oro” della pittura bolognese; e di quella temperie – statene pur certi – non c’è posto al mondo che possa meglio testimoniare, se non questo magico luogo…

 

VIA LENIN, IN SAN VITALE

In zona San Vitale, in una periferia fatta di verde davvero ben tenuto e di semi-grattacieli, l’arteria stradale principale sapete a chi è dedicata? A Lenin: sì, proprio all’uomo che ha guidato la Rivoluzione bolscevica, alla persona che ha fatto trucidare i marinai di Kronstadt che chiedevano democrazia e pluralismo (giusto per citarne una, fra le tantissime).

Lì vicino, per dire, c’è anche Via Marx, ma ciò – pur capendo bene lo spirito fazioso della scelta – non ci scandalizza più di tanto, e non solo perché siamo abituati alla ben diversa Via Marx di Ponte d’Arbia.

Via Lenin a Bologna non stupisce più di tanto, certo; se uno la trovasse a Latina, magari, resterebbe ben più sorpreso; ciò appurato, resta un problema di fondo: si parla, fino allo sfinimento, delle pulsioni postfasciste del Partito che ha avuto il massimo consenso in Italia, giusto una settimana or sono. Letta probabilmente ci ha perso le elezioni, ma il tema resta sul tavolo, inutile nasconderlo.

Rimane però altresì sul tavolo anche il fatto che ci sia una Via intitolata a Lenin (a differenza di quella intitolata a Marx, lo ribadisco); e non regge più di tanto il classico argomento (ino) usato riguardo a ciò: che Mussolini era italico, e l’altro decisamente no. Si può forse negare che, in suo nome (di Lenin), siano stati commessi crimini efferati anche in Italia, anche in Emilia, anche a Bologna stessa?

Ergo, quando i Montanari della situazione passano il loro tempo a pretendere che il passato venga depurato da certe scorie della Historia, dovrebbero trovare qualche minuto per passare dalla bolognese San Vitale, per esempio: fintanto che non lo faranno, il loro furore da cancel culture (unilaterale) non sarà credibile.

 

Ps Il 30 settembre, all’interno del Cremlino (Salone di San Giorgio: meraviglioso!), abbiamo assistito al discorso di Putin, in cui le 4 Regioni invase sin dal 2014 – ma non del tutto controllate – sono state unilateralmente annesse alla Russia: toni trionfalistici, retorica enfatica oltre ogni misura, negazione tout court di certe parti di realtà.

Putin è stato più volte applaudito dai suoi corifei (in grande forma Kadyrov, il ceceno collaborazionista); come si fa a non pensare al discorso mussoliniano al teatro Lirico di Milano (16 dicembre 1944), non a caso dai laudatores del regime fascista considerato il “Discorso della riscossa”, sic?

Certo, il Duce degli italiani non aveva assolutamente l’arsenale atomico, quello moscovita invece sì, e staremo a vedere se ne farà uso: ma per tutto quanto il resto, il retrogusto dei due discorsi è davvero il medesimo; è la Storia che si ripete: di certo non in farsa (visto ciò che è accaduto dal 24 febbraio ad oggi), speriamo non in una tragedia ancora maggiore di quella della fine del 1944…

25 Commenti su La domenica del villaggio: Bologna (e Putin-Mussolini)

  1. GOLDRAKE scrive:

    Sono stato a Bologna a settembre: spero mi venga scusata la franchezza, ma ho visto tanto sporco (meglio sarebbe utilizzare un altro termine), scritte sul 90% dei portici, una movida eccessiva e difficilmente sostenibile da chi ce l’abbia sotto casa. Evidentemente però ai bolognesi del centro, della Ztl, va benissimo così, visto il trionfo del giovane Sindaco piddino un anno fa: uno che, oltre a tollerare questo stato di cose, di certo non affronta la questione della Via Lenin.

    • Gp scrive:

      I post comunisti bolognesi hanno anche mandato Pierferdinando Casini in parlamento oer la sua decima e undicesima legislatura… e questo contrasta un po’ con la via lenin. Forse sarebbe più indicato e al passo con i tempi qualcosa tipo: ‘Circolo Arci Don Sturzo’ o ‘Giovani Democratici sez. G. Andreotti’.
      Bologna comunque è una città che mi è sempre piaciuta anche se non la vusito da qualche anno.

