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La domenica del villaggio: Beppe Viola, 40 anni dopo…

Pubblichiamo di lunedì, ma sempre di rubrichetta cultural-domenicale si tratta: dedicata, in modo meritatamente monografico, ad una figura originalissima del panorama del giornalismo sportivo – e non solo – italiano dei Settanta e dell’inizio degli Eighties: quella di Beppe Viola, scomparso esattamente 40 anni or sono.

 

QUEL 17 OTTOBRE 1982

Partiamo dalla fine, come ogni tanto ci sta bene fare: Beppe Viola sta assistendo al montaggio di un domenicale (le partite si giocavano la domenica, tutte: pensate un po’) Inter-Napoli, su cui ha preparato il consueto servizio per la Domenica sportiva.

Una emorragia cerebrale, però, se lo porta con sé, a soli 43 anni (non compiuti), lasciando 4 figlie e la moglie nel più che comprensibile dolore: muore sul palcoscenico, facendo il suo mestiere (uno dei, diciamo quello regolarmente stipendiato, dalla Rai); al contempo, muore comunque dietro le quinte, non in diretta come magari a qualche egomaniaco – di ieri come di oggi – piacerebbe fare: perché Viola era un giornalista sportivo (e non solo) che lasciava il segno – eccome se lo lasciava -, senza la smania di apparire più di tanto. Non aveva la necessità di sbraitare, per farsi notare: gli bastava la sua intelligenza, la sua ironia, e quell’insondabile simpatia che sapeva suscitare.

I cosiddetti “fattori di rischio”, quanto alla salute, quelli ce li aveva quasi tutti: tabagismo, peraltro allora patrimonio comune di moltissimi; piacere della buona ed abbondante bevuta (non proprio di tisane allo zenzero, ecco); sport commentato, invece che praticato, nella quotidianità; vita notturna, ancor più che diurna (allora i ritmi circadiani ancora non erano valsi Premi Nobel ai teorizzatori), con lui stesso si autodefiniva – con la consueta autoironia – “collezionista di colesterolo”.

In ogni caso, si può comunque dire – a 40 anni esatti di distanza – che il Fato sia stato davvero un implacabile esattore, nel chiedergliene così presto il conto?

 

IL SUO RACCONTO DEL CALCIO

“Bisogna leggere, per scrivere come parli”, era solito dire Beppe Viola ai colleghi ed amici (lo riferisce Giorgio Terruzzi nel bel ricordo pubblicato sul Corriere della sera di ieri, pag. 45): quanta verità, è davvero presente in questa frase. E quanta diversità rispetto all’oggi: in quegli anni, la domenica sera uno si metteva sul divano davanti alla Domenica sportiva e- oltre ad assaporare il senso della comunità, che il frazionamento plutocratico di oggi nega alla radice -, si vedeva le sintesi delle partite commentate da gente come Viola, con il commento di Gianni Brera, magari guarnito da un Arpino, da un Soldati, da un allora giovane Gianni Mura.

Jannacci scriveva che “La televisiun la g’ha na forsa de leun, la televisiun la g’ha paura de nisun”: il fatto è che prima c’era una certa idea di televisione, la quale – da qualche annetto, ormai – ha lasciato spazio a tutt’altro (ma tanto il tifoso medio si fa l’abbonamento, e, tutto sommato, gli va bene lo stesso).

Se uno scrive che quello era un altro mondo – nel senso di assai migliore dell’attuale -, cade nella laudatio temporis acti, ovvero mette semplicemente in evidenza che siamo passati dalla serie A dell’informazione sportiva, ad un’onesta, elegante – nel migliore dei casi -, serie C?

Viola descriveva il calcio senza retorica, senza urlare come un posseduto, insomma sapendo sin troppo bene che il calcio non è mai – specie per i popoli latini – solo sport, ma comunque alla fine tale è, e tale deve restare; sarà un fatto generazionale (chi nasce nel 1939, e quindi inizia a capire di essere al mondo quando si trova sotto le bombe, è sempre avvantaggiato, in tal senso), sarà un fatto culturale (l’eclettismo del Nostro – capace di spaziare dal teatro, al cinema di “Romanzo popolare”, al giornalismo scritto e a quello televisivo), sarà quel che sarà: l’ironia di Beppe Viola smitizzava la liturgia del paganesimo calcistico, e – come sempre in questi casi – ne restituiva l’impronta più genuina e sana.

