Eretico di SienaSperiamo nel Leone (non da tastiera), con 3 Ps... - Eretico di Siena

Speriamo nel Leone (non da tastiera), con 3 Ps…

La fumata bianca – arrivata alle 18,09 di giovedì 8 maggio – l’abbiamo vista in diretta, come moltissimi dei lettori; mai, però, avremmo immaginato di vederla in Sala storica, ed avendo al proprio fianco una giornalista davvero espertissima di cose vaticane – Maria Antonietta Calabrò, oggi scrivente per l’Huffington Post, dopo tanti anni di Corriere della sera -, la quale proprio in quel momento stava parlando del rapporto fra Vaticano e scandali finanziari…

 

QUALCHE RIFLESSIONE SULL’ELEZIONE

Morto un Papa, se ne fa un altro: c’è il Conclave apposta, e va detto che, a questo giro, pare avere lavorato davvero bene (l’influenza dello Spirito Santo, la lasciamo volentieri ai credenti). La scelta di Robert Prevost (primo agostiniano Papa) pare davvero di ottimo levatura, a livello sia interno (del Vaticano) che esterno (a livello geopolitico). Vediamo, in estrema sintesi, di spiegare (alcuni, almeno) perché.

A livello interno vaticano, dunque, bisogna tenere sempre presente un elemento: se la Chiesa cattolica recuperasse i dollari persi nelle cause milionarie intentate contro di essa nell’ultimo quarto di secolo per lo scandalo pedofilia, riuscirebbe a risolvere almeno una buona parte dei suoi ingentissimi, sovrastanti, debiti; ancorché divisa e frastagliata al suo interno, la cattolicità a stelle e strisce non potrà che essere galvanizzata dal primissimo Pontefice americano (ha fatto finta di essere contento financo Trump…). E siccome – come diceva un certo Paul Marcinkus, per restare agli USA – “la Chiesa non si governa con le Ave Maria”, questo di Prevost è stato un gran bel colpaccio, da parte dei 133 Cardinali riuniti cum clave…

Per quanto concerne il discorso geopolitico – visto che, pur non essendo più (fortunatamente) un Re, il Papa regna comunque su un suo Stato -, anche da questo punto di vista la scelta sembra azzeccata: Prevost è un argine, negli USA, rispetto allo strapotere trumpiano (è il check and balance più efficace che si potesse trovare, di gran lunga), ed in più – grazie alla prolungata esperienza in Perù, di cui ha preso financo la cittadinanza – è anche uomo dell’America Latina (in pienissima continuità con Bergoglio). Con un titolo davvero azzeccato, ieri La Stampa titolava “Il Papa dei due mondi”.

Vediamo dunque come si muoverà, questo nuovo Pontefice, senz’altro più conservatore di Francesco sulla questione familiare e dei diritti civili (aborto, gay e via dicendo), in linea di continuità invece sulla questione sociale (immigrazione compresa), nonché sull’ambiente.

Resta, infine, il tristo, a tratti penoso, spettacolo della italica politica, pronta – da mezz’ora dopo che era uscito il suo nome – a tirarlo immantinente per la mozzetta (peraltro riproposta, in discontinuità con Francesco); e qui – ancora una volta – gioverebbe richiamare il “Libera Chiesa, in libero Stato”, perché tornare, almeno un po’, ai capisaldi della laicità di Stato farebbe bene a tutti. Non solo, oggi, non esiste più l’anticlericalismo, ma c’è la corsa dei politici a salire sul carro del neo Pontefice: la Democrazia cristiana era meno papista della odierna politica italiana.

Alla politica, per l’appunto, nonché al circo mediatico: perché – pur saltando tutto il carrozzone dei programmi pomeridiani e mattutini, mai seguiti (neanche durante il Covid) – anche nel prime e second time la sovraesposizione vaticana risulta davvero ai limiti della decenza (per lo scrivente, il “premio-baciapila d’oro” lo vince Nicola Veschi di Sky: insopportabile, letteralmente). Dando, fra l’altro, una immagine davvero profondamente falsa della società italiana: se uno straniero guardasse i nostri programmi di questa settimana, e poi venisse in Italia, si immaginerebbe di trovare le file per entrare nelle chiese la domenica, le code per l’iscrizione ai seminari, le gomitate per avvicinarsi quanto prima ai confessionali.