      • Eretico scrive:

        Caro Gp,
        potrebbe essere una conferma dell’ET ET di cui ho scritto ieri: in Parlamento, mandano un ex Dc radicatissimo sul territorio (che sconfigge Sgarbi, forse mai così impegnato in una campagna elettorale), come Sindaco hanno stravotato un post comunista; sono stati i primi, fra i “rossi”, ad eleggere un Sindaco non di tradizione comunista (Guazzaloca), per poi tornare al pristino amore.
        Come vedi, sempre all’ET ET siamo, dai…

        L’eretico

    • Pierpaolo scrive:

      L‘ultima volta che sono stato a Bologna ho visto un bel degrado. Inoltre c‘era un gruppetto di disturbatori che s‘è piazzato davanti al nostro tavolo fuori dal ristorante a cantare bella ciao. Erano molto fastidiosi… e per evitare che i miei amici si potessero innervosire gli ho dato una mancetta e se ne sono andati. Alla fine il fastidio si è trasformato in risate di tutti noi al tavolo… e abbiamo cantato anche noi bella ciao…

  2. Cecco scrive:

    Senza entrare troppo nel merito della questione comunque vorrei tentare un approccio laico alla statua di Lenin. Il PCI ha governato la regione Emilia-Romagna e la città di Bologna per molti anni e oserei dire anche con merito, di certo è stato un “comunismo” sui generis, basato soprattutto sul movimento coperativo e sulla cultura del lavoro (anche troppo dato che ho avuto a che farci in gioventù ed insomma non era un boccone da ghiotti lavorare in quel clima), competitivo in un sistema capitalista senza sfigurare di fronte alle imprese private, anzi, diventando un modello (seppure tra mille contraddizioni). La città si è arricchita (con i “salami in vetrina” per dirla alla Guccini), tenore di vita alto, servizi sociali di eccellenza e il tutto ben amministrato. Ma il PCI non nasce per caso, nasce a Livorno e proprio sotto la spinta di Lenin che tenta di trasformare il vecchio PSI in un partito rivoluzionario, il congresso sceglie invece la corrente massimalista e nasce la prima (di una lunga serie) scissione a sinistra. Potremmo dire che insieme a Gramsci, Bordiga e Terracini anche Lenin contribuì in modo determinante alla nascita del PCI. Diciamo che esiste un debito dei comunisti italiani verso la figura di Lenin visto quasi come un padre fondatore. Poi sia chiaro, i marinai di Kronstadt hanno la mia simpatia (storica) anche se forse usare il termine democratici non è esatto, sarebbe più corretto definirli libertari ovvero più rivoluzionari dei rivoluzionari stessi.

  3. Giovanni scrive:

    Quando i montanari di turno fanno delle richieste, ricordano che nel nostro ordinamento il fascismo è reato, il comunismo, per quante efferatezza siano state commesse in suo nome, ancora no!
    L’uno è stato un metodo x determinare e mantenere la dittatura( cazzullo) ,l’altro è stata una deviazione umana di un’ideologia che era nata con intenti positivi e di liberazione.

    • Eretico scrive:

      Caro Giovanni,
      i “Montanari di turno” si spingono ben oltre a ciò che stabilisce la Costituzione, volendo per esempio eliminare anche le tracce architettoniche del ventennio, cosa che mi pare vada ben oltre i dettami costituzionali (a tal proposito, ti suggerisco l’editoriale di Galli Della Loggia sul Corriere di ieri, se vuoi).
      Mentre non mi pare che la stessa foga venga posta verso un’altra dittatura sanguinaria, che ha essa stessa le sue responsabilità – insieme a meriti indiscussi – anche nella Storia d’Italia.
      Vada pure in tandem con Rosaria Bindi, il Tomaso nazionale: mi sembra davvero il suo approdo perfetto…

      L’eretico

      • Matteo scrive:

        Per quanto riguarda la storia d’Italia, mi limito a rammentare, solo per fare un esempio, che il Presidente dell’Assemblea Costituente era un tale Umberto Terracini, comunista.
        Quantomeno quando si parla di storia patria, mi spiace per tutti i propalatori della reductio ad unum, il giudizio sul comunismo e i comunisti non può essere, neppure in minima parte, assimilato a quello su fascismo e fascisti.

        • Eretico scrive:

          Caro Matteo,
          per quanto mi riguarda – e credo la Storia contemporanea di conoscerla piuttosto benino – non ci può essere assolutamente la reductio ad unum, in Italia; ma trovo altresì davvero indecente che, in una città colta ed evoluta come Bononia, ci sia una Via (importante) intitolata a Lenin: in estrema sintesi, tutto qua…

          L’eretico

  4. Roberto scrive:

    Non capisco perché pretendere da Montanari che si schieri per l’abolizione di via Lenin. Ognuno è libero di chiedere le abolizioni che vuole. Montanari i segni del fascismo, altri liberi di richiedere l’abolizione di via Lenin. Dove sta scritto che bisogna essere tutti uguali ed equidistanti?
    Mi pare maggiormente censurabile non chi chiede abolizione di simboli di un passato liberticida, ma chi ne richiede il ripristino….

  5. Pivot scrive:

    Caro Ere,
    a Bologna sopravvive, da sempre e con due squadre ai massimi livelli, il basket. Anche il calcio non scherza.
    Quante differenze con Sienina (…la zampillante….senina).

    Pivot

  6. 4125 scrive:

    Finalmente abbiamo il numero dei montepaschini che dovrebbero uscire dalla banca con valuta 1 dicembre 2022 ossia 4125; il condizionale è d’obbligo perché per favorire il prepensionamento di questi lavoratori dovrà andare a buon fine l’aumento di capitale.
    La quota di aumento di capitale versata dai privati verrà quasi interamente destinata a finanziare il Fondo Uscite …. volontarie.
    L’A.D. è al lavoro, tanti altri sperano vada tutto bene.

