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Il Natale? Il secondo tempo del Black friday…

- 25/12/22

Eccoci al consueto pezzo natalizio, in cui si cerca di dire qualche mezza bischerata sul Natale (noi pagani – come noto -, celebriamo invece il Sol invictus); in settimana, nel frattempo, ci hanno lasciati, fra gli altri, Alberto Asor Rosa e Lando Buzzanca (ieri anche l’ex Ministro degli Esteri Frattini): due figure assai diverse fra loro, delle quali – soprattutto della prima – si riparlerà…

IL NATALE, OGGI

Della definizione del Natale come del “secondo tempo del Black friday”, si rivendica con pieno orgoglio il copyright, con l’aggiunta che gli ineunti saldi potrebbero essere, magari, i “tempi supplementari” del 25 dicembre; d’altra parte, lo diceva anche il Manzoni – in riferimento al padre del futuro frate Cristoforo – che “il vendere non è cosa più ridicola che il comprare” (Capitolo IV, Promessi sposi): vale per l’alto borghese che ambiva a farsi nobile (come per l’appunto il padre di Cristoforo), vale per la attuale consumer society.

Pasolini, all’inizio dei Settanta, aveva non solo intuito, bensì pienamente compreso come sarebbe andata a finire, e Luciano Bianciardi con lui (e con scelte di vita ancora più rigorose, per il grossetano, al quale a breve si dedicherà un pezzo monografico): ma neanche loro avrebbero potuto prevedere un’apocalisse come quella scatenata dalla lobotomizzazione volontaria e sistematica, autoinflitta, delle proprie menti – non solo dei giovani, purtroppo – da parte dei social. Immaginare umani che sarebbero andati in giro, come zombie, a testa bassa sullo smartphone, del tutto dipendenti da esso: no, a questo non potevano arrivare neanche loro due, nelle loro più acute distopie.

E quello che colpisce, è che questo stato di cose non sembra toccare alcuno: avete visto o sentito qualche dibattito, in tal senso? La ovattante melassa natalizia copre ed ammanta tutto di sè, come fa il capitalismo, perfino con coloro che lo criticano con durezza e cogente documentazione (Bianciardi docet): e allora, sapete che vi dico? Che coloro che si indebitano – sì, si indebitano! – per comprare a Natale regali e regaletti (cioè per non mostrare la loro indigenza), non solo solo degli emeriti idioti, ma anche dei casi umani che gli storici del futuro studieranno: oggi fanno girare il denaro, domani daranno lavoro a storici e sociologi. Cari idioti: il futuro è vostro…

 

IL NATALE, IERI

Parliamoci chiaro, come peraltro sempre si cerca di fare: nessuno vuole fare la laudatio temporis acti, neanche sul Natale (poi, perché proprio noi pagani la dovremmo fare, di grazia?). Al contempo, qualche differenza con il passato la si potrà pur evidenziare, nevvero?

Il Natale era allora – come, e più delle altre feste – una data attesa, con trepidazione, con ansia (quella buona, quella che ti fa dormire bene, che ti fa prendere il leopardiano “agevol sonno”, per capirsi); l’ancora notevole funzionamento dell’ippocampo, per esempio, mi permette di ricordare con discreta nettezza quel cartoncino in cui il count down pre-25 dicembre si concretizzava aprendo una finestrina (cartacea), una al dì, verosimilmente dal 1 dicembre in avanti. Sapeva creare un’attesa in modo mirabile.

Era una data, il 25 dicembre, il pensiero del cui arrivo suscitava autentico piacere: erano tempi – quelli che i nati fra i Sessanta ed i Settanta, non parliamo di prima, hanno assaporato – nei quali si sapevano pregustare le cose, pensate un po’ che stranezza: forse, siamo stati l’ultima generazione capace di pre-assaporare i piaceri.

Che dire? Ci dispiace davvero per i venuti dopo, per coloro che, all’insegna del “tutto è dovuto, tutto deve essere più facile ed immediato possibile”, hanno per l’appunto tutto ed anche di più, senza dovere neanche attendere (non dico neppure faticare, in questo caso: solo attendere): temo che, purtroppo, non sappiano ciò che si sono perduti…

 

LA MESSA TRIDENTINA

Per cercare di trovare una sorta di oasi, nel deserto valoriale dell’iperconsumismo di cui è ormai preda il Natale, quest’anno ho maturato una scelta particolare, specie per un pagano come me: di andare ad una Messa tridentina – quella precedente rispetto alla grande innovazione portata dal Concilio Vaticano II -, per tuffarmi in un contesto davvero altro.

Scommessa vinta solo in parte; nella chiesa di San Donato, in Piazza dell’Abbadia – ove ogni domenica alle 17 si celebra questo tipo di Messa, tornata ad essere permessa sotto Benedetto XVI -, infatti, mi sono trovato davanti ad un sacerdote che ha officiato con una lentezza che – se studiata – era studiata male (ma forse era proprio il suo modo di celebrare): la liturgia eucaristica più lunga che mi sia forse mai capitato di sentire, con una dilatazione dei tempi francamente eccessiva. E l’acustica mediocre, non è che facesse risuonare al suo meglio il Latino, con quel nitore che uno si sarebbe aspettato.