Se del Papa potessero parlare solo i credenti-praticanti, oltre a chi mastichi un po’ di Storia della Chiesa, diciamo che i palinsesti dovrebbero cambiare, e non di poco…

 

DA LEONE XIII A LEONE XIV

Come sempre è, la scelta del nome prefigura l’identità profonda che un Pontefice vuole darsi: una scelta dunque assai importante, in qualche misura un auspicio che si fa a se stessi.

In questo caso, il ritorno a “Leone” non può che fare pensare – e lo ha confermato lo stesso Prevost – a Leone XIII (Papa dal 1878 al 1903), comunque datato ben più di un secolo or sono.

Prevost ha detto che, come il suo predecessore aveva a che fare con la Rivoluzione industriale (la seconda, peraltro), lui avrà di fronte quella digitale, in particolare la spinosissima questione della Intelligenza artificiale.

In redazione, però, a noi intriga più quanto segue: Leone XIII fu – come molti giustamente stanno ricordando –  il Papa della Rerum novarum (1891), la prima enciclica dedicata alla questione del Lavoro, visto per così dire dal basso; si propugnava una sorta di “terza via” (pre Giddens!) fra capitalismo e socialismo, in buona sostanza.

Un numero minore di commentatori, invece (qualcuno sì, fortunatamente), sottolinea però ciò che andrebbe pur sottolineato: Leone XIII agì così, per cercare di tenere legati al Cattolicesimo masse di lavoratori (maschi) che stavano pericolosamente volgendo il loro sguardo verso il Socialismo (in Italia, il Psi è datato 1892, per dire). Una questione di concorrenza sulla presa delle anime, che non impedì fra l’altro ai suoi successori – vedasi Pio XI – di andare a nozze con il Fascismo.

Se Leone XIII volle dunque essere un argine alla nascente marea montante a Sinistra, Leone XIV – come dimostrato dalle parole polemicissime di Steve Bannon e di buona parte del movimento MAGA – si porrà, magari in modo felpato, contro la marea montante di Destra. Segno dei tempi: di fine Ottocento con Leone XIII, di oggi per Leone XIV.

In ogni caso, fatecelo proprio dire: con questi chiari di luna – e sapendo che, a noi laici, il Papa la vita ce la cambia poco, a prescindere da chi possa essere -, noi speriamo davvero in Leone, e gli facciamo i migliori, e più sinceri, auguri. Che sappia essere, in questo mondo popolato da troppi leoni (e leoncini) da tastiera, un alfiere di valori: non da tastiera, ma da autentica quotidianità…

 

IL FUTURO PAPA A LECCETO

Giusto un accenno, a fine pezzo, su una postilla senese: dobbiamo a Marco Falorni – ed alla moglie Franca, fra l’altro frequentatrice assidua della Comunale – lo scoop (poi ripreso dal Corriere di Siena e dalla Nazione) della circostanza della visita del futuro Papa all’eremo di Lecceto, nel 2013 (anno I dell’era Bergoglio, fra l’altro).

L’eremo – come noto – è agostiniano, e nell’occasione dei 25 anni di servizio di una suora, il futuro Leone XIV fu in loco, proprio in quel luogo che, dal 1972, ha visto fiorire tante vocazioni: eravamo in pieno spirito post conciliare, ed un po’ per quello, un po’ anche come reazione al 1968, in effetti allora c’era stata una ripresa di vocazioni. Altri tempi, verrebbe proprio da dire.

La mattina del 1 maggio (lo ammetto, più per motivi fitnico-culturali che per altro: si raccomanda la camminata fra San Leonardo al lago e per l’appunto Lecceto, immersi nel bosco), ero anche io da quelle parti, e mi sono riguardato la minuscola cappella in cui la futura Santa Caterina usava incontrare l’eremita inglese William Fleet (correva l’anno 1375).

Nessuno, però, mi ha scattato alcuna foto, né io mi sono abbandonato al selfie: purtroppo, quindi, se un giorno diventerò Papa, ci sarà un problema: a differenza che per Prevost, non ci sarà alcuna prova fotografica del mio passaggio all’eremo di Lecceto…

 

Ps 1 Parata della Vittoria sovietica contro il Nazismo (dopo esserne stati fedelissimi alleati, come purtroppo sfugge ai Barberi ed ai Travagli): fra i pervenuti, fior di Stati, fra i quali la liberaldemocratica Corea del Nord, la quale manda i suoi soldati a morire per gli interessi di Putin; nonché, il leader cinese Xi: meno male che Trump, da par suo, voleva disarticolare l’alleanza fra Cina e Russia, facendo la voce mielosa con Putin. Chapeau alla sua capacità geostrategica…