    • Anonimo scrive:

      …… volontarie
      mmmhhh!!!??

      • Gp scrive:

        Credo che con lo sdoganamento ufficiale del ‘ricatto’ operato nell’assoluto silenzio sindacale, questo diverrà uno strumento di persuasione permanente a disposizione dei gestori del personale

  7. Giovanni scrive:

    No, all’eliminazione delle tracce architettoniche del ventennio on sono d’accordo!
    Lì ” piscia di fuori”… come altri intellettuali nostrani in senso opposto…

  8. Giovanni scrive:

    Ho riletto gli ultimi editoriali di e g d l ma non ho trovato nulla in merito alla eliminazione architettonica della memoria del ventennio da parte di montanari, né ho trovato nessuna dichiarazione in merito dello stesso.
    Lavro’ saltato?

    • Eretico scrive:

      Caro Giovanni,
      Montanari ha fatto più volte pubblicamente riferimento alla necessità di eliminare simboli architettonici del regime fascista: scusami se non ho il tempo materiale di cercarli, ma fidati pure (e se proprio non ti fidi, cercali tu: se hai tempo, li trovi di sicuro)…

      L’eretico

  9. Paolo Panzieri scrive:

    A Bologna resiste, in questo caso è proprio il caso di dirlo, Via Stalingrado, laddove non a caso ha da sempre sede l’Unipol, nonostante che in Russia quella gloriosa città non esista più fin dal 1961 (https://www.treccani.it/enciclopedia/stalingrado), allorquando è tornata ad essere Volgograd.
    Ho letto, però, per converso di un’iniziativa che starebbe portando avanti il PD sarebbe l’eliminazione dalla toponomastica delle nostre città del nome di quelle vie, che abbiano un riferimento alle colonie ed all’epoca coloniale.
    Queste sono le battaglie politiche ineludibili.
    Così si costruisce la riscossa di un partito!

  10. Cecco scrive:

    No vabbè, lo sapevo che prima o poi veniva nominata via Stalingrado, eppure vorrei ricordare a tutti i sinceri democratici che se non fosse stato per quella battaglia probabilmente adesso indosseremmo tutti la camicia bruna. Dispiace dirlo ma tutti noi europei occidentali abbiamo un debito non da poco con l’armata rossa.

    • Eretico scrive:

      Caro Cecco,
      su questo nessun dubbio: sarebbe assurdo negare l’immensa importanza del ruolo dell’Armata rossa durante la Second world war.

      Ti invito altresì a riflettere su due elementi:
      1) i russi-sovietici danno il meglio di sé quando aggrediti (mentre adesso sono loro gli aggressori: spero su questo non ci siano dubbi);

      2)tornando a Stalingrado: ricorda che Stalin e l’URSS erano alleati organici con Hitler (il Patto Molotov Von Ribbentropp non era solo di “non aggressione”), come dimostra l’invasione da parte dell’Armata rossa della Finlandia. Poi Hitler ha invaso l’URSS, ma, se non lo avesse fatto, tutto lascia immaginare il Patto sarebbe andato avanti (e Stalin era talmente “amico” di Hitler, da pensare che i servizi segreti britannici, i quali lo avvisavano dell’imminente Operazione Barbarossa, mentissero, per spingerlo a rompere l’alleanza con la Germania)…
      In conclusione: benissimo Via Stalingrado, ma allora anche Via Guadalcanal o El Alamein o altre.

      L’eretico

    • Paolo Panzieri scrive:

      Questo è indubbio. Anche perché gli Europei occidentali hanno avuto la fortuna di non doverla provare sulla loro pelle l’Armata Rosssa …
      Ciò non toglie, però, che in Russia, anzi in Unione Sovietica, fin dagli anni ’60 hanno riservato al compagno Stalin una damnatio memoriae totale, tale da cancellare perfino il nome della città simbolo della loro più grande vittoria, mentre in Italia, a Bologna semplicemente via Stalingrado è sopravvissuta e sopravvive a tutto ed a tutti.
      Preciso che personalmente cambiare nome alle strade o alle piazze pare sempre fatica sprecata.
      Ma che lo zio Josip sia stato uno dei più grandi criminali della storia, credo che siamo tutti d’accordo, oppure c’è qualcuno che ancora la pensa diversamente?

      • Cecco scrive:

        Forse non ci siamo capiti credo, via Stalingrado non è un tributo a Stalin ma semplicemente alla battaglia omonima, come via Custoza o via Solferino fanno riferimento alle battaglie risorgimentali. Chiamarla via Volgograd non avrebbe senso dato che all’epoca dei fatti si chiamava così e ribadisco che quella è stata una battaglia decisiva per la fine del nazifascismo in Europa. Poi se si vuole cancellare anche la memoria della battaglia va bene, tanto oggi ognuno fa con la storia quello che preferisce. Senza rancore.

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