Certo, che il sacerdote offici in una lingua morta, dando le spalle ai fedeli (le donne, con velo nero), conserva il fascino della plurisecolare Historia (fino al 1965, così erano tutte le Messe); ciò detto, sia consentito aggiungere anche che – in questo caso – la novità è meglio del pregresso: nessuno vuole che le chiese diventino spettacoli gospel, però di certo un po’ di calore umano non guasta.

E poi, venenum in cauda: che anche un luogo campione del tradizionalismo cattolico riservi la sua nicchia – entrando, sulla destra – a Padre Pio (scusate se non lo si riesce proprio a chiamare Santo), è cosa davvero non buona e non giusta. Proprio il caso di dire: non c’è più religione, neanche a casa dei tradizionalisti…

 

Ps Grazie alla sempre più benemerita RaiStoria, ieri sera lo scrivente si è rivisto quello che può a ben ragione essere considerato il film italiano più dissacratorio sul 25 dicembre, in quanto capace di dimostrare come a Natale non siamo tutti più buoni, anzi: “Il regalo di Natale”, del cattolicissimo Pupi Avati (correva l’anno 1986); con un giovane Diego Abatantuono alle prese con il primo ruolo drammatico della sua carriera, e un Carletto Delle Piane – il Leopardi del cinema italiano – letteralmente fuori classifica, quanto a bravura.

Chi può, se lo riveda, meglio se in questi giorni: lo stramerita, date retta…

4 Commenti su Il Natale? Il secondo tempo del Black friday…

  1. L'ANTI-MESSI scrive:

    Caro Eretico, dopo essere intervenuto nell’articolo precedente (come non farlo, con il mio nickname?), torno a scrivere: complimenti per il pezzo, e spero che tu continui, dopo la conferenza di dicembre, a parlare di Luciano Bianciardi.
    Con tutto il rispetto per Pasolini, come capacità di cogliere certi spunti (negativi) del boom economico, il grossetano mi è sempre sembrato molto più lucido, e senza tirare fuori impraticabili cazzate tipo il vagheggiato ritorno al “mondo delle lucciole”. E, detto fra noi, gli piacevano e parecchio le donne, non i minorenni…

  2. UN AMMIRATORE DA TEMPI NON SOSPETTI scrive:

    Io ne approfitto giusto per fare gli auguri all’Eretico (fra Natale e Capodanno, due piccioni con una fava) e per aprire un off topic di politica senese. Dopo avere letto i giornali stamattina non posso farne a meno.
    De Mossi fuori, prendiamo atto. Ma il centrodestra vuole davvero presentare l’ingegner Luca Venturi alla poltrona di Sindaco, come indicato dalla stampa locale oggi? Uno farebbe il candidato-Sindaco per avere organizzato, con bravura, una rassegna fotografica? Va bene essere nella società dell’immagine…

  3. Una collega (in pensione) scrive:

    Caro Raffaele, oltre a farti gli auguri, e i complimenti per questo contributo natalizio di qualità (non concordo solo sul duro giudizio contro San Pio, ma non me la prendo), mi spingo a dire che forse la guerra in Ucraina, l’inflazione in doppia cifra, il Covid che non smette di picchiare (e dalla Cina chissà che variante arriverà), hanno spinto i senesi e gli italiani ad un “secondo tempo del black friday” più sobrio. Ma forse è solo una mia impressione.

  4. m.c. scrive:

    Quando ero bambina io, il Natale non era consumismo, era prima di tutto la nascita di Gesù bambino. E lo prendevamo parecchio sul serio. Ci credevamo. Il presepe era il protagonista principale nelle case, e l’albero era solo un ornamento in più. Anni dopo ci hanno detto che era tutto un fake. Gesù bambino non esiste, e neanche Gesù in croce ( quello della pasqua per intendersi). La fede era tutta una bugia. Un’illusione. Un falso. E così piano piano il Natale è diventata la festa dei regali e del consumismo. La festa delle magnate e delle bevute. L’albero, di dimensioni sempre più grandi, ha preso il posto del presepe sempre più piccolo fino a scomparire del tutto. Non esistono più altri valori se non quello del consumismo. È diventata la festa del consumismo. Quando ero bambina era un mese mento di riflessione, di contemplazione. Ma poi, ecco, l’intelligenzia ha deciso che credere in qualcosa era sbagliato. È assai meglio non credere a niente. Crediamo nel consumismo che pare sia diventato l’unica ragione di identità sociale. Auguri a tutti un felice Black Friday. Mi rattrista che tutti i valori che mi avevano insegnato siano stati cancellati con un colpo di spugna. Distruggere l’identità culturale per sostituirla con una identità di consumo. Boh. Non mi soddisfa. Non mi diverte. Non c’è quasi più niente che mi diverta. No, nemmeno le feste delle divinità pagane mi divertono. Mi fate venire la depressione.

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