Ps 2 Su incarico del Presidente Scalfaro, il 10 maggio 1994 Silvio Berlusconi varò il suo primo Governo: sono passati ormai più di 30 anni, e dunque è sempre più vicino il limite – crocianamente atteso – per discutere di quell’esperienza storica sine ira ac studio, vale a dire con la passione raffreddata. Ci siamo quasi, suvvia…

Ps 3 Ritorno in campo per Sinner, il quale ha vinto facilmente il suo primo match romano (visto che Leone XIV pare essere bravino a tennis, perché non organizzare una esibizione fra i due?). Da notare che una squalifica derivante da un patteggiamento dell’atleta (patteggiamento, si badi), è stata – nel caso del tennista monegascotirolese – derubricata tutto al più come “un fastidioso problema, ormai dietro alle spalle”…

12 Commenti su Speriamo nel Leone (non da tastiera), con 3 Ps…

  1. Cecco scrive:

    L’elezione di Leone 14 è la prova provata che alla Chiesa di Roma non si insegna niente. Buongiorno!

  2. Ics scrive:

    Il funerale e la conseguente elezione hanno ormai assunto sempre più connotati di uno spettacolo, con le suggestive riprese con i droni o quelle alle spalle del papa dalla loggia.
    Restano comunque occasione per ricordarsi dell’eccezionalità di Roma. Città che, nonostante sia cumulo di tutti i vizi ed i difetti italici, rimane un fuori categoria.
    Il papa straniero si affaccia e parla al mondo in lingua italiana.
    Alla fine la chiesa cattolica fa parte del nostro “bagaglio” geopolitico (fatto più che altro di chiacchiere) e, inevitabilmente, l’onere di mantenerla resterà a carico dello stato italiano.

  3. UN AMMIRATORE DA TEMPI NON SOSPETTI scrive:

    Caro Eretico, come sempre pezzo stimolantissimo il tuo.
    Io ritengo che al Papa di oggi, più che la dottrina che ormai interessa a ben pochi, si chieda l’empatia, la capacità di entrare nei cuori più che nelle menti. In questo, Francesco sarà difficilmente superabile, ma a me piacerebbe che Leone fosse un punto di incontro fra un Papa dottrinario ed uno da social: ci riuscirà? Aspettiamo almeno qualche mese (con Trump ne sono bastati tre)…

  4. Anonimo scrive:

    Intanto sulla guerra in Ucraina, il nuovo Papa, parlando di pace giusta e duratura, sembra assumere una posizione diversa dal predecessore che in più occasioni aveva parificato la posizione dell’aggradito e dell’aggressione…..non sarebbe cosa da poco.
    Ps1 ….parata per impressionare l’occidente e per glorificare i simboli che servono a rinsaldare il potere putiniamo; a proposito, sono abbastanza anziano per ricordare che ai tempi dell’ URSS il bene e il male del mondo veniva diviso dai russi in “ noi “ ( comunisti, il bene) e “ loro” ( il male) , adesso ci si focalizza sul nazismo…

    Fausto

    • Eretico scrive:

      Caro Fausto,
      le dichiarazioni di Prevost (dal Perù, illo tempore) sono infatti ben più chiare ed apodittiche di quelle coeve di Papa Francesco, sull’Ucraina: niente a che vedere con la sostanziale equiparazione fra le parti, per non dire del suo clamoroso rifiuto di andare a Kiev (con tutto l’impatto che ciò avrebbe avuto!), se non gli fosse stato permesso di andare parimenti a Mosca (ove ovviamente il tandem Putin-Kirill si è ben guardato dall’invitarlo).

      Quanto alla parata moscovita del 9 maggio, fra le tante cosette strumentali, la più vergognosa – subito ripresa ex silentio dai filoputiniani italioti – è il tacere tout court rispetto al Patto Molotov-Von Ribbentrop (23 agosto 1939), il quale – come scritto fino a sfinimento, ma si continuerà – toglie ogni minima legittimazione etica e morale alla pur gloriosa resistenza sovietica al nazifascismo…

      L’eretico

      • Cecco scrive:

        Scusami Eretico perchè l’articolo parla di ben altro però hai citato il solito patto Ribentrop-Molotov come macchia indelebile sulla gloria della Russia nella Seconda guerra mondiale. Ora, premesso che la Russia contemporanea e l’Unione Sovietica sono due cose molte diverse, affermare che la vittoria sovietica sia meno gloriosa in quanto macchiata da questo deprecabile accordo mi sembra perlomeno una forzatura. Vorrei ricordare che il grande capitale non ha minimamente tentennato ad accordarsi con i vari fascismi visti come argine al pericolo rosso incombente, vorrei ricordare che Churchill aveva simpatie per Mussolini visto appunto come un argine alla vittoria del socialismo, vorrei ricordare anche che i francesi sonfitti da Hitler non si sono fatti problemi a collaborare con l’invasore perfino nella realizzazione dello sterminio di massa degli ebrei. Anche gli USA hanno traccheggiato nonostante la richiesta d’aiuto degli inglesi, prima di intervenire direttamente, fedeli alla dottrina non interventista. Eppure oggi nessuno osa mettere in dubbio la gloria dei liberatori USA, la caparbietà dell’Inghilterra o la moralità della Francia. Anche il grande capitale ha poi contribuito a realizzare grandi e prosperi sistemi democratici. Eppure la Russia, con i suoi 25 milioni di morti civili e militari, liberatrice di Auschwitz e conquistatrice di Berlino paga ancora lo scotto nella mente di noi occidentali di questo patto scellerato con il diavolo. La parata è una parata, assume oggi valori politici diversi perchè diversa è la situazione internazionale, nonostane ciò nessuna contemporaneità può nascondere il valore dei morti di Stalingrado, perchè volenti o nolenti, le nostre democrazie sono figlie dell’esito di quelle battaglie e in minima parte figlie anche della sconfitta italiana sul Don, se proprio vogliamo dirci tutta la verità.

        • Eretico scrive:

          Caro Cecco,
          non esiste davvero niente di vagamente paragonabile al Patto del 23 agosto del 1939 fra URSS e Terzo REich, nelle coeve democrazie occidentali: quello, era infatti un autentico Patto fra Hitler e Stalin, per spartirsi la Polonia (dopo l’inizio della Guerra), e lasciare a Baffone i Baltici e la Finlandia; la simpatia iniziale di Churchill verso Mussolini, o altre cose certo imbarazzanti, sono veramente tutt’altre cose: non facciamoci intortare dai Travaglio della situazione (il quale, infatti, il Patto del 23 agosto 1939 non lo cita mai – nelle sue continue apparizioni televisive -, guarda un po’ il caso)…

          Quanto a Stalin, visto che citi (giustamente) la liberazione sovietica di Auschwitz (dettata da mere esigenze di conquista della Polonia, peraltro): se un benemerito coccolone non lo avesse fatto fuori (meglio tardissimo che mai) nel 1953, aveva già pronto un pogrom antisemita di proporzioni lontane dalla Shoah, ma ben significativo. Ricordiamoci tutti dove, e perché, sono nati I protocolli dei savi di Sion, per dirne un’altra; si potrebbe insomma continuare, e per molto: il merito dell’URSS fu solo militare, e dettato in modo esclusivo dalla difesa (sacrosanta) del suolo patrio. Non a caso, loro chiamano la Second world war la “Grande guerra patriottica”: non aggiungono mai, però, di avere combattuto “contro l’ex alleato”…

          L’eretico

          • Cecco scrive:

            Scusami ancora Eretico ma ti devo far notare una piccola inesattezza. Per sicurezza mi sono riletto il Duroselle per vedere se non mi ricordavo male. Il patto Ribbentrop-Molotov è composto da due parti, una in chiaro e una segreta, quella allora conosciuta era un patto reciproco di non aggressione, disdicevole e che mise in crisi i partiti comunisti non russi, primo fra tutti quello tedesco che aveva conosciuto direttamente la persecuzione dei nazisti, quella segreta era un accordo per la spartizione dei paesi baltici e della Polonia, questa è la parte più oscura e vergognosa e che non ha scusanti sul piano morale. Il patto doveva durare dieci anni ma appena due anni dopo sarà tradito proprio dai tedeschi che attaccheranno l’Urss. Quello che ti contesto non è certo la malvagità di Stalin che non può essere messa in dubbio ma che questo fosse un patto di alleanza, era piuttosto un patto di “nerbo legato” nei quale era previsto ognuno potesse farsi gli affari propri a scapito dei paesi coinvolti nel patto stesso. Le alleanze in atto erano in quel momento solo l’asse Roma-Berlino mentre l’Inghilterra si ritroverà da sola ad affrontare la Germania. Comunque sia oggi, se la seconda lingua studiata a scuola è l’inglese e non il tedesco, lo dobbiamo proprio alle vittorie russe e questa verità deve farci guardare con più indulgenza alla parata della vittoria, senza per questo nascondere i torti di Stalin allora e di Putin oggi.

