Eretico di SienaLa domenica del villaggio: Paolo Cesarini, grande giornalista fra luci ed ombre - Eretico di Siena

La domenica del villaggio: Paolo Cesarini, grande giornalista fra luci ed ombre

- 10/05/15

 

Torniamo alla rubrica culturale della domenica, dedicata monograficamente alla recensione di un libro dedicato al giornalista senese (ma attivo soprattutto a Torino) Paolo Cesarini (1911-1985): il più grande giornalista senese del Novecento.

 

PAOLO CESARINI, GIORNALISTA DI RAZZA (E RAZZISTA)

Grazie alla Effigi, Francesco Donzellini ha da poche settimane dato alle stampe un libro davvero stimolante, che ci permette di scoprire meglio, e più da vicino, difetti e pregi del massimo giornalista senese del XX secolo, Paolo Cesarini.

“Le passioni il disincanto Profilo e scritti di Paolo Cesarini” (306 pagg, euro 20) è un’opera – con introduzione calibrata di Roberto Barzanti – in cui si ripercorre, dall’interno, la vicenda biografica e giornalistica del Cesarini, con abbondantissimo uso dei suoi stessi scritti giornalistici, di taglio politico-militare e di varia umanità. Si parla di Siena, si parla del fascismo, si parla della guerra e di molto altro ancora.

Nato a Siena nel 1911 (anno della guerra italo-turca in Libia), andato al fronte in Abissinia come ufficiale di complemento e ferito gravemente ad una gamba nel marzo del 1936 ( “ho fatto la guerra, dico guerra”, scrive con più che legittimo orgoglio), venne dato per morto dal Corriere della sera (che non smentì mai il decesso, in seguito: ragione per cui talvolta Cesarini si firmava “il fu Paolo Cesarini”…); poi giornalista di punta de “La Gazzetta del Popolo” di Torino e di un giornale (fascistissimo) destinato alle truppe italiane in Grecia (“Il Giornale di Roma”, foglio di dichiarata propaganda fascista), poi di nuovo a Siena, dal 1959 fino alla scomparsa, il 15 novembre 1985.

Giornalista di razza, come si diceva una volta; autentico artigiano – e di che artigianato! – della pagina stampata, amico sin da giovane di Romano Bilenchi, poi frequentatore di Montanelli e Giorgio Bocca, fra gli altri.

Perché proprio lui deve essere considerato il massimo giornalista senese del Novecento, per andare al sodo come – crediamo – sarebbe piaciuto a Cesarini?

In primo luogo, appunto per il valore intrinseco del suo scrivere: alto artigianato, di quello oggi quasi scomparso (sotto i cinquanta anni, quanta gente c’è oggi – in Italia, Siena non va neanche presa in considerazione – che sappia scrivere meglio di un Paolo Cesarini?).

Giornalista e scrittore, non a caso: con pagine notevoli davvero su Federigo Tozzi, tra le altre ( io l’ho conosciuto, tanti anni fa, leggendo il suo “Italiani cacciate il tiranno ovvero Maccari e dintorni” del 1978, da raccomandare per più motivi).

In secondo luogo, giacchè in Cesarini vita e giornalismo, giornalismo e vita si fondono in un tutt’uno; e l’esperienza diretta e personale della guerra – non potrebbe altrimenti essere – lascia un segno indelebile.

Questo secondo motivo, a sua volta, genera anche quel senso di autentico sbigottimento che ci prende allorquando leggiamo certi articoli cesariniani di mera e bassa propaganda fascista: perché, sì, il giornalista di razza appena tratteggiato cum laude, è stato anche questo. Il guazzabuglio manzoniano dell’umana mente colpisce ancora…

Dal settembre 1941 all’estate del 1943, il Nostro dirige un giornale denominato genericamente “Giornale di Roma”, destinato agli occupanti italiani in Grecia. Non avevamo spezzato le reni alla Grecia, ma scrivere pur bisognava. E qui il lato oscuro di Cesarini – inutile negarcelo – viene fuori, tutto intero.