“Multa di lire 5mila per ogni scheggia di retorica”: quella che pare imponesse – secondo Terruzzi – ai nuovi arrivati in redazione. Aveva ragione da vendere, Beppe…

 

LA MANCANZA DI EREDI

Stasera, al teatro Parenti di Milano, saranno in molti a ricordarlo, 40 anni dopo: gran bella cosa, a dimostrazione che un minimo sindacale di memoria, ergo di decenza, ancora alberga in questa Italia. Non dando più niente per scontato, ce ne rallegriamo.

Lasciamo stare il Beppe Viola amico di Enzo Jannacci e di tanti altri protagonisti di quella Milano che, magari, un po’ beveva, ma ancora non era divenuta da bere (senza poi pagare il conto, tra l’altro), e restiamo sull’aspetto prettamente giornalistico-sportivo: chi sono, oggidì, gli eredi di Beppe Viola?

Forse, in un certo senso, a darne un’immagine aggiornata ai tempi (inizio Novanta) può avere provato il primissimo Piero Chiambretti, con i suoi ingressi birichini in mezzo ai campi da gioco, abbinati alle sue domande impertinenti: non era forse stato Viola, ad intervistare Gianni Rivera all’interno di un tram (il 15), di grazia?

Oggi, in tutta franchezza, si stenta davvero a trovare non l’erede di Beppe Viola (che non ci può essere, mettiamoci il cuore in pace): addirittura, ci pare arduo trovare qualcuno che gli assomiglia vagamente, nella narrazione dell’evento calcistico. Forse siamo solo passatisti, e poi non siamo neanche su Sky o Dazn, quindi che ne sappiamo? I lettori più aggiornati, dunque, ci diano una mano. Gianni Mura scriveva che “i giornalisti sportivi di oggi sono pettinati bene (a totale differenza di Beppe Viola, Ndr), ma sono spacciatori di niente”, e concordiamo con lui.

Da parte nostra, intanto, ci limitiamo a fare ciao con la mano a chi ci ha reso tante domeniche sere – fanciullesche e preadolescenziali – più degne di essere vissute, e forse – fra le righe – ci potrebbe avere insegnato anche qualcosa di importante per la vita: magari cose di cui ci si accorge quando, dopo essere stati ragazzetti, si passa ad essere un po’ grandicelli…

5 Commenti su La domenica del villaggio: Beppe Viola, 40 anni dopo…

  1. Daria gentili scrive:

    Mi hai fatto sprofondare nella nostalgia, è un pezzo molto bello, di cui ringrazio.

    Off topic. Oggi 18.10 si tiene la manifestazione dei lavoratori Whirlpool. A titolo personale esprimo solidarietà e vicinanza e vorrei che la stessa solidarietà fosse espressa dai negozi della città e da tutti, memore che quando anni fa si tenne la manifestazione dei Montespaschini molti dei negozianti ridevano…….ora molti di quelli hanno chiuso
    A Siena ogni posto di lavoro perso è un dramma.

  2. UN AMMIRATORE DA TEMPI NON SOSPETTI scrive:

    Eccellente pezzo, caro Eretico, che sto facendo girare a tutti i miei contatti: hai fatto davvero benissimo a recuperare la memoria di un grande come Beppe Viola, andatosene troppo presto e purtroppo oggi conosciuto e ricordato solo da pochissimi. Un grazie sentito.

  3. Amico T scrive:

    Straordinario ricordo di un grande giornalista, andatosene troppo presto e spesso dimenticato. Grazie davvero

  4. UNO DI STROVE scrive:

    Standing ovation all’Eretico: per chi ha ricordato, e per come ha saputo farlo. Non è ironico: caro Raffaele, sei uno dei migliori “coccodrillisti” sulla piazza, e non sto parlando di Siena.

  5. Gp scrive:

    Per meri motivi anagrafici non ricordo Beppe Viola, ma ricordo benissimo bellissimi e divertenti pomeriggi passati con gli amici ad ascoltare ‘tutto il calcio minuto per minuto’. Ogni tanto c’era il mercoledì di coppe e seguivo il Milan di Sacchi col mi’babbo… bei tempi
    L’ultima partita di calcio che ho visto è la finale dei mondiali del 2006, e non mi manca per niente

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