          • Eretico scrive:

            Caro Cecco, non è così: le clausole segrete, non più tali, dimostrano per tabulas proprio che era un Patto di mera spartizione: il caso polacco (guarda come agiscono Hitler prima e Stalin dopo in quella terra, nel settembre 1939) lo dimostra ad libitum…

            L’eretico

          • VEDO SEMPRE PIU' NERO scrive:

            La Storia specie quella più recente è piena di omissioni. Ricordiamo l’adorazione incondizionata per Stalin da parte della sinistra italiana nell’immediato dopoguerra. Dimenticato che il Patto tra Stalin ed Hitler per la spartizione della Polonia fu la causa iniziale della Seconda Guerra Mondiale. Dopo la Russia ha pagato caro questo errore col tradimento dei nazisti, Stalin non pagò questo sbaglio anzi beneficiò in stima dopo la resistenza e la riconquista dei territori occupati con la vittoria finale. Resta soltanto che dittatore era e lo rimase anche dopo. La Russia pe molti italiani era la terra della libertà. Anche un politico di sinistra italiano, che è stato due volte il nostro Presidente della Repubblica, ai tempi della rivolta in Ungheria del 1956 si schierò a favore della politica oppressiva dei sovietici condannando gli ungheresi che chiedevano più libertà. Il comportamento successivo di questa persona è molto cambiato col tempo portandosi su posizioni molto diverse tanto da essere definito “comunista col “rolex”. Quante omissioni nella Storia, Porzus, partigiani comunisti che fucilano ex compagni che non lo erano, vendette in Emilia Romagna per motivi estranei alla guerra e poi le foibe di cui abbiamo saputo molto più tardi; l’elenco è lunghissimo. Il problema è che spesso che le vittime spesso erano i meno colpevoli. Le bugie storiche continuano anche nello spettacolo, nel film Oscar “La vita è bella” c’è la marchetta di Benigni agli USA perché il carro che entra nel campo di concentramento a liberare i prigionieri non poteva essere americano, ma sovietico perchè furono i russi ad arrivarci per primi. La Storia è una materia molto fluida che viene girata e rigirata secondo gli interessi superiori, l’unica cosa certa è che la gente normale ci rimette sempre e comunque.

  5. m.c. scrive:

    Con tutto il dovuto rispetto per chi ha la fede, così come per chi non ce l’ha, mi piace pensare che il successore di Pietro la fede ce l’abbia davvero. Mi sembrerebbe assai bizzarro un papa laico o non-credente. Ecco.
    Nella prima omelia del suo pontificato, papa Leone XIV ha messo subito in chiaro il suo programma: ” Urge la missione di annunciare il vangelo. Anche oggi non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda per persone deboli o poco intelligenti. Ad essa (la fede ndr) si preferiscono altre sicurezze come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere. Non è facile testimoniare e annunciare il Vangelo, dove chi crede è deriso, osteggiato, disprezzato, o al massimo sopportato e compatito”. Ecco mi sembra che abbia spiegato molto chiaramente quale sarà la sua missione. In effetti l’idea di laicismo stride un po’ con l’idea di Dio. Il papa è il vicario di Cristo. E questo è il suo mestiere. Tutto il resto è solo retorica geopolitica, che poco ha a che fare con il trascendente.

  6. VEDO SEMPRE PIU' NERO scrive:

    Un tempo gli USA rappresentavano una terra dove i giovani, le nuove idee influivano sulla vita politica del Paese ed oltre. Ora invece è una democrazia gerontologica, da un presidente rimbambito ad un megalomane, illuso di risolvere problemi difficili in pochissimo tempo facendosi, forse, anche prendere in giro da quel volpone di Putin. Siamo troppo buoni a chiamarlo così; è molto peggio. Tornando all’involuzione degli USA, con le sue Università un tempo fucina di idee di progresso è regredita ad una mentalità “woke” falsamente inclusiva, reazionaria e faziosa mettendo in discussione valori e capisaldi sociali della nostra cultura occidentale che, tra alti e bassi, ci ha portato alla democrazia e rispetto di tutti. Purtroppo l’Europa è debitrice degli USA per l’aiuto in due disgraziate guerre mondiali e ne stiamo pagando ancora il conto.

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