Roberto Barzanti scrive che “riesce difficile capire le ragioni che convinsero Cesarini ad accettare un impegno così scabroso”. Qui, purtroppo, non si scappa: se lo fece per la carriera, fu un carrierista spietato, in quel momento della vita (aveva trenta anni precisi) disposto a tutto; se lo ha fatto perché credeva fino in fondo a quello che scriveva, fu un idealista, ma un idealista fascistissimo.

Qualche pillola, dal Giornale di Roma. Sugli Usa di F.D. Roosevelt, tratteggia così il Presidente (dicembre 1942): “il meticcio Roosevelt nelle cui vene scorre insieme all’esausto sangue di Rebecca, la vermiglia linfa di un popolo agli albori della civiltà (sic)”; le parole di Churchill sono “volta a volta gradasse e dolciastre”; sull’avventura italiana in Russia, era – nel maggio 1942 – fortemente ottimista: “un solo pronostico è stato fatto all’inizio della guerra ed aveva ed ha sempre più valore di un giuramento al quale terremo sempre fede: vinceremo”. Pura parenesi stile cinegiornale Luce, dunque.

Finita la guerra, Cesarini venne epurato dall’Ordine dei giornalisti; ma poi, dopo poco, tutto rientrò: Cesarini non aveva aderito a Salò, e c’era il clima di pacificazione nazionale – difeso a spada tratta da Togliatti – che lo fece reintegrare. Dal 1946 al 1959, ancora tanti pezzi, sulla Gazzetta del Popolo, alcuni notevolissimi: quanto alla politica, viene espunta dal suo orizzonte di giornalista e di scrittore. Operazione comprensibile, certo prudenzialmente furbesca.

Nel 1959 – come già detto – il ritorno a Siena: i Rozzi, la Massoneria, la Tartuca del cuore; la quiete più che sonnacchiosa  della vita senese lo appaga e lo annoia al tempo stesso. Al punto che, con evidente forzatura paradossale, crea un elzeviro che merita di essere citato, almeno in parte, e sul quale concludiamo questo approfondimento.

L’articolo è, in realtà, una lettera a Mario Celli (fondatore de “Il Campo di Siena”, oggi diretto da Mapi Corbelli), e porta la data del 5 marzo 1962; il titolo è “Siena ha bisogno di un ladro”.

La città aveva in loco – per Cesarini – solo furfantelli di poco conto, mentre mancava un “mascalzone maiuscolo”, anzi più di uno.

“Sono indispensabili allo sviluppo economico perché riescono a mettere il pepe sotto la coda a tutti…E a Enrico Mattei che chiedeva ai nostri maggiorenti di indicargli in quale modo essere utile a Siena, dovevano semplicemente rispondere: “Ci mandi da Roma uno speculatore di genio e noi e i nostri figli gliene saremo grati per sempre”.”

A suo modo, con il gusto evidente del paradosso, Paolo Cesarini non era poi andato così lontano dal vero…

17 Commenti su La domenica del villaggio: Paolo Cesarini, grande giornalista fra luci ed ombre

  1. Bastardo Senza Gloria scrive:

    Ed aveva sacrosanta ragione!! Un “ladro” vero che sa fare di conto, ruba ma non distrugge la sua principale fonte di arricchimento. Ci fossero stati ladri scaltri e intelligenti, probabilmente sarebbero ancora in auge e ricchissimi, ma avrebbero lasciato Siena ai livelli dove ancora c’era da rubare. Invece ci è toccata la peggio specie: stolti, arroganti e poco intelligenti. Peggio non poteva andare caro Cesarini!!

  2. penne all'arrabbiata scrive:

    Allora essere massoni non vuol dire per forza essere cattivi giornalisti: se valeva per Cesarini perchè no per mister B.? Ma è vero: ci sono penne e penne, quelle all’arrabbiata e quelle in bianco. Appartengono forse a quest’ultima categoria le anime belle che hanno evitato di commentare adeguatamente quanto capitato al povero Piero Ricci fatto fuori dalla direzione di Confindustria senza neppure un grazie, prego, tornerò che di deve anche al peggior dipendente? E perchè le penne (in bianco) non scrivono delle motivazioni impiegate per far fuori il suddetto? Siamo certo che siano sempre state applicate a tutti i casi analoghi? Ma le penne (in bianco) non indagheranno; oppure andare a sentire il gran mentore del Ricci, the Monk, almeno per sapere come si sente ora che ha sacrificato (politicamente, of course)un suo uomo sull’altare del do ut des. E potremmo continuare…ma per fortuna le penne in bianco hanno da scrivere del Siena promosso (fino alla prossima insolvenza…)

    • Testa alta scrive:

      Se è vero che nessuno ha commentato quando il poro Ricci è stato “fatto fuori” e anche vero che non ci sono stati commenti neanche quando è stato “fatto dento” nelle svariate cariche che ha avuto. O sbaglio?

  3. Silvia Tozzi scrive:

    Per capire l’attaccamento di Cesarini a Siena rileggo “Il Senese Indiscreto” (Quaderni di Barbablù n. 4, 1984), che raccoglie sue brevi prose. Ce n’è una scritta nel ritiro senese, nel 1983: “Questa città non è più quella che Tozzi amò…e che io imparai crescendoci e poi lasciandola…Sì, è vero, sono rimasti uguali i muri, gli scorci, gli scenari eccetera; ma non può più stare sulla mano dei santi secondo l’immaginazione amorevole degli antichi…Mutamenti che richiedevano dei secoli ora sono avvenuti in mezzo…C’è sempre folla brulicante e vestita di colori scellerati che non si addicono ai lastrici e ai mattoni severi…E la notte non c’è più mistero né raccoglimento. Le diacce fonti già terribilmente fonde e magiche specchiano illuminate a giorno e anche la cattedrale e le basiliche non dormono mai accecate dai fari e le torri infilzano il buio come ossa lucenti…”

  4. Mario Ascheri scrive:

    Bravo Raf, bella recensione!
    Anche a Cesarini pensavo quando, al convegno sulla Grande Guerra, riflettevo tra me e me sulla incredibile povertà di figure notevoli di intellettuali di sinistra operanti a Siena nel Novecento. Mario Bracci ho l’impressione che fosse più un antifascista che un uomo di sinistra; Bianchi Bandinelli lo è stato con le riserve che si possono nutrire…più vicini a noi ricordo Delle Piane, Giorgetti, Mencaraglia, Belli, Barzanti, molti peraltro che non furono/o sono senesi doc…
    C’è stata piuttosto una sinistra politica forte, grazie all’immigrazione dalle campagne e al Partito, che ha comportato un forte conformismo di sinistra più che una cultura seriamente, criticamente democratica. Tanto è vero che si è visto negli ultimi vent’anni un appiattimento sconcertante di fronte alla montante crisi culturale cittadina che ha avuto lo sbocco ora ben noto a tutti.
    Men che mai – ed è un’altra faccia della crisi di cui sopra – la città ha avuto una cultura ‘liberal’ che andasse al di là di voci isolate, ininfluenti sul trend complessivo. Perciò anche la reazione alla crisi è oggi così fiacca e perciò anche, direi quasi, di nuovo, ininfluente.
    La stessa Università (ora ‘le’ università) che ha portato tanti personaggi di spessore a Siena, che hanno indubbiamente arricchito il panorama cittadino, a volte anche quando soltanto pendolari, non ha saputo smuovere la palude divenuta tradizionale, e anzi ci si è invischiata facendola più robustamente vischiosa.
    La crisi ha poi rafforzato il corto circuito ormai di lunga durata per cui non si riesce a intravedere una inversione di tendenza. Perciò è anche ingenuo chiedere che possa essere questa Giunta a contrastare ed invertire il trend in corso: essa è specchio di una realtà profonda, ahimè; di una società civile che da tempo ha perduto il gusto di esercitare il proprio potere politico. Va riconosciuto che sia Omar Calabrese che Marcello Flores questa debolezza l’hanno colta agendo di conseguenza come hanno agito – cosa qui non è in discussione.
    Si ha così una situazione paradossale. Iniziative molteplici, frenetiche, anche in continua sovrapposizione clamorosa (non contrastata da alcuna organizzazione comunale) si susseguono ogni giorno con una partecipazione anche larga, che risponde evidentemente a un’ansia di cambiamento largamente diffusa. Ricordo ad esempio lampante le tre/quattro iniziative sul SMS: già ex ante non erano prevedibilmente non risolutive di alcunché?
    Ma è dubbio che tutto ciò possa di per sé scuotere la crosta di cui si parlava. La città prima sonnecchiava, ora è come pietrificata dall’imprevisto. Si può anche fare tanto spettacolo e tanta agitazione nei social network (anche da parte del sottoscritto, sia chiaro), si può esercitare tanto vivace dissenso politico, ma non si intacca di una virgola la foresta pietrificata. La stessa modestia dello strato politico dominante, confortato dalla frantumazione dell’opposizione e dalla sua sostanziale inconcludenza, è misura del sonno dell’articolato ceto dirigente sul piano sociale. Non sono un indovino, e posso solo tentare di analizzare freddamente la situazione, non indovinare come se ne esce. E’ solo certo che è una città che ha ancora dei larghi margini per vivacchiare, per cui può continuare a sonnecchiare forse per molto tempo. Non tranquillamente, forse, con qualche ansia a volte anche forte, ma con molti compensi, altrove inesistenti.

  5. Edoardo Fantini scrive:

    “Questo secondo motivo, a sua volta, genera anche quel senso di autentico sbigottimento che ci prende allorquando leggiamo certi articoli cesariniani di mera e bassa propaganda fascista”. Questo il tuo scritto, Eretico, e allora ti chiedo: come fai ad essere così sicuro che il fascismo non avesse dei risultati per i quali lo si potesse giudicare bene?

    • Manfred scrive:

      Non capisco il senso del commento del Sig. Fantini, l’Eretico ha semplicemente ricordato una personalità di spicco sottolineandone ombre e luci, storicamente il fascismo non è che abbia fatto molto del bene al nostro paese, poi se si vuol fare accademia ben vengano le ricerche ma il bilancio finale è sempre quello e questa non mi sembra la sede adatta per un dibattito del genere

  6. Cecco scrive:

    Carissimo Fantini,
    forse non si è accorto che siamo nel 2015, mi pare un po’ anacronistico parlare di Fascimo come lo intende lei, anche il muro è crollato nel frattempo…
    Oggi abbiamo il PD e similari che fanno a gara a copiarsi le idee…

    Ogni tanto prema F5 sulla tastiera!

    • Edoardo Fantini scrive:

      Caro Cecco, evidentemente non ti sei accorto che io quando tratto di fascismo, intendo storia e non attualità.

  7. Mario Ascheri scrive:

    naturalmente, quella che hai caricato è una bozza, Raf, e se ci intervieni criticamente mi fai un piacere! Certo, ad es., si potevano aggiungere Carlo fini e Mauro Barni all’elenco dei ‘personaggi’ della Sinistra senese…ma il quadro complessivo è quello che conta.

  8. quello di gracciano scrive:

    Disposizione Minculpop primo ottobre 1939: Non pubblicare pubblicita’ di Ditte che denominano Impero i loro prodotti. Esempio: Digestivo Impero.

    • Edoardo Fantini scrive:

      Caro Graccianese, ti avverto di un fatto. Essendo un ministero un organo di Stato, tutte le sue disposizioni devono essere accompagnate da un numero che le identifichi. Ė sempre cosi’ nelle amministrazioni sai? Bene ci puoi mostrare quello relativo a quanto hai pubblicato?

  9. Roby scrive:

    Complimenti prof. ancora un bell’articolo, molto utile per i più giovani, speriamo che possa dare continuità alla rubrica domenicale.

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